La riforma prevede alcuni inserimenti in Costituzione di vincoli di appartenenza alla UE, limitando le funzioni del Parlamento e la sovranità del popolo Italiano
Tra referendum costituzionale e Unione Europea c’è un qualche rapporto? Se ne parla poco, ma c’è, e non si tratta di cose di poco conto, perché riguarda nientemeno che la sovranità nazionale. Due articoli fondamentali della proposta del nuovo testo costituzionale, il n.55 ed il n.70, richiamano il rapporto con l’Unione Europea in un modo apparentemente innocuo, ma che lo rende in realtà sempre più vincolante e di sudditanza.
L’art.55 che riguarda l’ordinamento dei due rami del parlamento esplicitamente afferma che il nuovo Senato concorre “… all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione ed all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea …”. Ed anche il nuovo articolo 70, relativo alla formazione delle leggi per le quali è conservato il bicameralismo paritario, cita “… la partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, ..”
Quello che disturba di più in questi articoli è che sotto traccia, in modo strisciante, si dà per scontato l’obbligo della “attuazione” delle norme fissate dalla UE e delle politiche europee, in termini di dovere costituzionale. Non c’è dubbio che quando si partecipa ad una Unione se ne devono rispettare i trattati con tutti i di diritti e doveri che ne conseguono, almeno fino a quando non si decida di uscirne, come ha democraticamente fatto il Regno Unito nello scorso mede di giugno, ma prevedere tali obblighi addirittura in costituzione sembra fuori misura ed un vincolo eccessivo sul futuro. Non è all’ordine del giorno, ma se in futuro l’Italia, in circostanze eccezionali, ritenesse opportuno uscire dalla Unione Europea si troverebbe davanti un ostacolo non da poco, non basterebbe infatti il voto del parlamento perché, prima, dovrebbe essere attivata la procedura di revisione costituzionale, che come noto è giustamente piuttosto laboriosa.

Enrico De Nicola, capo provvisorio dello Stato, firma il 27 dicembre 1947 nel palazzo Giustiniani a Roma la Costituzione italiana
Questi arbitrari inserimenti in costituzione di vincoli di appartenenza ad organismi esterni quali la UE, condizionano senza reale necessità il futuro della nazione e autolimitano la funzione del Parlamento e la sovranità del popolo Italiano di cui all’articolo 1 della costituzione. Sarebbe un ulteriore errore dopo quello del pareggio di bilancio inserito nell’art.81 e voluto dal governo Monti nel 2012. Cari Monti e Renzi chi vi ha dettato queste modifiche costituzionali, JP Morgan o la Troika?
L’ambiguità di Renzi è paradossale: da un lato chiede il Si al referendum per blindare nella costituzione italiana i vincoli alla UE, dall’altro fa la voce grossa minacciando di non votare il bilancio europeo 2017 e togliendo da Palazzo Chigi la bandiera europea, con l’intento di mandare segnali di dissenso a Bruxelles. Si è trattato come al solito di un fuoco di paglia: per quanto riguarda il bilancio al massimo ci sarà una astensione mentre la bandiera europea è già tornata (fortunatamente) al suo posto. Renzi decida però da che parte stare senza giocare a nascondino con la bandiera europea. Non sono comportamenti all’altezza di un Premier, anche se si è capito benissimo trattarsi di mera tattica dettata dalla volontà di recuperare consensi in vista del referendum, preso atto che ormai sempre più forte sta montando irritazione e scontento verso le politiche della UE.
Che esista un problema con l’Europa infatti è vero. Ma non con l’Europa dei popoli, dei cittadini e delle culture. Il problema è con una Unione Europea, dove una commissione di tecnocrati, di dubbia legittimità democratica, fa costantemente gli interessi della grande finanza e dei banchieri anziché quello dell’economia reale e dei cittadini.
Già sappiamo che le modifiche costituzionali proposte vogliono togliere competenze e potere alle Regioni per accentrarle a Roma, ma è evidente anche l’intenzione di ridurre la sovranità del Parlamento italiano aumentando la sudditanza verso una Unione Europea di tecnocrati che è impossibile cambiare.
In sostanza obiettivo di questa riforma è di allontanare sempre di più i cittadini dalle “stanze dei bottoni”, cioè dai luoghi dove vengono prese le decisioni che contano e che impattano sulla nostra vita, diminuendo la partecipazione. Questo non va nella direzione della democrazia. Ed allora ritorna la domanda: Renzi e Boschi chi vi ha dettato la riforma, JP Morgan o la Troika Teniamoci ben stretto quello che abbiamo, arriveranno tempi migliori.
Claudio Toffalini

Claudio Toffalini è nato a Verona nel 1954, diplomato al Ferraris e laureato a Padova in Ingegneria elettrotecnica. Sposato, due figli, ha lavorato alcuni anni a Milano e quindi a Verona in una azienda pubblica di servizi. Canta in un coro, amante delle camminate per le contrade della Lessinia, segue e studia tematiche sociali e di politica economica. toffa2006@libero.it

Marco
22/11/2016 at 09:46
@ marilisa
nella vigente costituzione i referendum non possono essere d’indirizzo, ma:
1) abrogativi art.75 ;
2) sulle leggi costituzionali e di revisione costituzionale art.138;
3) fusioni di regioni o creazione di nuove regioni, e sulla fusione o creazione di nuove provincie art.132;
Il referendum d’indirizzo non è contemplato dalla costituzione vigente.
Solo a livello regionale, e non in tutte le regioni, perchè normati dagli statuti regionali e in virtù di una legge del 2000 referenda propositivi, e legislativi, per l’ammissione di istanze e proposte della cittadinanza.
Lei nel 1989 ha votato solo sulla creazione di un’assemblea costituzionale, non sull’adesione ad un’organizzazione che è stabilita da un trattato internazionale, che non può essere ammesso a referendum. Nè può aver votato un referndum d’indirizzom , non ammesso dal nostro dettato costituzionale.
Mi dica in quale articolo della costituzione italiana vigente, lei possa indire un referendum d’indirizzo?
art75.
E` indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
marilisa
22/11/2016 at 09:08
@marco ma almeno leggere quello che ho scritto? si trattava di referendum di indirizzo!
Claudio Toffalini
21/11/2016 at 18:16
Ne è passata di acqua sotti ponti dal 1989, e nel frattempo abbiamo capito quante bugie e omissioni rigurdo ad una UE che dire malfatta è solo un eufemismo. In ogni caso non si mette l’adesione ad un trattato in costituzione, cioè di una cosa sulla quale un Parlamento può legittimamente decidere di disimpegnarsi. In realtà dopo la Brexit (e Trump) a Bruxelles qualcuno ha seriamente paura che alle prossime elezioni qualcosa cambi in Italia e che si metta in discussione l’appartenenza alla UE. Comunque prima di uscire dalla UE c’è da porsi il problema di continuare o meno l’adesione alla eurozona, perchè questo è il vero problema dell’Italia.
marilisa
21/11/2016 at 08:31
Referendum sull’adesione dell’Italia all’Unione Europea. Stato, Italia. Data, 18 giugno 1989. Tipo, di indirizzo. Esito. Sì. 88,03%. No. 11,97%. (affluenza: 80,86%). Giusto per ricordare…
Marco
21/11/2016 at 14:25
@ marilisa
Giusto per essere precisi, quel referendum consuntivo che indica era per conferire un mandato costituente al parlamento europeo, non sull’adesione dell’Italia all’Unione Europea, che è nata con il Trattato di Lisbona nel 2009, ben ventanni dopo.
Ad essere più precisi, il tentativo di dare una Costituzione all’Unione Europea era fallito con il no dei referenda francese e olandese nel 2005.
Giusto per sapere: come poteva essere sottoposto a referendum confermativo un trattato internazionale, poichè la costituzione vigente all’art.75 lo vieta?