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Referendum ed elezioni. A Verona il No vale doppio

Palazzo Barbieri, sede del Municipio di Verona
Palazzo Barbieri, sede del Municipio di Verona

Ai veronesi basterebbe avere una città normale, non inquinata, aperta ad un turismo dinamico, che sappia fare sistema con le vocazioni economiche e produttive dei territori circostanti, attenta ai bisogni dei più deboli

L’esito della competizione referendaria avrà una ricaduta inevitabile anche sulle prossime elezioni amministrative di Verona. E sarà decisivo. Se vince il Sì, l’attuale gruppo dirigente del Pd cittadino si rafforzerà molto e con esso il rapporto di apertura non conflittuale con il Sindaco Tosi che vedrà avvicinarsi la possibilità concreta di semaforo verde per il terzo mandato. Il fronte centrista, pur articolato in diverse famiglie politiche, potrà pensare ad una strategia comune per assicurarsi quanto meno un posto al ballottaggio.

Se vince il No, Tosi con la sua corte sarà fortemente ridimensionato e la palla tornerà in gioco per la destra e la lega, ma nuovi spazi si apriranno anche per la sinistra mentre i 5 stelle saranno ancora più determinati nel loro splendido isolamento. Ci saranno poi le tante liste civiche in formazione che troveranno nuova linfa nel malumore che comunque ci sarà negli sconfitti di una o dell’altra parte.

Nell’incertezza di questo quadro, che si dipanerà solo il 5 dicembre, annunciare già ora strategie, proporre alleanze, lanciare appelli, avanzare candidature, è del tutto prematuro e inutile. Aumenta solo la già tanta confusione nel panorama politico veronese. Certamente è necessario prepararsi fin da ora, poiché programmi, liste e candidati non si improvvisano, e vanno verificati nei territori, ma non è utile fare gli apprendisti stregoni pensando magari che una aggregazione politica possa crescere a suon di “mi piace” raccolti su Facebook. E nemmeno illudersi che la sommatoria di sigle partitiche vecchie o nuove possa dare automaticamente risultati esponenziali.

E’ evidente che dopo 10 anni di “sistema Tosi” (che non è riuscito fortunatamente a realizzare le grandi opere che aveva promesso, ma ha svenduto il patrimonio cittadino e ipotecato vaste aree territoriali all’inquinamento commerciale), c’è bisogno di cambiare aria. E dunque il No al referendum a Verona vale il doppio: mantiene integra l’architettura costituzionale e mette la parola fine alla fallimentare esperienza tosiana. Ma per non rischiare di andare ancora in peggio bisogna muoversi con prudenza e lungimiranza.

Non c’è bisogno di programmi ad effetti speciali. A noi veronesi basterebbe avere una città normale, vivibile, non inquinata, fruibile negli spazi pubblici, aperta ad un turismo dinamico, che sappia fare sistema con le vocazioni economiche e produttive dei territori circostanti, attenta ai bisogni di tutti specialmente dei più deboli, che sappia valorizzare la propria bellezza e storia.

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Dal punto di vista ambientale (che è centrale, poiché riguarda la salute di tutti e la vivibilità stessa della città) il programma è già fatto da oltre una trentina d’anni, sempre valido. Non c’è nulla da inventare, eventualmente solo smantellare errori urbanistici compiuti. Poiché la nuova Giunta che arriverà a Palazzo Barbieri troverà le casse vuote, c’è anche poco da sognare con nuovi progetti: sarà già tanto riuscire a fare una buona manutenzione dei beni pubblici, riparazioni e restauri (penso soprattutto al patrimonio edilizio abitativo, nessuna nuova costruzione ma solo ristrutturazioni dell’esistente).

Ma oltre che al programma, c’è soprattutto da pensare come costruire una nuova proposta politica a Verona. Il metodo è importante tanto quanto il contenuto. Dunque bisognerà ragionare sul degrado e la perdita d’identità dei partiti che oggi sempre più hanno smarrito la loro connotazione popolare, abbandonando, con la carica ideologica, anche i valori della partecipazione e della rappresentanza. E’ sempre più difficile per chi vuole occuparsi di bene pubblico aderire ai partiti politici o ai movimenti populisti e integralisti che hanno una rappresentanza istituzionale.

Per vedere e praticare il futuro dobbiamo “superare le cornici”, uscire dalle contrapposizioni ostili, e fare politica evitando di mettersi in cattedra, di erigere dei muri alla comprensione, di costruire risposte che funzionano sempre, per tutto, indipendentemente dalle sollecitazioni della realtà. Come diceva Alex Langer bisogna essere talpe, per scavare in profondità, e giraffe, per vedere dall’alto anche con un certo distacco. La gestione dei conflitti (e Verona vive nel conflitto permanente, fin dai tempi dei Montecchi e Capuleti) è la scommessa della politica capace di dare risposte e costruire opportunità, una democrazia del consenso in alternativa a una democrazia del conflitto.

Mao Valpiana

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1 Comment

1 Comment

  1. Marcello

    29/11/2016 at 17:28

    Grazie Mao. Da talpe e giraffe, come cerchiamo di essere, hai e abbiamo osservato le sempre più pesanti condizioni della nostra città, abbandonata da certi pseudo-amministratori che vivono alla giornata, fanno gli interessi della cricca dominante e dell’oligarchia più becera. Emergono solo industrialetti da rotondastradale, ipermarket, o banchieri anchilosati da profittidaderivati. Possiamo accontentarci solo di “sentinelle”, di “opusdei” o di “banchettidinorimberga”? Dove sono gli imprenditori liberali e i professionisti a Verona? Mecenati no? Nessuno che abbia a cuore un piano di sviluppo di questa città? Cosa [non] fanno le nostre due Fondazioni? Sembrano tutti contenti o sono soltanto imboscati, aspettando di risorgere magari con un altro sindaco?

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