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Opinioni

In città tira una brutta aria

Clima-inquinamento

PM10, le centraline dell’ARPAV hanno contato da gennaio ben 22 sforamenti del valore di 50 microg. al metro cubo

Che ci sia a Verona una “brutta aria” è cosa risaputa, e non soltanto in senso politico: il ristagno delle masse d’aria con i loro principali inquinanti (particolato PM10, CO2, NO2) tende a formarsi nella pianura padana a causa della sua orografia, difesa com’è a Nord dalle Alpi e a Sud-Ovest dagli Appennini; solo ad est appare sguarnita ed infatti buona parte dei venti e delle precipitazioni che talvolta la investono da lì provengono, oltre che dal formarsi di masse cicloniche ad alta quota. Più spesso il lento ricambio dell’aria negli strati più bassi dell’atmosfera ne appesantisce il carico di polveri e sostanze, micidiali per la salute delle persone, sostanze derivanti principalmente dai camini delle fabbriche, dai fumi invernali degli impianti di riscaldamento e dai tubi di scappamento dei veicoli a motore.

E non è certo questa l’unica forma d’inquinamento in atto: c’è quello industriale sui terreni non adeguatamente bonificati di alcune discariche (vedi Pescantina), o inquinati dall’abbandono di PFAS percolato nelle falde acquifere (da cui si alimentano alcuni Comuni del Vicentino del Padovano e della Bassa Veronese), e c’è quello da rifiuti urbani inceneriti o trattati (Ca’ del Bue), per non dire dell’inquinamento acustico nelle strade cittadine, e da rumore in alcune discoteche o nelle vicinanze degli aeroporti (il Catullo, da noi).

Sul particolato più grosso (PM10, diametro medio delle particelle di 10 millesimi di millimetro o inferiore) sono stati contati in città, dalle centraline dell’ARPAV, a partire da gennaio già 22 sforamenti del valore di 50 microg. al m3 (ritenuto preoccupante per la salute), su un totale di 35 concessi in tutto l’anno: 22 su 35 non è proprio un bel risultato in 5 mesi scarsi. Se poi pensiamo che a Verona gli sforamenti l’anno scorso sono stati 65 c’è poco da scherzare. E attenti, Verona non era stata nemmeno la peggiore delle città in fatto d’inquinamento: tra le prime dodici ci sono Frosinone (115 sforamenti), Pavia (114), Vicenza, Milano, Torino, Asti e Cremona e, a parte la prima, c’è tutta la Val Padana.

Sostiene Legambiente, in Mal’Aria 2016, analizzando i dati del Report sulla qualità dell’aria del 2015 pubblicato dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, che l’inquinamento atmosferico rappresenta oggi per l’Europa il più grande rischio per la tutela dell’ambiente e della salute. E a ben vedere si può scegliere quale acqua prendere per dissetarsi e anche di non stare troppo nel traffico cittadino ma non si può certo evitare di respirare e l’aria che s’introduce lascia tracce importanti e nefaste sia nei polmoni che a livello cardio-circolatorio.

A Verona si sono tenuti sul tema molti convegni di studio, l’ultimo dei quali si è svolto in Gran Guardia solo una settimana fa ed era dedicato alle problematiche di una particolare frazione della popolazione interessata, quella pediatrica. Asma, anafilassi, allergie alimentarie e respiratorie erano al centro dell’incontro Il bambino allergico rappresenta, infatti, il carico di lavoro più importante per lo specialista in pediatria, perché «le malattie respiratorie ed allergiche – ha spiegato il prof. Attilio Boner (docente di Pediatria generale all’Università e coordinatore scientifico dell’incontro) – costituiscono le patologie croniche più frequenti in età pediatrica», dove «un ruolo centrale è giocato dall’inquinamento atmosferico».

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Venendo ai risultati dello studio sugli effetti acuti che l’inquinamento atmosferico determina sulla popolazione, condotto da alcuni ricercatori italiani in 10 città capoluogo nel periodo 2001-2005, emerge che il solo PM10 (particelle con diametro medio di 10 microgrammi per m3) causa un aumento del rischio di morte, per difficoltà cardiache e respiratorie, in media dello 0,69% per ogni incremento di concentrazione nell’aria di 10 μg/m3. Questo significa che per ogni 10 μg/m3 in più di PM10 nell’aria, ogni 1.000 decessi per cause varie ne avremmo 7 legati all’aumento del livello di quell’inquinante. Inoltre, sempre in base a quello studio, l’aumento dei livelli d’inquinamento da PM10 e da biossido d’azoto (NO2) si riflette quasi subito nell’incremento dei ricoveri per malattie cardiache, in particolare: nel caso di scompensi cardiaci potremmo registrare un aumento di 11 ricoveri su 1000 per un aumento di 10 μg/m3 di PM10 mentre per infarto del miocardio e angina l’aumento dei ricoveri da NO2 sarebbe di 12,3 ogni 1000 per ogni aumento di 10 μg/m3. Per capirci: se il PM10 salisse a 120 com’è successo in città a fine gennaio avremmo un aumento dei decessi (ogni 1000) di 6,9*12, ossia di 73 decessi.

Secondo i dati studiati da Legambiente ogni anno l’inquinamento dell’aria causerebbe in Europa oltre 400.000 morti premature. E l’Italia avrebbe avuto nel 2012 uno dei peggiori bilanci, detenendo il record di morti per smog con 59.500 decessi prematuri per il PM2,5 , 3.300 per l’Ozono e 21.600 per gli NOx (ossidi di azoto). Motivo per cui l’Associazione ambientalista suggerisce e raccomanda all’Italia e alle sue Amministrazioni locali di contrastare con urgenza lo smog sia mediante massicce campagne di sensibilizzazione, sia approntando politiche a sostegno di forme di mobilità più sostenibili, limitando seriamente il traffico privato dei mezzi a combustione interna (a gasolio e a benzina), puntando sul potenziamento dei mezzi pubblici di trasporto a basso impatto inquinante, come sono i mezzi a trazione elettrica e su linee ferrate piuttosto che su gomma.

Incoraggiante davvero l’iniziativa Tra Terra e Cielo, organizzata recentemente dal comune di San Giovanni Lupatoto e dall’Istituto Comprensivo 2, con cui i tecnici del Dipartimento ARPAV di Verona hanno incontrato, il 3 e il 4 maggio scorsi, nove classi della scuola media statale G. Marconi per illustrare l’attività di monitoraggio della qualità dell’aria.

Non appare raccolta però la raccomandazione di programmare ed incentivare nuove forme di mobilità in città e nel Veneto dai nostri amministratori: a quando l’approntamento di un serio piano di mobilità pubblica? Qui a Verona si continua a confondere la mobilità con la viabilità e a condurre pubblici servizi di trasporto come fossero mezzi da aggiungere al trasporto privato, considerato come intoccabile, ma non funziona così nelle principali e più evolute città europee. Oppure dovremo disporci ad accettare il fallimento del pubblico trasporto e l’avvelenamento progressivo dei suoi utenti e dei cittadini tutti? E questo soltanto per non aver voluto affrontare in tempo e con il minor impatto sulla salute pubblica le loro esigenze di mobilità, in modo organico e non a posteriori, come ancora si sta realizzando con il “Filobus”, inizialmente pensato addirittura a gasolio sulle strade del centro storico!

Il progressivo inquinamento dell’aria ci impone con forza la ricerca di una soluzione, almeno nel settore del trasporto pubblico. Ma occorre una classe politica più seria ed intelligente dell’attuale. Pensiamoci fin che siamo in tempo: le prossime elezioni sono solo fra un anno.

Marcello Toffalini

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Marcello Toffalini è nato nel 1946 ed è cresciuto nella periferia di Verona tra scuola, parrocchia e lotte sociali. Ha partecipato ai moti universitari padovani e allo sviluppo delle Scuole popolari di Verona. Si è laureato in Fisica a Padova nel 1972 e si è sposato nel 1974 con rito non concordatario. Una vita da insegnante di Matematica e Fisica presso il Liceo Fracastoro, sempre attratto da problematiche sociali e scientifiche. In pensione dal 2008. Nonno felice di tre nipotini. Altri interessi: canta tra i Musici di Santa Cecilia. ml.toffalini@alice.it

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