Chi condivide l’idea di una diversa amministrazione della città dovrebbe accantonare il proprio particolare in nome del bene comune
Finalmente arriverà, fra pochi giorni, il referendum costituzionale. Non ne possiamo più. In entrambi gli schieramenti, una minoranza chiassosa ha condotto la campagna elettorale in modo grossolano e puramente propagandistico.
Spesso, l’argomento principale era costituito dai compagni di cordata impresentabili presenti nello schieramento avverso: argomento peraltro inconsistente, perché non attinente alla riforma costituzionale e perché, se proprio qualcuno vuole a tutti i costi pensare agli impresentabili, abbondano da entrambe le parti. In alcuni casi si è arrivati – persino da parte di leader nazionali e regionali – all’utilizzo di un linguaggio volgare o apertamente insultante. Inaccettabile, senza se e senza ma. E non è una questione di gentilezza o cortesia, è, invece, una questione di buona politica. Il linguaggio è ciò che collega il pensiero all’azione. I cittadini non dovrebbero appoggiare politici che non sanno controllare il proprio linguaggio.
Nonostante questo, il referendum ha già portato un risultato positivo molto rilevante. In molti, abbiamo letto (o riletto) e approfondito sia la Costituzione vigente che il testo della Riforma approvata dal Parlamento. E abbiamo potuto apprezzare il fatto stesso di avere una Costituzione democratica. Alcuni la vorrebbero in parte aggiornare, mentre altri non apprezzano le modifiche che sono state proposte. Eppure, da parte di tutti coloro che – in entrambi gli schieramenti – hanno partecipato in modo costruttivo al dibattito, si è espresso apprezzamento, persino affetto, per la nostra Costituzione.
Non era un risultato scontato. Infatti, se leggiamo i primi articoli della Costituzione (che nessuno ha proposto di modificare), vediamo che essa si preoccupa più di indicarci i nostri doveri che di blandirci promettendo questo o quel diritto. L’art. 1 ricorda infatti al popolo – massimo detentore della sovranità – che il suo potere può essere esercitato solo “entro i limiti” previsti dalla Costituzione; per esempio, quindi, il popolo non potrebbe – tramite referendum o mediante un voto parlamentare – introdurre norme discriminatorie o derogare ai principi fondamentali del diritto internazionale. L’art. 2 indica i doveri inderogabili di solidarietà, il principale dei quali consiste nel pagamento di tutte le imposte e tasse. Nella stessa direzione, l’art. 3 ci ricorda che – al fine di consentire eguali opportunità a tutti – persino l’eguaglianza formale dei cittadini può subire qualche limitazione. E così proseguendo.
Nel complesso, i primi articoli della Costituzione vogliono ricordarci che viviamo in una società plurale, dove, per definizione, molti hanno opinioni diverse dalle nostre e si comportano diversamente da noi. Spesso, non ci piacciono. Eppure, dobbiamo convivere e progredire – anche litigando, ma rispettandoci – nell’interesse comune.
Cercando di applicare questi concetti alla nostra città, e alle scadenze elettorali che la attendono, questo non significa che si possa andare tutti d’accordo, nemmeno fra coloro che si oppongono all’attuale Amministrazione. Significa però, quanto meno, che chi condivide una certa idea di città – imperniata sulla cultura, sull’ambiente, sulle tecnologie sostenibili, su una nuova e moderna mobilità – dovrebbe essere capace di dimenticare le proprie bandiere e bandierine di partito, partitino o movimento. Almeno per un quinquennio. Se questo non avverrà, il rischio – anzi, la certezza – è di dover convivere per altri cinque anni con progetti di nuovi centri commerciali, ruote panoramiche, autostrade in città, cimiteri verticali, coperture dell’Arena e altre amenità. Ogni gruppo di opposizione conserverà però – sembra purtroppo che questo sia per alcuni l’obiettivo – uno o più consiglieri comunali ‘fedeli’, al fine di essere presente sui media e di competere per i posti riservati alle minoranze nei consigli di amministrazione delle società partecipate. E’, questa, una prospettiva che considera scontata l’impossibilità di cambiare davvero le cose a Verona. Vi pare una prospettiva da auspicare?
Dopo il 5 dicembre, e qualunque sia il risultato, occorrerà un supplemento di riflessione. Sempre ricordando – tutti – il dovere morale e politico di controllare il nostro linguaggio.
Luciano Butti

Luciano si è sempre occupato, per lavoro, dei rapporti fra leggi, scienza e ambiente. Insegna diritto internazionale dell'ambiente all'Università di Padova. Recentemente, ha svolto un lungo periodo di ricerca presso l'Università di Cambridge, dove ha studiato i problemi che avremo nel disciplinare per legge le applicazioni dell'intelligenza artificiale (in particolare, le auto elettriche a guida autonoma). Ama la bicicletta, le attività all'aria aperta e la meditazione. luciano.butti1@gmail.com

Giorgio Massignan
27/11/2016 at 19:53
Sono completamente d’accordo con quanto sostiene l’amico Luciano. Le segreterie dei partiti progressisti locali e tra questi aggiungo anche i 5 Stelle, pare abbiano obiettivi diversi rispetto a quello che dovrebbe essere il loro scopo principale: LIBERARE VERONA DA CHI CI HA AMMINISTRATO NEGLI ULTIMI DIECI ANNI.