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Lettere

Fundraising, diamo concretezza ai progetti su Verona

Sono impegnata nel volontariato da anni, sono consulente per le associazioni non profit in rendicontazione, bilancio, fundraising e comunicazione sociale. Amo questo aspetto della mia vita e sono felice di quello che riesco a fare nei ritagli di tempo che mi lascia liberi il mio lavoro.

Sabato 13 febbraio anch’io ero ad ascoltare Giorgio Massignan, ex assessore all’Urbanistica del Comune di Verona, che ha presentato il progetto dell’Osservatorio VeronaPolis. Premesso che il mio intervento è legato all’aspetto sociale della città ideale, mi ha colpito, tra le tante cose dette, una delle ultime battute di Massignan: «Creiamo un gruppo di persone preparate nella Pubblica Amministrazione che sappia cercare fondi».

Cos’è il fundraising? Non è semplicemente una raccolta di denarro, è creare relazioni durature con i donatori, coinvolgerli e farli sentire parte del progetto. Traslando questa visione tipica del non profit alla città cosa otteniamo? Che servono persone preparate, professionisti, manager che sappiano come muoversi in questo ambito per intercettare, ad esempio, quei fondi europei che non utilizziamo.

A Verona abbiamo una ricchezza culturale incredibile, patrimoni immobiliari derivanti da lasciti testamentari, eredità culturali e storiche di immenso valore, come l’Arsenale asburgico, i forti austriaci, le caserme militari dismesse ed è scandaloso che non si possano usare fondi europei per il loro restauro restituendoli alla città per creare luoghi di cultura, musei, teatri, luoghi di co-working, co-housing, cittadelle artigianali e casa per le associazioni per diventare una volano di crescita per tutta la città.

Cultura, innovazione, ambiente, tecnologia sono ambiti nei quali molte città italiane si stanno muovendo con successo, qualche esempio?
Bari, l’ex caserma Rossani ripensata dai cittadini; Milano, l’area Porta Romana-Vettabbia diventerà un distretto smart city a emissioni zero; il Parco centrale di Prato non è ancora nato ma fa già parlare di sé in tutto il mondo; Madrid + Nature è il nuovo piano che trasforma la città in un paradiso verde; la Città di Torino, raccogliendo la sfida lanciata nel 2011 dalla Commissione Europea con l’iniziativa Smart Cities & Communities, si è candidata a divenire una “città intelligente”, una città che, nel rispetto dell’ambiente, deve essere capace di produrre alta tecnologia, ridurre i consumi energetici degli edifici, promuovere trasporti puliti e migliorare in generale la qualità della vita dei suoi abitanti all’insegna delle basse emissioni di anidride carbonica.

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Cito ora un amico, Ledo Prato, segretario generale di “Mecenate90” da anni impegnato ad aiutare Comuni e realtà locali nella crescita culturale:
«la pianificazione strategica diventa uno strumento di importanza straordinaria per accompagnare la crescita, lo sviluppo di una comunità resiliente. Esso può coniugare visione e partecipazione, stimolare la progettazione collettiva, valorizzare il capitale territoriale, contribuire alla crescita della reputazione di luoghi e città, ridare alla cultura il valore di un bene utile alla crescita comune. Ad una condizione: che sia considerato un mezzo e non un fine, come spesso è successo nel passato».

Secondo passaggio, servono persone nella Pubblica Amministrazione capaci di avere una visione strategica, ma qual è la mission della Pubblica Amministrazione di Verona? E quale eventualmente sono gli strumenti per attuarla? Se i futuri amministratori di Verona sapranno rispondere a queste domande avremo una città vivibile a misura di cittadino, altrimenti navigheremo in un mare oscuro e saremo sommersi come ora di progetti invivibili, inaccettabili e forieri solo di scandali.

Daniela Motti

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