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Profughi, amministratori sull’orlo della fobia

Immigrati

Al 25 luglio i richiedenti protezione internazionale accolti a Verona nei 69 CAS gestiti da 27 tra associazioni e cooperative erano 1.899, distribuiti in 38 comuni

Dagli imprenditori della paura agli amministratori della fobia. Si potrebbe ribattezzare così, parafrasando il titolo di un volume edito nel gennaio del 2014 per la Smart Edizioni, l’articolo apparso sul quotidiano La Stampa lunedì 25 luglio nel quale, «per la prima volta», sono stati presentati i dati concernenti gli enti locali «che accolgono più richiedenti asilo e rifugiati e quali meno, quali territori sono in difficoltà e quali non sono toccati dal problema».

La mappa disegna un’Italia dove, fra l’altro, ci sono «territori come il Veneto, che non vuole assolutamente nuovi migranti pur avendo numeri molto al di sotto di altre regioni». Domenico Cuttaia, il prefetto di Venezia che ha il compito di coordinare a livello regionale la distribuzione dei richiedenti protezione internazionale nelle 7 province venete, in una lettera pubblicata martedì 26 sul quotidiano torinese, ha contestato tale affermazione chiarendo che, rispetto ai 10.477 migranti attribuiti, il Veneto ne ha accolti complessivamente 10.650.

Però, al di là delle disquisizioni numeriche, La Stampa ha espresso in maniera inequivocabilmente chiara quanto ormai da oltre 20 mesi è sotto gli occhi di tutti: che molti sindaci italiani, da Nord a Sud, contestano spaventati quel sistema dell’emergenza (un’emergenza di fatto, giacché rispetto a quanto avvenuto nella primavera del 2011, l’Esecutivo non ha emanato alcuna ordinanza emergenziale) che consente ai prefetti di utilizzare dei CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria) nei comuni dove operano associazioni e cooperative convenzionate con le prefetture.

Emblematico, a questo proposito, quanto avvenuto giovedì 21 luglio, giorno in cui L’Arena ed il Corriere di Verona, hanno dato conto della seduta della commissione giudicatrice del quinto bando per il reperimento di duemila posti per richiedenti asilo nella provincia scaligera: a fronte di soli 478 posti nuovi, ripartiti in 26 comuni, diversi primi cittadini hanno tempestato di telefonate la Prefettura, contestando, quasi sgomenti, soprattutto il fatto di aver appreso la notizia dalla stampa (come se la commissione giudicatrice potesse conoscere in anticipo il contenuto delle buste nelle quali i 14 soggetti partecipanti hanno presentato le loro offerte di posti e la loro dislocazione territoriale).

Ora, al di là delle cifre reali (al 25 luglio, i richiedenti protezione internazionale accolti nei 69 CAS gestiti da 27 tra associazioni e cooperative erano 1.899, distribuiti in 38 comuni della provincia scaligera) e di un sistema di accoglienza sempre più in crisi, le ragioni addotte dai primi cittadini per contestare la presenza dei centri nei rispettivi territori, ne fanno degli amministratori della fobia: una fobia nei confronti di quelli che comunemente si chiamano profughi e che, come scriveva Bertold Brecht, restano sempre «portatori di cattive notizie».

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Antonio Mazzei

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Antonio Mazzei è nato a Taranto il 27 marzo 1961. Laureato in Storia e in Scienze Politiche, giornalista pubblicista è autore di numerose pubblicazioni sul tema della sicurezza. antonio.mazzei@interno.it

1 Comment

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  1. Giulia Cortella

    27/07/2016 at 12:23

    “Un sistema di accoglienza sempre più in crisi, le ragioni addotte dai primi cittadini per contestare la presenza dei centri nei rispettivi territori, ne fanno degli amministratori della fobia: una fobia nei confronti di quelli che comunemente si chiamano profughi e che, come scriveva Bertold Brecht, restano sempre «portatori di cattive notizie».
    La conclusione del suo articolo contiene già la risposta alla fobia degli amministratori: un sistema di accoglienza sempre più un crisi in cui mafie e corruzione si sono infiltrate non può che creare fobia negli amministratori che temono, alla luce degli avvenimenti odierni, disordini e scontri sociali.
    Inoltre si deve pur ricordare che per circa il 90 per cento dei casi si tratta di giovani immigrati economici che sono accolti con i programmi dedicati all’emergenza profughi di guerra o rifugiati politici col fine celato del ripopolamento delle nostre terre e non per veri fini umanitari: questo per esplicita affermazione della presidente della regione Emilia Romagna. Questa prospettiva crea il disordine cui lei faceva cenno. L’Unione Europea, e l’Italia in prima fila, fingono intenzioni da Mare Nostrum e in realtà mirano allo sfruttamento di questi ragazzi per lo più abbandonati nei centri in tutta Italia senza alcuna prospettiva seria. Inviati ai centri per il riconoscimento del loro status vengono riconosciuti non aventi diritto. A quel punto cooperative di avvocati li assistono nella causa contro lo Stato per ottenere ciò che lo Stato ha già riconosciuto non ottenibile. Potrei continuare ma basta così…il sistema è in crisi. Moltissimi programmi di assistenza alle popolazioni africane nei loro paesi si sono visti tagliare i fondi dall’Unione Europea come riportava un bell’articolo dell’Espresso. Se fosse un amministratore anche lei comincerebbe a nutrire qualche fobia non verso i ragazzi immigrati ma verso un sistema che fa acqua da tutte le parti a cominciare da quella del nostro Mare Nostrum.

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