Connect with us

Hi, what are you looking for?

Cultura

Proposte per la rivalutazione urbana dell’Adige

Alcune idee per recuperare il valore di un corso d’acqua per troppi anni considerato un elemento ingombrante, da isolare dal contesto urbano

Prima dell’arrivo dei romani, intorno all’80 A.C., Verona era adagiata sotto Colle San Pietro, di fronte all’ansa del fiume. Dall’Adige la città ricavava i mezzi per vivere: si dissetava, irrigava la campagna, pescava, traeva energia dalla corrente, si difendeva e comunicava con le altre zone toccate dal fiume.

L’Adige nella storia di Verona. La Verona romana.
La città fu costruita all’interno dell’ansa dell’Adige, con il fiume come barriera difensiva che, collegata alla cinta muraria, completava la chiusura difensiva. La superficie dell’ansa era attraversata dal decumano massimo (corso Porta Palio e corso Porta Borsari), che era il prolungamento della via Postumia, e dal cardine massimo (via Leoni, via Cappello, via Sant’Egidio), che lo intersecava perpendicolarmente. Paralleli correvano i decumani e i cardini minori per definire gli isolati dove costruire. Da porta Borsari, sul decumano massimo, si entrava in città.

L’Adige era attraversato da due ponti, il Ponte Pietra, del primo secolo A.C., fuori asse rispetto al sistema di decumani e cardi, che sostituì un preesistente ponte in legno; e il Postumio, costruito a valle del Ponte Pietra, con funzione anche di acquedotto. Tra Ponte Pietra e Ponte Postumio, alla fine del primo secolo A.C., fu realizzato, ai piedi di Colle San Pietro, il teatro. Ha preceduto la sua realizzazione l’edificazione dei muraglioni paralleli al teatro stesso, per difenderlo dalle piene del fiume.  Sempre in quella zona furono costruite le terme, con il quartiere termale all’altezza dell’attuale piazza Duomo.

L’Adige rappresentò per i romani uno degli elementi principali su cui basare la costruzione della città. Verona ebbe l’Adige come madre e padre per la sua forma urbanistica, per il suo sviluppo economico e sociale e per la sua struttura difensiva. Durante l’impero romano, Verona, per la sua posizione geografica e per l’importanza del fiume quale rilevante via di comunicazione e barriera difensiva, è stata la città con il maggior peso strategico ed economico dell’intera Gallia Cisalpina. Nella città romana, poi medievale, sino a quella di fine ‘800, il tessuto viario urbano terminava con strade che arrivavano al fiume, inteso come fonte di vita. Durante la dominazione veneziana, l’Adige ha rappresentato il maggiore e più usato canale di comunicazione tra Verona e Venezia. A quell’epoca le fonti di acqua potabile erano tutelate, così come erano protetti e curati tutti i corsi d’acqua per mantenere un equilibrato sistema idrogeologico. Sino alla fine del 1800 tra la città e la natura in cui era inserita, si era mantenuto un equilibrato rapporto, anche se spesso le forze della natura invadevano, con la forza distruttiva delle acque dell’Adige, la città che si era appropriata delle loro zone di esondazione.  Ricordiamo gli anni delle principali alluvioni: 589, 1195, 1239, 1512, 1568, 1835, 1868, sino a quella devastante del settembre 1882.

Precedentemente al 1882, ci furono lavori agricoli a monte della città che modificarono l’idrografia del fiume. Il 17 settembre 1882 oltre i due terzi di Verona furono sommersi dall’acqua; le barche non riuscivano nemmeno a passare sotto gli archi di porta Borsari. Al ponte Pietra l’acqua aveva raggiunto l’altezza di 4 metri e 50 sul segnale di guardia, mentre la stima della velocità della corrente era di 20 km/h. Allora, non si valutò di intervenire a monte, ripristinando l’antico equilibrio idrogeologico e progettando aree di esondazione, ma si preferì considerare il fiume un elemento della natura negativo, da imbrigliare e magari sopprimere.

Advertisement. Scroll to continue reading.

Proposte.
Ritengo sia giunto il momento che Verona si riappropri del suo fiume e l’Adige della sua città. Mi permetto di esporre alcune ipotesi che, almeno in parte, potrebbero raggiungere l’obiettivo.

Il Parco dell’Adige. Realizzare il parco dell’Adige sulla base del progetto Ruffo-Braioni-Sambugar degli anni ’90 – 2006. Il progetto riguardava circa 800.000 mq e interessava aree sia pubbliche che private. Soprattutto collegava la parte Nord con quella Sud, utilizzando il percorso lungo le mura. Riprendere quel progetto, significherebbe restituire ai veronese il rapporto con il proprio fiume, tutelando e valorizzando l’ambiente con interventi atti a salvaguardarne la qualità delle acque, gli ecosistemi e valorizzando il paesaggio

L’azzeramento del progetto di lottizzazione al Nassar di Parona. Oltre mezzo secolo di interventi edilizi hanno causato un grave dissesto idrogeologico. La cementificazione del territorio, il disboscamento, la canalizzazione dei corsi d’acqua, l’abusivismo edilizio, la mancata pianificazione territoriale e le ingerenze politico/economiche sulle destinazioni d’uso urbanistiche, hanno reso la nostra nazione ad alto rischio per i disastri ambientali. Sono purtroppo frequenti le catastrofi causate da una gestione sconsiderata del territorio, in cui gli interessi economici della speculazione edilizia, supportati da politici conniventi, hanno determinato la tragica situazione attuale.

Nel progetto del PAQE denominato Porte della Città al Nassar di Parona, in una zona a pochi metri dall’Adige e di possibile esondazione, è ipotizzata la costruzione di un complesso abitativo, direzionale e commerciale. Si tratta di un residuo delle vecchie aree edificabili del precedente PRG del 1975 che prevedeva una città di oltre 400.000 abitanti. Nessuna Amministrazione del passato, tranne una prima stesura del Progetto Preliminare di Piano del 1993 approvato solo dalla Giunta, ha potuto o ha voluto cancellare quella vecchia ed errata scelta di edificare in una zona ambientalmente pregiata, a pochi metri dall’Adige, confinante con la campagna, dove esiste ancora uno dei rari casi di rapporto senza soluzione di continuità tra il terreno coltivato e le rive del fiume. All’estero le aree verdi ancora inedificate vicino alle città e in particolar modo se adiacenti ai fiumi vengono rigidamente tutelate perché ritenute preziose. Da noi invece si intende realizzare su un’ area d’intervento di 72.399 mq una colata di cemento composta di 11 fabbricati alti 11 metri con una superficie coperta di 6.780 mq per la residenza e di 2 fabbricati di 11 metri con una cubatura di 24.930 mc per una superficie coperta di 3.110 mq. di direzionale e commerciale. Tutto ciò potrebbe causare un grave danno paesaggistico ed un pericoloso dissesto idrogeologico, tradendo i principi stessi che dovrebbero promuovere la stesura dei Piani d’Area regionali.

Riaprire alle acque dell’Adige Interrato dell’Acqua Morta. Preciso che questa ipotesi deve essere presa in considerazione dopo la trasformazione del sistema della mobilità cittadina che, con la realizzazione di una efficiente e comoda rete di trasporto pubblico a trazione elettrica su sede fissa ed esclusiva, permetterà di chiudere al traffico tutto il centro storico, compresa Veronetta.  Verona, come già detto, è stata generata e si è sviluppata grazie al fiume Adige. Poi l’Adige, da padre e madre di Verona, divenne imbarazzante, pericoloso e andava soppresso. Con la logica di quegli anni – siamo alla fine dell’8oo, dopo l’ultima grave alluvione – si considerò il fiume un elemento della natura negativo. Così fu messo in sicurezza canalizzandolo con la costruzione dei muraglioni e con l’interramento del canale dell’Acqua Morta. La riapertura del vecchio ramo alle acque dell’Adige non è certamente un’operazione semplice e di poco costo, ma a me piace pensarla come l’atto finale della progettazione di una città che finalmente si è riappropriata delle proprie radici. E’ una proposta che va intesa come un simbolo: il ritorno di un elemento vivo come l’acqua in sostituzione delle inquinanti automobili.

Rendere il fiume alla città intervenendo sugli argini. E’ la proposta, di riaprire i vo’ di Sottoriva verso l’acqua, così come è sempre stato. I vo’ che corrono perpendicolari al fiume rappresentavano i collegamenti tra la città di terra e il proprio fiume. Attraverso i vo’ si alimentava il commercio, la produzione artigianale e industriale e anche il rapporto ricreativo tra i veronesi e il loro Adige.

Advertisement. Scroll to continue reading.

Giorgio Massignan
VeronaPolis

Written By

Giorgio Massignan è nato a Verona nel 1952. Nel 1977 si è laureato in Architettura e Urbanistica allo IUAV. È stato segretario del Consiglio regionale di Italia Nostra e per molti anni presidente della sezione veronese. A Verona ha svolto gli incarichi di assessore alla Pianificazione e di presidente dell’Ordine degli Architetti. È il responsabile dell’Osservatorio VeronaPolis e autore di studi sulla pianificazione territoriale in Italia e in altri paesi europei ed extraeuropei. Ha scritto quattro romanzi a tema ambientale: "Il Respiro del bosco", "La luna e la memoria", "Anche stanotte torneranno le stelle" e "I fantasmi della memoria". Altri volumi pubblicati: "La gestione del territorio e dell’ambiente a Verona", "La Verona che vorrei", "Verona, il sogno di una città" e "L’Adige racconta Verona". giorgio.massignan@massignan.com

2 Comments

2 Comments

  1. Cristina Stevanoni

    16/07/2016 at 17:40

    L’ Adige è davvero il cuore rimosso di questa città, caro Giorgio. E pertanto grazie per questa rassegna, e per le tue proposte. Prima di abbandonarci ai sogni, come anche tu li hai definiti, badiamo al presente: per esempio, che cosa accadrà alla Dogana di fiume ai Filippini? Conosciamo il progetto? Faranno un Wine bar, come al solito? Piccolo contraccambio, la nota, davvero straziante, che si legge nell’incunabolo 768 della Biblioteca Civica (studiato da Marco Girardi, e, modestamente, dalla sottoscritta, nell’ambito di una più vasta ricerca dedicata alla Libreria di Paolino Gianfilippi): “Nota che del 1493 a dì 4 de ottor per fin a dì 7 del s(ora)s(cr)ito l’Adeso cresì cossì forte/ che’l vene in su la piaza di Signori in Verona e butò zosso lo ponte da le naui e butò zosso la / giesia de san zen oraor e corse per tuta la con(trà) de ogni [sancti] atanto che non hauesse roto el / muro de la cità sarie profundà tuta quella con(trà) de ogni s(an)cti; et abissò molto altri paessi”

  2. Andrea

    14/07/2016 at 20:44

    È da tanti anni che pubblicamente dico lo stesso e mi trovi completamente d’accordo.
    Un elemento molto importante per la ricostruzione del rapporto con il fiume potrebbe essere valorizzando la Dogana veneta forse l’unica struttura fluviale sopravissuta.
    Un altra potrebbe essere valorizzando e forse ricostruendo la strada che costeggia il fiume arrivando magari in Trentino.
    I barconi erano trainati per risalire il fiume e la vicinanza con l’acqua e alcuni scorci del percorso sono notevoli, anche se la manutenzione sarà impegnativa.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

15/12/2023 fine delle pubblicazioni

Banner-Studio-editoriale-Giorgio-Montolli

Agec Funicolare Castel San Pietro Verona

Advertisement

MEMORY BOOKS

Scarica gratis

COSA SONO I MEMORY BOOKS?
Approfondimenti su tematiche veronesi.
A COSA SERVONO?
Offrono una visione diversa di città.
QUANTO TEMPO PER LEGGERLI?
15 minuti.
PERCHÉ SCARICARLI?
Sono rari.
QUANTO COSTANO?
Nulla.

Advertisement
Advertisement

Altri articoli

Cultura

Il sindacato metalmeccanico di Verona torna sui luoghi dove cent'anni fa partecipò alla protesta democratica dopo l'assassinio di Giacomo Matteotti

Cultura

La conferenza su un eroe popolare da riscoprire fu presentata dal giornalista scomparso a Natale. Ricordiamoli insieme

Flash

Il 10 febbraio alle 9.15 il sindaco Damiano Tommasi, nell’Auditorium del Palazzo della Gran Guardia, darà il via alle iniziative ufficiali, che proseguiranno alle...

Interviste

INTERVISTA inedita al fondatore e presidente emerito dell'Istituto veronese per la storia della Resistenza: «Ho ricevuto minacce, che tristezza. Resta tanto da scrivere, ma...