Connect with us

Hi, what are you looking for?

Archivio

Lavoro e referendum costituzionale

La riforma ci permetterà di partecipare, alla pari dei nostri partners comunitari, al progetto di sussidio europeo di disoccupazione

La Riforma Costituzione prevede all’art. 117 una modifica sostanziale della suddivisione delle competenze legislative tra Stato e Regioni in materia di lavoro. Da materia concorrente, la “tutela e sicurezza del lavoro” diventa di competenza esclusiva dello Stato. E si aggiungono anche: “le politiche attive del lavoro”. E’ la prima volta che l’espressione “politiche attive del lavoro” entra nel testo costituzionale. Era già apparso in  alcuni provvedimenti legislativi (riforma Monti-Fornero e Jobs Act). Ora assume un rilievo ancor più importante. Riuscirà questo cambiamento di competenze a risolvere qualcuno dei problemi in cui si dibattono le politiche attive del lavoro in Italia ?

Il ruolo che esse svolgono per combattere la disoccupazione strutturale e per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro è di fondamentale importanza. Così come fondamentale è la funzione di attivare nella ricerca di lavoro i beneficiari degli interventi di sostegno del reddito, si tratti di disoccupati con sussidi di disoccupazione o disabili o di  poveri che sono, sia pure parzialmente, abili al lavoro.

Tutti i Paesi Europei si sono dotati di una Agenzia Nazionale, con un duplice compito: erogare i sussidi e spingere i beneficiari a cecare lavoro, assistendoli nella ricerca. Anche in Italia con il Jobs Act  si è costituita una Agenzia Nazionale per le politiche attive, ma la rete sul territorio degli uffici che svolgono le funzioni fondamentali di intervento nel mercato del  lavoro, cioè i Centri per l’Impiego, sono ancora gestiti dalle Regioni (fino a poco tempo fa la funzione era delegata alle Province). Questo modello ha funzionato e funziona male, basta verificare che solo il 4% dell’incrocio tra domanda e offerta di occupazione riesce ad avere esito positivo attraverso i Centri per l’Impiego.

La gestione delle politiche passive (i sussidi) è di livello nazionale, in quanto affidata all’INPS, mentre la gestione delle politiche attive è affidata alle Regioni. In questo schema le Regioni non hanno incentivi a far funzionare bene le politiche attive per ridurre i sussidi, perché non sono loro ad erogarli. Nonostante i ripetuti interventi legislativi volti ad instaurare un forte coordinamento tra Regioni e INPS, le Regioni non hanno mai manifestato un impegno sufficiente per svolgere la funzione di attivazione al lavoro dei disoccupati beneficiari dei sussidi. L’opportunità  di integrazione delle politiche passive e delle politiche attive non è mai stata sfruttata. Non è un caso che negli altri Paesi sia stata creata una unica struttura di livello nazionale (e articolata sul territorio) per gestire sia i sussidi di disoccupazione, sia i servizi per il lavoro.

La Francia lo ha fatto venti anni fa; in Germania esiste da un secolo. E anche in Gran Bretagna le funzioni gestionali sono unificate presso il Ministero del Lavoro. In questi stessi Paesi, l’investimento in una unica struttura efficiente ha comportato rilevanti risparmi nella spesa per gli ammortizzatori sociali. In Italia, come si sa, si spende molto per le politiche passive e poco per le politiche attive. In genere nel nostro Paese si preferisce investire nei trasferimenti monetari e poco sui servizi.

Advertisement. Scroll to continue reading.

La riforma, nell’affidare la competenza legislativa in via esclusiva allo Stato, pone le basi di un’ importante ristrutturazione delle nostre politiche del lavoro. Tra l’altro si tratta di una ristrutturazione necessaria se vogliamo partecipare, alla pari dei nostri partners comunitari, a quel progetto di “sussidio europeo di disoccupazione”, di cui, guarda caso, siamo noi i principali sostenitori.

Lorenzo Dalai

Written By

6 Comments

6 Comments

  1. Marco

    18/11/2016 at 22:07

    Lorenzo,

    nel primo capoverso del suo post lei afferma che la modifica dell’art. 117, assegnando le competenze per le politiche sociali e del lavoro allo Stato, permetterà un miglioramento delle politiche attive per il lavoro.
    Nella seconda risposta a me ammete che il Süd Tirol – Alto Adige ha politiche sociali e per il lavoro funzionali ed ottimali in virtù del suo statuto speciale, che assegna alla provincia autonoma tali competenze: scusi ma ciò contraddice l’assioma che ha posto ad inizio del suo post, ovvero che l’accentramento delle competenze previsto dalla riforma dell’art.117 sia condizione sine qua non, per un miglioramento delle politiche sociali e per il lavoro.
    Scusi ma lei sembra contraddirsi, e l’efficacia o meno, di quanto sia previsto dalla modifica dell’art.117 è rimanere nel merito della riforma.

    Certo è che la riforma permette la concesisone di autonomia alle regioni che mantengano il pareggio di bilancio, ma poichè ciò è un obbligo già previsto dal titolo V vigente, ci si chiede, perchè non aver assegnato più competenze e autonomia alle regioni già con la riforma dell’art.117. Ma soprattutto perchè, da parte degli estensori della riforma, si continui a sottolineare la assegnazione esclusiva di competenze, ora condivise con le regioni, allo Stato, quando si prevede la possibilità di concederle successivamente; perchè le si mantengano alle regioni a statuto speciale, i cui statuti non sono subordinati ad un accordo internazionale come il pacchetto DeGasperi-Gruber. Se il decentramento delle competenze è così di ostacolo a politiche efficaci, e oggetto di conflittualità, perchè non revocare gli statuti speciali a regioni come il Friuli, o la Sicilia. Oppure se l’autonomia non è di ostacolo, perchè non condecederla a tutte le regioni. Onestamente sono tutte contraddizioni del nuovo titolo V che emergono, per rimanere nel merito della riforma.

    ps.: il voto di Cacciari è ovviamente per appartenenza al partito del governo che la propone, del quale come lei fa parte, mentre il dire che “tecnicamente fa schifo” è un giudizio nel merito della riforma.

  2. Francesco premi

    18/11/2016 at 17:15

    Una volta chiusa la questione referendum sarebbe interessante un approfondimento sulle minoranze etnico linguistiche veramente esistenti in tutta la Lessinia, sulla loro reale consistenza numerica e distribuzione geografica, sulla loro continuità storica e sui criteri per riconoscerle che non siano magari legati più ad un folklore nostalgico-immaginifico che non alla realtà dei fatti. Senza alcun velleità polemica, proprio per conoscere meglio la situazione descritta che mi pare c’entri poco o niente col referendum.

  3. lorenzo

    18/11/2016 at 13:28

    Caro Marco,
    l’Alto Adige-Sued Tirol ha un’automia speciale, garantita da trattati internazionali, che gli ha consentito di utilizzare il “modello tedesco” sia a livello scolastico, sia per l’inserimento ed il reimnserimento lavorativo; nessun’altra Regione lo ha fatto, nè avrebbe potuto farlo e tutto questo nulla ha a che vedere con la Riforma Costituzionale. Come Consigliere di un Comune appartenente ad un’area abitata da minoranza etnico-linguistica non riconosciuta conosco bene la questione. Ora con l’applicazione dell’Art.117 le Regioni potranno chiedere di avere maggiore autonomia in ambito scolastico, vedremo se la Regione Veneto lo farà. Ma il tema è un altro: se non le piace la riforma oggetto del Referendum, eviti di commentare in modo soggettivo e scriva qualcosa a sostegno delle sue tesi, vedrà che Verona In lo pubblicherà!

    Lorenzo

    ps. Massimo Cacciari ha dichiarato che voterà Sì, ma questo poco nulla ha a che fare con il tema del mio articolo

  4. Marco

    18/11/2016 at 11:23

    Lorenzo,

    la riforma dell’incontro tra domanda e offerta, e dei centri per l’impiego è prevista dal DLg 150/2015, il famoso Job Act; dall’accordo in Conferenza Stato Regioni, è stato previsto un periodo transitorio di due anni per il completamento delle riforma. Ciò sembra suggerire che un miglioramento sia possbile anche a costituzione vigente.

    Affermare che la riforma costituzionale è un punto di partenza, è sottolineare, che essa non fa chiarezza sulle competenze, ed è ammettere l’incompletezza e inedeguatezza del disegno di legge costituzionale Boschi: ora tra due incompletezze, si preferisce quella nota, ovvero l’attuale perchè abbiamo una giurisprudenza costituzionale, che indica delle linee guida, e una prassi normativa dagli accordi della conferenza Stato Regioni.

    Ma la contaddizone che sfugge è questa: la provincia autonoma di Bolzano, mantiene anche con la riforma Boschi la competenza sulle politiche del lavoro, in virtù del suo statuto speciale, e le sue poltiche del lavoro e di scuola-lavoro, sono considerate e indicate come modello: ora se l’attuale eccellenza altoatesina è potuta avvenire in virtù della loro autonomia, non si capisce come possa essere l’attribuzione delle competenze alla periferia, un ostacolo che imponga la necessità di un accentramento delle stesse allo Stato centrale come una condizione sine qua non. Forse il suggerimento che ce ne viene potrebbe essere la mancata attribuzione alla periferia di ulteriori competenze, il motivo di inedeguatezza delle politiche sociali per l’impiego.
    Comunque l’esperienza altoatesina è comprova, che un modello ottimale e funzionale di incontro tra lavoro e offerta è possibile anche in un sistema a competenze diffuse e demandandate agli enti locali, e che olte a non essere un ostacolo, forse è una ricchezza per rispondere meglio all’esigenze del territorio, di una nazione lunga più di mille chilometri, e variegata.
    Perchè semplicemente non copiare pedissiquamente quel modello?

    Si ritorna al punto che il problema, non è nella struttura delle istituzioni e della ripartizione delle competenze, ma degli uomini chiamati ed eletti ad amministrarle: e qui non c’è modello di assetto istituzionale che ci salva, dalla scadente qualità delle classi dirigenti e dall’incapacità di tutti i partiti a selezionarle, rimarranno anche con la riforma.

    Se la soluzione proposta, non risolve il problema, e si ammette che è incompleta, la soluzione è disfunzionale: non abbiamo bisogno di soluzioni abborracciate e imcomplete.
    Mi passi l’espressione, “se devo comprare un’auto nuova”, non ne compro una che è “difettosa”, ancor più se si sentono esponenti significativi della forza politica che la propone, come Cacciari, dire, testuali parole, “tecnicamente fa schifo”. Anzi se da chi ha occupato posizioni di governo in una città complessa come Venezia, arriva un giudizio così categorico e definitivo, è esso stesso una pietra tombale sulla riforma.

  5. lorenzo

    17/11/2016 at 17:56

    Caro Marco,
    avendo presieduto, durante il mio mandato in Consiglio provinciale, la Commissione Consigliare “Attività produttive e politiche attive per il Lavoro” ritengo di avere una certa conoscenza della materia. Pertanto inviterei a non confondere le questioni di politica sociale, delegate alle Regioni, dove si intende l’assistenza alle categorie più deboli. Chiaro che la Riforma Del Rio aveva creato una fase di incertezza, con l’affidamento, provvisorio, delle Politiche attive per il Lavoro alle Regioni; questo era stato fatto in attesa di affidare la materia ad una Agenzia Nazionale, ma per non interrompere l’operatività si era ricorsi ad un regime transitorio. La formazione Professionale era e resterà in carico alle regioni, ma cerchiamo di non confodere questa con l’incontro di domanda e offerta e riqualificazione delle persone espulse per qualsivoglia motivo dal mondo del Lavoro. In ogni caso i “servizi alle imprese” sono un’altra cosa. Visto che comunque nella Riforma Costituzionale vengono soppresse le Province era doveroso rivedere le competenze residue e la loro ripartizione. Nell’occasione si è voluto porre l’accento su di un aspetto che per lungo tempo, in molte realtà regionali, meno nel Veneto fortunatamente, è stato assolutamente trascurato. Evidentemente non è sufficiente un nuovo dettato costituzionale per risolvere i problemi connessi, ma sicuramente quanto previsto dalla Riforma è un buon punto di partenza.
    Lorenzo Dalai

  6. Marco

    17/11/2016 at 13:53

    Ma il riordino degli uffici provinciali per l’impiego, e le politiche attive del lavoro erano previsti già da due leggi ordinarie: dal decreto Delrio sulle provincie e dal Job Act; se ad oltre un anno dall’approvazione dei decreti di riordino degli istituti del mercato del lavoro, e oltre due anni dalla riforma delle Province, tutto ciò non è avvenuto, e forse imputabile all’incapacità dell’esecutivo e della maggioranza, più che vincoli imposti dalla costituzione vigente.

    Comunque il nuovo art.117, come previsto dal disegno di legge Boschi afferma: “Spetta alle Regioni la potestà legislativa in materia di…(omissis)… programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali, di promozione dello sviluppo economico locale e organizzazione in ambito regionale dei servizi alle imprese e della formazione professionale….(Omissis)” (1)

    Prorpio convinti, che l’ordinamento sia più chiaro, e si superi come affermato l’attuale dualismo di potesta legislativa, dell’attuale art.117 ; perchè non la formazione professionale, come anche i servizi alle imprese, non mi sembrano estanei e differenti da ciò che si racchiude sotto il concetto di incontro domanda e offerta, e politiche attive del lavoro. Che programmi di rinserenimento profesisonale, non sono organizzazione dei servizi di politica sociale? O estranee alla formazione professionale? O a servizi alle imprese?

    (1) Questa è la fonte:
    http://stampaparlamentare.it/primo_piano/ecco-il-testo-della-nuova-costituzione-renzi-boschi-2016#n

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Banner-Studio-editoriale-Giorgio-Montolli

Advertisement

MEMORY BOOKS

Scarica gratis

COSA SONO I MEMORY BOOKS?
Approfondimenti su tematiche veronesi.
A COSA SERVONO?
Offrono una visione diversa di città.
QUANTO TEMPO PER LEGGERLI?
15 minuti.
PERCHÉ SCARICARLI?
Sono rari.
QUANTO COSTANO?
Nulla.

Advertisement
Advertisement

Altri articoli

ADV

Economia e cultura, un binomio vincente ma per le piccole e medie realtà produttive rimane un traguardo difficile da raggiungere

Opinioni

Quello che i giovani non dovrebbero fare è scartare a priori ciò che affonda le radici nel passato, seminando una sorta di odio generazionale...

Opinioni

Lo studio prende in esame 22 parametri relativi alla struttura dei servizi e ai livelli di spesa. Un'indagine su povertà, disoccupazione, aspettativa di vita,...

Flash

La Segretaria CGIL Francesca Tornieri: «A fronte di una inflazione galoppante che toglie dalle tasche di ogni lavoratrice o lavoratore circa 173 euro al...