Dopo aver letto l’intervista con Giorgio Massignan e gli interventi di Gianni Falcone e Daniela Motti, viene spontaneo accarezzare l’idea di una Verona rinnovata anche sotto il profilo della qualità di vita e delle relazioni. Negli ultimi decenni del Novecento, di pari passo con l’affermarsi di nuovi criteri abitativi – grandi condomini, quartieri dormitorio, sviluppo di ipermercati al posto dei negozi di quartiere – si è verificato un brusco declino dei rapporti di vicinato, molto comuni fino ad allora. Molte persone hanno iniziato a patire uno stato di solitudine, isolamento ed abbandono con il disagio di vivere in quartieri di periferia con pochi servizi, strutture sociali e verde pubblico; persone isolate e talvolta depresse all’interno dei loro appartamenti.
E’ tempo però che questo modo “malato” di vivere termini e si ritorni verso una cittadinanza partecipata in cui ogni cittadino è un soggetto attivo verso gli altri e non solo un elemento passivo verso le regole imposte. Dobbiamo quindi mettere in atto una rinnovata socialità e impegnare le nostre forze nell’azione di cura del territorio e delle persone che lo abitano, partendo da chi ha più bisogno: anziani, bambini, disabili, malati. Le politiche attuali ci stanno riportando di fatto quasi ad uno stato “pre-welfare”, ai tempi cioè in cui non esistevano azioni pubbliche a favore della famiglia e dei soggetti più deboli e tutta l’assistenza era a carico del nucleo familiare, spesso allargato. Le nostre famiglie mononucleari sono destinate a soccombere sotto questi fardelli se non riusciamo a recuperare un rapporto di fiducia con i nostri “prossimi” e a rimettere al centro la relazione.
Fare rete, sviluppare relazioni, prendersi cura. Questa è la scommessa vincente al giorno d’oggi. E se non sappiamo da dove cominciare, basta mettere il naso appena fuori casa e attingere alle buone pratiche che si sono sviluppate qui e là. Ad Albenga, per esempio, grazie ad un lascito testamentario si è potuto avviare un progetto di “orto sociale” che consentirà ad una ventina di ragazzi disabili di essere impegnati in un’attività importante sia per la loro riabilitazione che per una concreta possibilità di inserimento lavorativo dopo la scuola.
A Milano e Torino sono avviati già da tempo alcuni progetti di “badante di condominio”, un modello di assistenza condivisa a supporto di chi necessita di aiuto ma non ha la possibilità di pagarsi una badante personale. In tutta Italia si moltiplicano le esperienze di co-housing, in cui, oltre a ripartire le spese di mantenimento dell’abitazione fra più nuclei familiari, ci si aiuta l’un l’altro a gestire i bambini piccoli, gli anziani e chiunque ne abbia bisogno.
Se desideriamo che il futuro della nostra città – e perciò il nostro futuro – vada nella direzione di un benessere diffuso, anche se non correlato necessariamente alle ricchezze materiali, dobbiamo puntare sull’inclusione sociale di tutti i cittadini, prendendo per mano quelli che, per un motivo o per l’altro, stanno ai margini, accompagnandoli all’interno del gruppo. Sono sicura che questa non è un’utopia e che possiamo percorrere questa strada insieme. Ma del resto, “quali carovane si muoverebbero se non ci fossero utopie da raggiungere”?
Paola Lorenzetti
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daniela motti
11/02/2016 at 21:26
Paola il volontariato, civico o cattolico che sia, ha tirato fuori da situazioni di crisi il nostro paese, pensiamo a Firenze 1966, Friuli, Belice, Genova recentissima, la protezione civile si è formata dopo il 1966 e ora? c’è una società civile con tantissime persone che non credono più ne ai partiti e talvolta neanche più al volontariato (che ha strizzato l’occhiolino o alla politica o un po’ troppo alla Chiesa); a questo punto serve una rete da pesca molto ampia per catturare tutti gli insoddisfatti e portarli a reagire e a mostrarsi.
Dobbiamo tornare indietro per andare avanti, vivere meno da single, e guarda caso, mi hai fatto venire in mente Don Milani, il suo “I care” contro il fascista “me ne frego”.
Parli bene, tornare ad un stato di pre-welfare, quando ci si salvava da soli mettendosi insieme, famiglie allargate nel senso di vicinato.
speriamo che l’occasione delle prossime elezioni dia la stura all’insoddisfazione e che tanti creduloni non cadano nella rete finta dei politici di turno che prometteranno sicurezza, guadagni e tanti affari…
Paola Lorenzetti
12/02/2016 at 19:48
Ci sono tante cose da rifondare dalle origini e tante cose da cancellare. Sono tante però le persone che sentono che bisogna ripartire, fare qualcosa di meglio, che faccia respirare aria pulita. A volte bastano solo dei piccoli interruttori perchè chi è indeciso o non ha il coraggio di partire da solo si aggreghi. Fare le cose insieme è bello, me ne sto convincendo sempre di più quando mi trovo con gli amici che con me han dato vita a LunAmica e li sento sempre più propositivi, sempre più caricati e mi accorgo che anche se siamo in sei sembriamo tanti di più. La coesione moltiplica il coraggio e l’energia. Ed anche se non ci sono al governo i fascisti mi pare che il motto imperante sia comunque “Me ne frego”, fra tanti che hanno posizioni di potere. Ragion per cui, avanti col nostro Don Milani, il suo I CARE è l’arma che può penetrare l’indifferenza e la solitudine.