Al di là di certi toni trionfalistici utilizzati per mascherare la realtà, la situazione delle banche veronesi e venete è estremamente critica. Oltre che l’insoddisfazione generale nei riguardi del recente rinnovo dei vertici della Fondazione CariVerona, dove si è assistito a modalità più da dinasty, come se si trattasse di proprietà di famiglia anziché di un’istituzione con grande valenza sociale, emergono tutta una serie di criticità del sistema bancario che potrebbero avere ripercussioni, sia in positivo, ma soprattutto in negativo, sulle banche veronesi e venete. Infatti la preventivata revisione della presenza azionaria in Unicredit da parte di CariVerona, tra l’altro non più obbligatoria, visto il valore di mercato di questi titoli, porterebbe a un’ulteriore riduzione della presenza a Verona di questa primaria banca nazionale, che ha già visto la dismissione prima di Quercia Software e poi di UCCMB, nonché lo spostamento a Milano di una intera divisione. A questo punto nella nostra città resterebbe gran poco di quella che fu la Cassa di Risparmio.
La fusione, ormai in dirittura d’arrivo, di Banco Popolare con B.Pop.Milano potrebbe spostare ancora una volta nella capitale lombarda il centro decisionale, con tutte le conseguenze preventivabili riguardo occupazione ed eventuale indotto, togliendo anche spazio ai neolaureati della nostra Università, perché andrebbero altrove le funzioni manageriali.

Paolo Biasi
Viene poi sollecitata da più parti, in primis dal Sindaco Tosi, l’entrata di Fondazione CariVerona nel capitale di Banco Popolare, di Popolare di Vicenza e di Veneto Banca; ma se queste operazioni avrebbe il merito di rafforzare il rilancio di questi istituti, nel contempo, essendo interventi con eventuale ritorno in termini finanziari a medio-lungo termine, porterebbero a ridurre in modo sensibile la capacità di compartecipazione alle azioni sociali della Fondazione sui nostri territori, con pesanti conseguenze. In questo quadro tra l’altro non risulta pervenuta la posizione della Fondazione Cassa Marca, che nella vicenda di Veneto Banca ha una parte rilevante.
Mentre la fusione di Banco popolare e Popolare di Milano non porterà sovrapposizioni territoriali e quindi poca influenza in termini di situazione occupazionale, un eventuale accorpamento futuro con questo nuovo soggetto anche di Veneto Banca e Popolare di Vicenza avrebbe invece una difficoltà di riorganizzazione sul territorio visto che le aree di influenza di queste ultime e del Banco sono le medesime; si potrebbero rendere necessarie razionalizzazioni pesantissime del numero degli sportelli. Occorre anche sottolineare che le aziende dei territori interessati potrebbero avere restrizioni creditizie date dal non avere più la possibilità di negoziazioni con vari istituti, ma bensì con un’unica entità.
Si sta anche verificando la rarefazione degli sportelli nei piccoli comuni, che crea problemi per la gestione delle Tesorerie Comunali. Infatti ormai sono sempre meno gli istituti che svolgono questo servizio e sempre più diventa onerosa per casse pubbliche questa partnership. La progressiva diffusione del home-banking porta a rendere non più sostenibile per molti istituti di credito il mantenimento di sportelli in piccole località; questo implica sicuramente disagi per gli strati più anziani della popolazione, che spesso non hanno accesso agli strumenti informatici. Per ovviare a questo ad esempio in trentino le Banche di Credito cooperativo utilizzano sportelli mobili, con presenza nei piccoli centri di una/due volte la settimana con orari limitati.
Apprendere poi che tra i più importanti debitori della Banca Popolare di Vicenza vi sia quell’Alfio Marchini che, candidato a sindaco di Roma, pretende di presentarsi come persona “fuori dai giochi politici”, emblema di civismo, ecc. indispettisce ulteriormente: ma con i soldi di CariVerona andiamo a finanziare, indirettamente, la campagna elettorale di un personaggio così?
Lorenzo Dalai