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Opinioni

La Costituzione si difende meglio con un No

Gli italiani sono stanchi delle promesse di una classe politica eletta in Parlamento con una legge elettorale incostituzionale e che attraverso una riforma pasticciata alimenta la demagogia dei vari Grillo e Salvini

Secondo Tito Brunelli non ci sono motivi per dire No alla riforma costituzionale: lo sostiene nel suo recente articolo Perché voto Sì al referendum costituzionale a sostegno del Sì al referendum del 4 dicembre. Scrive Brunelli, che “Si utilizza l’occasione della riforma costituzionale, voluta da tutti [!?], per abbattere l’attuale governo italiano”. Si riferisce penso agli esponenti di FI e a pochi altri, che inizialmente avevano approvato il percorso di riforma e che poi lo hanno abbandonato per motivi politici più che giuridici, motivi legati alle divergenze sorte sul tema dell’elezione del Capo dello Stato e sul premio di maggioranza previsto dalla legge elettorale votata nel frattempo (Italicum). Che nell’ampio spettro di forze contrarie vi sia chi anela a buttar giù il governo Renzi non c’è dubbio ma che lo scopo di chi si esprime per il No sia quello evocato mi sembra quanto meno arbitrario e facilmente contestabile.

Mi permetto comunque di dissentire da Brunelli sulla presunta assenza di motivi validi per scegliere il No. Per Marco Politi, già vaticanista de La Repubblica, vi sarebbero almeno dieci motivi (Referendum costituzionale, 10 semplici motivi per dire NO) per dire No. Io ne presento almeno tre:

– Dire di opporsi al bicameralismo perfetto proponendo un Senato di 100 membri, non più eletti dai cittadini ma scelti in qualche modo dai Consigli regionali tra alcuni sindaci e consiglieri, mi pare quanto meno una cosa discutibile. Non si esprimeranno sulla fiducia al governo, è vero, ma non ci sono proprio altri modi e altre soluzioni per superare il bicameralismo paritario? A me non risulta. E sarebbe questo insieme il Senato delle Autonomie? Per realizzarne gli scopi, non sarebbe bastata una Conferenza fatta dai governatori e dai sindaci di Trento, Bolzano e delle città metropolitane, da riunire periodicamente? Almeno così i suoi membri avrebbero potuto rispondere su quanto fatto o non fatto (sia pure indirettamente) agli elettori. E come pensano di fare anche i “senatori” mentre amministrano regioni o comuni? Che abbiano pensato ad un dopolavoro romano? E perché poi e a che titolo garantire ad essi l’immunità parlamentare se non rappresentano i cittadini, ma solo gli interessi politici dominanti? E da cosa dovrebbero sentirsi immuni e protetti i membri di “quel” Senato? Cosa c’è sotto?

– Sui tempi di approvazione di una legge in Parlamento. Trovo che non sarebbe affatto abolita la navetta tra Camera e Senato: pare infatti che ci siano ben dieci procedimenti diversi per far fare a una legge il ping-pong tra una Camera e l’altra ed allungare così i tempi. Con tanti saluti alla maggiore rapidità auspicata, data stranamente per certa, ben sapendo che quando si vuole i tempi si riducono (e sono stati ridotti) all’osso. Quanto ai tempi mediamente osservati per arrivare ad una legge pare che questi, col bicameralismo attuale, non siano tanto diversi da quelli di altri Paesi europei di prim’ordine (Germania e Francia).

– Invece mi pare che la partecipazione dei cittadini alla formazione o all’abrogazione di una legge sia alquanto frenata: passerebbero da 50.000 a 150.000 le firme occorrenti per chiedere la discussione di un Ddl d’iniziativa popolare e passerebbero da 500.000 a 800.000 le firme per presentare un referendum abrogativo, con qualche speranza di poterne raggiungere lo scopo. E’ vero che la maggioranza occorrente per abrogare una legge scatterebbe sulla base del numero dei votanti e non su quello degli aventi diritto, ma ricordiamoci che il referendum abrogativo sulla Buona Scuola è stato cassato per mancanza di firme valide (Buona scuola, non si farà referendum contro la legge 107. Cassazione: “Mancano le firme”), pur avendone raccolte 530.000, che si pensavano tutte a posto: alla fine per la Cassazione ne mancavano solo poche migliaia. Dunque con la scelta del Sì nel referendum del 4 dicembre si ostacolerebbe ancor più l’avvicinamento dei cittadini alla cosa comune, dato che si renderebbe impervio, se non impossibile, il ricorso ad un referendum abrogativo.

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Lo so che sull’abolizione di CNEL e Province ci sarebbe comunque un consenso universale e che col No resterebbero in vita, ma il costo del Sì in termini di democrazia e rappresentanza sarebbe così elevato che mi pare impossibile che molte personalità lo abbiano tanto sottovalutato, pur consci in qualche caso che la riforma presentata sia una gran “puttanata” (Cacciari: “Puttanata di riforma, ma al referendum voterò Sì”).

Una “porcata ” era anche il “porcellum” elettorale su cui era stato eletto il Parlamento attuale, che nemmeno dopo la dichiarazione di parziale incostituzionalità non ha sentito il bisogno di rigenerarsi con una più seria legge elettorale e di andare a casa, no, ne ha fatta un’altra (Italicum) che fra due mesi sarà ancora ritenuta parzialmente incostituzionale, per tentare di “galleggiare” quanto possibile in barba agli elettori. Ma non è questo un imbroglio?

Queste sono le premesse che affossano la fiducia dei cittadini e la qualità di questa rappresentanza parlamentare e politica, legittima fin che si vuole ma che il popolo italiano non merita. E poi ci lamentiamo dei progressi del gruppo di Salvini o di Grillo!

Credo che con questo o con un altro governo possiamo certamente sperare in modifiche parziali della Costituzione vigente, che consentano di rivedere almeno CNEL e Province, senza rendere necessario il ricorso ad uno specifico referendum. Bastano poche richieste di modifica largamente condivise. In conclusione penso che col No si difenda meglio la democrazia italiana.

Marcello Toffalini

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Written By

Marcello Toffalini è nato nel 1946 ed è cresciuto nella periferia di Verona tra scuola, parrocchia e lotte sociali. Ha partecipato ai moti universitari padovani e allo sviluppo delle Scuole popolari di Verona. Si è laureato in Fisica a Padova nel 1972 e si è sposato nel 1974 con rito non concordatario. Una vita da insegnante di Matematica e Fisica presso il Liceo Fracastoro, sempre attratto da problematiche sociali e scientifiche. In pensione dal 2008. Nonno felice di tre nipotini. Altri interessi: canta tra i Musici di Santa Cecilia. ml.toffalini@alice.it

6 Comments

6 Comments

  1. Nick

    28/11/2016 at 10:03

    Concordo con Marcello; votare NO costa caro a chi lo fa perchè vorrebbe una politica diversa. I costituzionalisti che scrissero questa costituzione hanno creato le due camere appositamente per limitare il potere dittatoriale da cui uscivano. Pensiamo a come sarebbe stato il ventennio berlusconiano con una sola camera. La politica è troppo lontana dalle necessità della gente comune, discutono su cose che al comune cittadino interessano a malapena. L’ economia è andata bene fino al botto del 2008, bicameralismo o no. E’ l’ingordigia degli uomini che determina le catastrofi.

  2. Marcello

    23/11/2016 at 18:41

    Domande interessanti. Perché non ci lascia delle proposte, magari in un suo articolo?
    Saluti

  3. Marco

    23/11/2016 at 17:37

    Un punto di forza della riforma, viene indicato nella cancellazione delle provincie. Eppure in Germania, esiste qualcosa di simile alle provincie, i Bezirke, dotati di assemble elette dal popolo.
    Poichè un ente di raccordo tra Regioni e Comuni, esiste ad esempio anche in Germania (Bezirke), in Francia ( Arrondissements ), in Austria (Bezirke), o in Belgio (Provincie), verrebbe da chiedersi, possibile che tutti gli altri sbaglino e non abbiano capito l’inutilità di quegli enti ?

    Nel caso della Lombardia avremo una regione popoloso più di molti stati europei, con nessun ente di raccordo con i comuni, tranne che per l’ex-provincia di Milano, divenuta Città Metropolitana, per circa 7.000.000 di abitanti, quasi quanto la popolazione dell’intera Austria, e un’area di 21.500 kmq, l’ente di riferimento superiore al comune sarà la regione. Possibile che nessuno si ponga domande se sia effettivamente funzionale ?

  4. Dino POLI

    23/11/2016 at 09:48

    Io voto sì, non voto come Salvini, Brunetta, la Meloni, Berlusconi

    • Marcello

      23/11/2016 at 15:06

      E io non voto come Verdini, Alfano, De Luca e Renzi. Li rispetto, ma non mi adeguo qualunque sia l’esito del referendum. E spero che ce ne possano essere ancora di abrogativi, cosa sempre più difficile, come vedi. Adesso credo che occorra puntare di più sul futuro governo della nostra città. Ciao.

    • Marco

      23/11/2016 at 16:54

      Vede Dino,

      rimanendo sullo stesso tono del suo commento si potrebbe dire che lei vota come Vincenzo D’Anna, braccio destro di Nicola Cosentino, di cui è stata chiesta la condanna per associazione mafiosa, oppure come Denis Verdini, che colleziona processi, tra cui anche per associazione segreta; oppure ancora come Chicchito; o come Casini, quello che metteva la mano sul fuoco a difesa dellinnocenza di Totò Cuffaro; o come Alfano, l’occupatore di aule di Tribunale in difesa di B, e capace di farsi occupare il Ministero da funzionari Kazaki, per permettere il prelievo forzato, ad una madre e bimba sotto protezione dello status di rifugiato politico.
      Se volessimo continuare con questa collezione di personaggi discutibile, non finiremo mai, perchè in entrambi i campi vi sono persone discutibili, e la scelta è tra due opzioni, tertium non datur.

      Nel 48′ persone con storie diverse, e sensibilità diverse, nonchè ideologie diverse, si trovarono ad esprimere un ugual voto. Ma la differenza sostanziale tra i due fronti, è che le forze del fronte del no, non si troverebbero a condividere, nè responsabilità di governo, nè progetti di governo, nè a dover scendere a compromessi, e sottostare ad accordi indecenti ( ad esempio la nomina di un sottosegretario all’agricoltura di un impresentabile delle Ncd, per il quale la procura ne aveva chiesto l’arresto nell’indagine relativa al Cara di Mineo), come invece capita alle forze politiche del sì. Nè dovrei sottostare ad accordi , con la forza politica che governa questa città, di cui ne vediamo i risultati della sua pessima amministrazione.

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