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Editoriale

L’Ufficio stampa del Comune è di parte

È la legge 150/2000 che lo consente perché non considera incompatibili i ruoli di Capo Ufficio stampa e Portavoce mentre invece lo sono. E a Verona, la città delle querele ai giornalisti, chi decide la pubblicità delle partecipate sui media?

Nella pubblica amministrazione i ruoli di Capo Ufficio stampa e Portavoce dovrebbero essere distinti, mentre spesso coincidono in modo ambiguo, ed è ritenuto normale per queste funzioni scegliere il giornalista in base alla sua fedeltà politica, sempre molto ben pagata, piuttosto che sulla sua professionalità.

La materia è regolata dalla Legge 150/2000, che disciplina l’attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni, la cui finalità è quella di favorire la conoscenza delle disposizioni normative del Comune e di rendere trasparente la macchina amministrativa. All’articolo 6 vengono individuati tre settori competenti, che sono il Portavoce e l’Ufficio Stampa per le attività di informazione e l’Ufficio per le relazioni con il pubblico (URP) per la comunicazione.

La normativa prevede i ruoli di Portavoce e Capo Ufficio stampa ma non la loro incompatibilità ed è per questo che il giornalista può assumere entrambe le funzioni, come oggettivamente accade in molte città, compresa Verona. L’unico divieto è contenuto negli articoli 7 e 9, dove si impedisce a chi ricopre questi incarichi di esercitare attività nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche, proprio per evitare possibili conflitti di interesse.

La contraddizione si riscontra nella stessa legge. All’articolo 7 è infatti scritto che “L’organo di vertice dell’amministrazione pubblica può essere coadiuvato da un Portavoce”. Nella pratica in un Comune l’organo di vertice corrisponde alla figura del sindaco e quindi il Portavoce non può che esprimerne il pensiero con un’azione necessariamente di parte, incompatibile con il ruolo di chi, all’interno della pubblica amministrazione, dovrebbe invece rapportarsi con i media con lo scopo di far arrivare ai cittadini un’informazione meno inquinata da interessi particolari, come sostiene l’articolo 1.

A Verona è molto difficile ottenere dichiarazioni di dirigenti e responsabili comunali – ad esempio il Comandante della Polizia municipale –. Si punta sulle veline e sulla fidelizzazione del medium, anche facendo capire ai cronisti cosa è opportuno e cosa non lo è. Questo perché prevale la logica del Portavoce, mentre se l’Ufficio stampa avesse un responsabile unicamente per questo ruolo, suo dovere sarebbe quello di facilitare il confronto, non di renderlo difficile. Per una visione completa, per capire come Verona sia in forte sofferenza riguardo la libertà di stampa e di espressione, vanno anche ricordate le 78 proposizioni di querela firmate in quasi otto anni dal sindaco Tosi nei confronti di testate, giornalisti, semplici cittadini. L’Ordine professionale ha nulla da dire?

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La materia è di attualità perché in questi giorni Ordine e Sindacato dei giornalisti con un’istanza hanno espresso “forte preoccupazione per lo smantellamento in atto dell’Ufficio Stampa del Comune di Venezia, sostituito gradualmente da una struttura parallela di comunicazione a disposizione del Sindaco”.

Succede che “per non attendere gli eventi” si è dimesso il giornalista Enzo Bon, a Ca’ Farsetti dal 2002 durante le giunte Costa (PD), Cacciari (PD) e Orsoni (PD). Tutti gli uffici che nel Comune lagunare si occupano di informazione e comunicazione sono in subbuglio perché Luigi Brugnaro, che di sinistra non è, sta improvvisando una struttura più fedele alla sua idea politica, che assolva ai compiti di informare, comunicare, ecc. Insomma, un Ufficio stampa come vuole lui.

Purtroppo, quando il presidente dell’Ordine Giorgio Amadori ricorda a Brugnaro che “la legge 150/2000 stabilisce che le attività di informazione e comunicazione nelle pubbliche amministrazioni sono al servizio dell’Ente, e quindi non di un singolo suo componente” dice una cosa molto giusta ma anche molto ipocrita, visto che è proprio la legge, come abbiamo spiegato, che consente al Portavoce con duplice ruolo di favorire la singola persona, o comunque chi governa, mortificando quei principi di trasparenza e di autonomia che l’istanza di Amadori sostiene con tanta enfasi.

C’è un’altra cosa che sarebbe interessante sapere (se a Verona gli Uffici stampa funzionassero). L’articolo 2 al comma 1 della legge recita testualmente che “le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni si esplicano, oltre che per mezzo di programmi previsti per la comunicazione istituzionale non pubblicitaria, anche attraverso la pubblicità…”. Parliamo di soldi, in tempi in cui i giornali chiudono perché non ce ne sono o vengono spesi diversamente.

Non tutti i giornali muoiono e non è neppure vero che sopravvivono i migliori. Ad esempio, sempre a Verona, si vedono per strada pacchi di giornali abbandonati con molte facce di politici. Assessori ed altro. E su questi fogli c’è anche una massiccia presenza di pubblicità, non del Comune ma delle varie partecipate dove siedono Presidenti scelti a Palazzo Barbieri con il Cencelli della politica. Leggendo l’articolo 2 della normativa nasce una domanda (capita ai giornalisti): quanto spendono Comune e partecipate per queste forme di comunicazione a pagamento? Chi sono i destinatari e quali i criteri di scelta?

Giorgio Montolli

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Written By

È diventato giornalista nel 1988 dopo aver lavorato come operatore in una comunità terapeutica del CeIS (Centro Italiano di Solidarietà). Corrispondente da Negrar del giornale l'Arena, nel 1984 viene assunto a Verona Fedele come redattore. Nel 1997, dopo un periodo di formazione in editoria elettronica alla Scuola grafica salesiana, inizia l'attività in proprio con uno Studio editoriale. Nel 2003 dà vita al giornale Verona In e nel 2017 al magazine Opera Arena Magazine (chiuso nel 2020). Dal 2008 conduce il corso "Come si fa un giornale" in alcuni istituti della Scuola media superiore di Verona. giorgio.montolli@inwind.it

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