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Cultura

Brexit, come dice Shakespeare: «All are punish’d»

Romeo e Giulietta, Zeffirelli 1968

La tragedia politica di una comunità divisa, dietro la tragedia di un amore

Il 24 giugno, data infausta per Verona.“Fo robà Verona”, il sacco della città a opera dei Visconti e la fine dell’indipendenza scaligera: lo abbiamo appena rievocato nell’articolo sulle scritte da non cancellare. Quest’anno data infausta per tutta l’Europa, perché è stato il giorno in cui è stato ufficializzato il risultato del referendum britannico: Brexit, cioè il Regno Unito (per quanto? La Scozia freme) esce dall’Unione Europea.

Proprio il 24 giugno alla Tomba di Giulietta il British Council ha voluto iniziare le proiezioni italiane del restaurato film di Franco Zeffirelli Romeo and Juliet. Uscì nel 1968, dopo che il regista fiorentino aveva già trionfato in teatro a Londra (Judy Dench giovanissima Giulietta) ed è rimasto “il film di Giulietta”, che generazioni di spettatori da allora sognano nella bellezza dell’interprete Olivia Hussey.

Olivia Hussey

Olivia Hussey

«Oggi ha una figlia di 21 anni che è uguale a lei, com’era allora», ha raccontato il Romeo di Zeffirelli, Leonard Whiting, presente alla proiezione alla Tomba di Giulietta. «Bellissima! Per me è come una figlia», ha aggiunto, con riguardo per la moglie, pure presente, «che è grande amica di Olivia».

Ma sia Whiting-Romeo – con lo stesso caschetto di capelli d’allora, ma bianco – che il direttore del British Council, Paul Sellers, non sono riusciti a evitare il tema del giorno: Brexit. Sellers ha messo le mani avanti ricordando, nei 400 anni dalla morte di Shakespeare, i «plurisecolari», appunto, «legami dell’Inghilterra con l’Europa». E Brexit? Della campagna elettorale e della sua sconvolgente conclusione ha parlato come di «una commedia», ma poi si è ricordato che c’è stata una vittima, la deputata laburista ed europeista Jo Cox, uccisa da uno squilibrato al grido «Britain first», e ha usato la parola shakesperiana giusta, «tragedia».

A guardare il film, nel giardino dei marmi alla Tomba di Giulietta, non si potevano osservare le smargiassate di Mercuzio e Tebaldo, i mestatori dell’odio nella litigiosa Verona shakespeariana, senza sovrapporre alle loro facce quelle anche più esaltate di Nigel Farage e Boris Johnson, quest’ultimo addirittura in predicato di guidare ora il Partito Conservatore di governo a Londra! Boris Johnson, il rampollo di buona famiglia che noi italiani dovremmo ricordare per l’intervista del 2003 a Silvio Berlusconi, quando era direttore dello Spectator.

Quell’intervista in cui Berlusconi se ne uscì con due sparate memorabili: «i magistrati soffrono di instabilità della psiche» eppoi «Mussolini non uccideva gli antifascisti, ma li mandava sulle isole». Alle proteste, Boris replicò esternando ammirazione per Berlusconi, «un punto di riferimento nella politica moderna». Ora che ha imparato la lezione dal maestro, dimostra di poter fare anche di peggio.

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E non si può fare come gli inglesi, che si divertono – innato senso di superiorità – a guardare le cose italiane dall’alto in basso. Mussolini, Berlusconi? Per gente come noi, sottosviluppati politici, possono andare bene. Invece, guarda un po’, questa povera terra che si diletta di politica dai tempi di Machiavelli, finisce per esportare modelli pronti a far danno su maggior scala: si è detto di Boris, ma avete sentito parlare di un certo Donald Trump, in America?

Riguardare Romeo e Giulietta oggi costringe a vedere la tragedia politica di una comunità divisa, dietro la tragedia di un amore. A incrudelire la considerazione: protagonisti-vittime sono due adolescenti generosi, che vogliono amarsi e portare pace tra le fazioni, traditi dai vecchi, a partire dai genitori. Come i giovani britannici, che sette su dieci hanno votato per l’Europa, invano, perché i vecchi hanno deciso altrimenti.

Per chi si illudesse che sono solo faccende inglesi, arriva l’ultima scena del film, alla Tomba di Giulietta. La scena sullo schermo si rispecchia in quella della platea. Lì, come nella profezia shakespeariana, c’è un popolo veronese attonito. In fronte, un innominato “principe” lancia la sua condanna: «All are punish’d», tutti sono puniti.

Giuseppe Anti

«All are punish’d», scena finale del film Romeo e Giulietta di Franco Zeffirelli (1968)

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Giuseppe Anti è nato a Verona il 28 agosto 1955. Giornalista, si è occupato di editoria per ragazzi e storia contemporanea; ha curato fino al giugno 2015 gli inserti "Volti veronesi" e le pagine culturali del giornale L'Arena. giuseppe.anti@libero.it

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