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Opinioni

Verona è pronta per il cambiamento climatico?

Sarebbe saggio creare parchi e aree verdi in grado di drenare l’acqua piovana, mitigare le bolle di calore, filtrare le polveri…

Il nubifragio del 27 luglio che si è scatenato su Verona ha indotto il Sindaco a chiedere lo stato di calamità naturale per poter ottenere il rimborso dei danni. Ma fino a che punto è naturale questa calamità e quali sono stati i provvedimenti adottati nel recente passato per prevenirla? Era prevedibile un evento del genere, visto che le zone attorno alla città e specialmente la parte Est sono state colpite nel recente passato da fenomeni simili ?

Nel Rapporto qualità dell’ambiente urbano 2014 L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) dice che negli ultimi anni a seguito dei cambiamenti climatici in atto sono molto più frequenti precipitazioni di forte intensità e di breve durata che causano fenomeni alluvionali. Il rapporto dice anche che le città sono le maggiori responsabili dei cambiamenti climatici contribuendo per il 71-76% delle emissioni di CO2 ed è nelle città che la sfida sul clima sarà vinta o persa. Inoltre, nelle città negli ultimi due secoli si è andata concentrando la maggioranza della popolazione mondiale alterando in modo sostanziale le destinazioni d’uso del suolo per scopi residenziali, produttivi e infrastrutturali, molto spesso senza un’adeguata pianificazione territoriale che tenesse conto della rete di drenaggio naturale, il grado di permeabilità dei terreni, la superficie delle aree golenali, le sezioni idrauliche di deflusso. Le città sono anche quelle che pagano il prezzo più alto a causa dei cambiamenti climatici, basti pensare all’inquinamento dell’aria, alle bolle di calore e ai nubifragi come quello di mercoledì scorso a Verona.

Dopo il superamento della contingenza con la richiesta di calamità naturale sarebbe quindi saggio che la politica cittadina iniziasse un percorso propositivo di pianificazione territoriale per contribuire a ridurre le cause del cambiamento climatico (minori emissioni) e mitigarne gli effetti (resilienza ai fenomeni). Sarebbe saggio attuare la manutenzione puntuale della rete drenante e avviare un programma di revisione per adeguarla ai nuovi scenari evitando il più possibile la realizzazione di opere come i sottopassi senza garanzie di drenaggio. Sarebbe saggio rivedere la politica di espansione urbana azzerando il consumo di suolo e recuperando il patrimonio edilizio esistente. Sarebbe saggio creare parchi e aree verdi in grado di drenare l’acqua piovana, mitigare le bolle di calore, filtrare le polveri, con particolare riguardo a Verona Sud dove a fronte di un credito di verde di 700.000 mq si stanno moltiplicano inutili e invasivi centri commerciali. Sarebbe saggio evitare l’impermeabilizzazione delle aree pubbliche come i parcheggi e dare avvio ad un programma per rendere permeabili quelli esistenti. Sarebbe saggio evitare l’intubamento dei corsi d’acqua ed eseguirne le manutenzioni periodiche.

Utopie? Nemmeno per idea. Molte città stanno affrontando il problema del cambiamento climatico in modo concreto. Riporto due esempi per tutti.

Nel rapporto ISPRA sopracitato viene portato come modello il Comune di Bologna che con il progetto Life+ BlueAp e nell’ambito dell’iniziativa Mayors Adapt promossa dalla Commissione europea, ha avviato il percorso per costruire una città resiliente, capace cioè di proteggere i propri cittadini, il territorio e le infrastrutture dai rischi climatici. Il comune ha messo a punto un piano di adattamento ai nuovi scenari climatici che affronta: la siccità e la carenza idrica, le ondate di calore in area urbana, gli eventi estremi di pioggia e rischio idrogeologico. In particolare. Le soluzioni per migliorare la risposta idrologica consistono nel rendere permeabili le pavimentazioni (parcheggi o cortili, …) o nel gestire l’accumulo delle acque di pioggia, ad esempio attraverso coperture verdi dei tetti o la creazione di volumi di accumulo (cisterne interrate o vasche a cielo aperto). Il nuovo orientamento punta a realizzare infrastrutture verdi che trattengano le acque, piuttosto che accelerarne il deflusso, e a valorizzare il ruolo degli ecosistemi naturali.

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A Copenaghen è stato realizzato il primo quartiere “pronto” a contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Tra i diversi interventi, gran parte dell’asfalto delle piazze è stato sostituito da un tappeto erboso ad andamento collinare, intervallato da percorsi pedonali sopraelevati. In caso di inondazioni i mini parchi verdi dislocati su tutto il quartiere si trasformeranno in bacini idrici. Inoltre grazie ad un nuovo sistema di tubazioni, le piazze saranno in grado di raccogliere l’acqua dai tetti degli edifici circostanti, mentre le strade circostanti funzioneranno da speciali “canali di scolo” favorendo il deflusso verso il porto di milioni di litri di acqua.

Alberto Ballestriero

Alberto Ballestriero. La campagna e il paesaggio sono una presenza costante nella sua vita. Ha lavorato come funzionario nella gestione di canali e opere agrarie presso uno dei più importanti Consorzi di Bonifica del Veneto. Dopo la qualifica nel settore del verde progetta parchi e giardini, alcuni dei quali pubblicati. È socio dell’AIAPP (Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio). Per diversi anni è stato responsabile del settore verde urbano della sezione veronese di Italia Nostra. Ha pubblicato il libro “Confini Connessioni Scenari – divagazioni di un giardiniere sul paesaggio”. È socio fondatore dell’Osservatorio territoriale VeronaPolis. ballestriero@gmail.com

1 Comment

1 Comment

  1. Claudio Veronesi

    01/08/2016 at 11:32

    Trovo molto sensato ultilizzare le conoscenze sugli attuali rischi climatici ai fini della prevenzione di ulteriori danni anche per la nostra città. Sono d’accordo che è saggio e doveroso che la nostra politica cittadina inizi un percorso di programmazione territoriale per evitare i rischi del cambiamento climatico azzerando il consumo del suolo pubblico, rendendo permeabili i parcheggi e le zone pubbliche, creando parchi che siano in grado di drenare l’acqua piovana. Al cambiamento del clima dobbiamo far fronte in qualche modo e credo che una politica economica di prevenzione sia certamente meno onerosa di una qualsiasi riparazione (che sarà comunque ingente), visto che le nostre amministrazioni sono spesso solo concentrate sulla quadratura di bilancio.

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