Il 12 luglio 1916 l’irredentista fu impiccato a Trento dagli austriaci. Il busto in piazza Indipendenza coperto proprio adesso dai ponteggi per il restauro dell’ex Tribunale.
Per il centerario della morte di Cesare Battisti, l’irredentista trentino impiccato dall’Austria a Trento il 12 luglio 1916, Verona ne ha oscurato il monumento. Ha proprio ragione il veronese Stefano Biguzzi, biografo di Battisti (il suo libro monumentale è edito dalla Utet) e presidente dell’Istituto veronese per la storia della Resistenza: l’Italia, e Verona segnatamente, quasi ignorano questa figura, scomoda a cent’anni dalla morte come lo era stata in vita. “Giace in un polveroso pantheon di grandi italiani”, ha scritto Biguzzi la settimana scorsa in una pagina della Lettura, settimanale del Corriere della Sera, “ridotti a sopravvivere nel bronzo di qualche monumento, dimenticati da una nazione che preferisce l’oblio a imbarazzanti raffronti”.
Polveroso bronzo, appunto. Sta sul muro dell’ex Tribunale in piazza Indipendenza, dove dopo la gru sono stati montati ora i ponteggi per il restauro. Barricato dietro il castello metallico, abbiamo fatto a tempo a fotografare il bronzo di Battisti prima che fosse del tutto coperto alla vista da teli bianchi: arrossato da polvere di mattone piovuta dall’alto, dove evidentemente già si lavora, e per fortuna un passante aveva invitato gli operai a non appoggiare i pezzi dell’impalcatura in costruzione proprio al monumento.

Il busto di Giacomo Matteotti in piazza Indipendenza (piazza delle Poste) a Verona
Almeno una rituale corona, nel centenario della morte, il bronzo di Battisti poteva aspettarsela. Non ci si poteva pensare, lasciandolo in vista e, magari, protetto dalla polvere e da altri incidenti? Pari sorte hanno avuto gli altri grandi italiani ricordati da altri busti su quel muro, che i veronesi negli anni hanno dedicato a patrioti del popolo: Giacomo Matteotti, il deputato socialista ucciso dai fascisti nel 1924. “La mia idea non muore”, c’è scritto sotto il bronzo: le ultime parole pronunciate dal deputato rodigino, dopo la denuncia alla Camera delle illegalità fasciste che gli costò la vita. “Potete uccidere me, ma la mia idea non muore”. Anche lui impolverato e coperto, e recentemente un camion di passaggio già lo aveva danneggiato. A suo fianco è ora nascosto anche Benedetto Cairoli. Chi era costui? I vecchi maffeiani potrebbero citare il primo cabaret con cui esordirono i Gatti di vicolo Miracoli: “Largo Cairoli, un eroico grassone, marciando verso Roma non si avvide delle mura, aprendo così la breccia di Porta Pia”.

Il busto di Benedetto Cairoli in piazza Indipendenza (piazza delle Poste) a Verona
Il nascondimento causa cantiere vendica così l’altro personaggio storico del muro, quel Felice Cavallotti, “bardo della democrazia”, che l’ultimo restauro dell’architetto Libero Cecchini ha messo al coperto sotto il portico, perché il fornice murato su cui era in mostra è stato riaperto. Nascosti ora anche gli altri, non solo lui! E sì che non aveva temuto le intemperie né superiori pericoli, fino ad assalire urlando l’ultimo sfidante: così la spada di Ferruccio Macola gli entrò in bocca e l’uccise. “Questi”, direttore della conservatrice Gazzetta di Venezia, “si dimette prima dal giornale, poi dal Parlamento e alla fine anche dalla vita, sparandosi un colpo di rivoltella”: così Michelangelo Bellinetti ha ricordato la seconda vittima del fatale duello, nel suo ultimo libro La storia di tante storie. Giornali e giornalisti del Veneto.

Il busto di Felice Cavallotti
Il monumento di Verona a Cesare Battisti fu inaugurato, tra i primi in Italia, il 16 ottobre 1916. Si legge la cronaca il giorno dopo sul quotidiano veronese Corriere del Mattino, giornale dei cattolici che la guerra non l’avevano voluta, né avevano simpatizzato per gli irredentisti. Ma in guerra tutti si dichiaravano patrioti. Salvo, nei limiti concessi dalla censura militare, sottolineare un aspetto piuttosto di un altro. Il Corriere del Mattino, per esempio, riserva uguale spazio alla vicenda di un altro irredentista, ma sul fronte opposto: il cattolico irlandese sir Roger Casement, pari d’Inghilterra arrestato e impiccato dagli inglesi per alto tradimento, come Battisti suddito austriaco dall’Austria, dopo che un sottomarino tedesco l’aveva sbarcato in Irlanda a fomentare la rivolta indipendentista contro la Gran Bretagna. “Anche dopo la rivoluzione irlandese”, scrive il Corriere del Mattino il 28 novembre 1916, “la esecuzione di Ruggero Casement, intorno al quale qualunque possa essere il giudizio che a suo tempo si darà di quest’uomo che si è assicurato un posto importante nella storia d’Irlanda e il nuovo atteggiamento del partito nazionalista (cattolico) alla Camera dei Comuni, la questione irlandese è sempre all’ordine del giorno”.
La cronaca per l’inaugurazione del monumento a Cesare Battisti nota invece, nella conferenza al Teatro Nuovo, che a fianco della bandiera del Comune di Ala, già liberato nel 1915 dagli italiani, c’è, “assai commentata”, quella “della loggia massonica di Verona”. C’è il sindaco socialista Zanella (che per questo sarà contestato dal deputato socialista Todeschini, fiero neutralista. Ma Battisti era socialista…) e per la minoranza cattolica in Comune il conte Ugo Guarienti. Si dà lettura della lettera “della signora Battisti, dispiaciuta di non potere intervenire” e poi per il comitato promotore Giuseppe Cavazzana ricorda “quel giorno in cui Cesare Battisti portò qui a Verona la parola degli irredentisti e venne a propugnare la guerra”, senza suscitare in realtà grandi entusiasmi. Il giornale cattolico rievoca la diffidenza raccolta dal socialista trentino quando dice, continuando la cronaca, che l’onorevole Innocenzo Cappa “s’addentra a fare un po’ la sublimazione del socialismo marxista incarnato dal Battisti, ma accorgendosi che il pubblico non era troppo adatto per tutti gli argomenti mutò abilmente tono”, passando al patriottismo di guerra allora obbligatorio.

Busti di italiani illustri in piazza Indipendenza
“Il busto”, quello ora nascosto, “è dello scultore Tullio Montini”, continua la cronaca del 1916. “Intorno al busto, nel marmo c’è un bassorilievo dipinto che rappresenta il castello e le montagne di Trento”. La pittura era sparita già prima dell’impolveratura di mattone, ma la pulitura d’obbligo, a fine lavori, dovrebbe lucidare i superstiti rilievi nel marmo, per tornare a renderli visibili. “Fu assai notato”, continua polemicamente la cronaca, “l’accenno alla fede repubblicana di Battisti, che non gli contrasta di esaltare la guerra condotta dal Re e l’auto-ritrattazione della anche un po’ sua propaganda contro le improduttive spese militari”. Traduzione: il socialista antimilitarista e antimonarchico Battisti alla fine ha appoggiato il re Savoia che ha imposto la guerra all’Italia in combutta con i militari, bella coerenza.
Tutte le polemiche della politica italiana su cui Battisti si elevò offrendosi come martire di un’idea. Non a caso, Stefano Biguzzi e pochi altri a parte, è l’Austria che ne è rimasta più colpita: da subito Karl Kraus (Gli ultimi giorni dell’umanità: con Battisti l’Austria ha impiccato sé stessa), da ultimo lo storico altoatesino Claus Gatterer (Ritratto di un “alto traditore”).
Ma c’è un’Italia, Repubblica e democratica, di cui Battisti può andar fiero: quella che finalmente ha restaurato il Monumento alla Vittoria di Bolzano, eretto per becera propaganda nazionalista dal fascismo contro la volontà della vedova Battisti, allestendo nel sotterraneo una mostra sulla storia del Sud Tirolo che ne spiega tutte le contraddizioni, tra due guerre mondiali e due dittature arrivate dopo la monarchia degli Asburgo. Sul monumento di Verona abbiamo invece steso, letteralmente, un velo. Pietoso?
Giuseppe Anti
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Giuseppe Anti è nato a Verona il 28 agosto 1955. Giornalista, si è occupato di editoria per ragazzi e storia contemporanea; ha curato fino al giugno 2015 gli inserti "Volti veronesi" e le pagine culturali del giornale L'Arena. giuseppe.anti@libero.it
