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Lettere

La dimensione sociale della Verona che vorrei

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La Fattoria didattica come la casa di Singapore, dove gli anziani producono cibo bio

Ho letto i due articoli di Giorgio Massignan e Gianni Falcone pubblicati recentemente da Verona In. Nell’articolo Veronapolis: un’idea di città che sa tanto di primavera, Massignan parla della Verona che vorrei (#veronachevorrei), denuncia la cementificazione selvaggia, lo spreco di soldi per opere mastodontiche che creano inquinamento ed espone con criterio e ragionevolezza principi che dovrebbero essere ben chiari a qualsiasi amministrazione locale attenta al futuro dei propri concittadini. Andando oltre la denuncia, l’intervista di Francesco Premi con Massignan parla soprattutto di riqualificazione ecologica, della cultura come patrimonio comune e ricchezza per la città.

Falcone, nel suo articolo Dopo di noi: serve un approccio diverso (#dopodinoi), tocca invece l’aspetto sociale, un tasto delicato perché riguarda la disabilità. Il pensiero corre immediato a chi quotidianamente convive con malattie croniche, ma anche alla vecchiaia con cui tutti dobbiamo fare i conti, ai problemi che genera e che vanno dalla difficoltà a muoversi alla solitudine, all’abbandono.

Ho collegato i due articoli e mi sono fatta una domanda: la nostra città è vivibile per tutti? La risposta è no. E cosa facciamo tutti noi per migliorarla? Perché sia chiaro, una città a misura di chi ha difficoltà è una città migliore per l’intera comunità e mi stupisco che una amministrazione non sia lungimirante in questo. Vogliamo davvero che i nostri anziani finiscano nei centri commerciali? O non sarebbe meglio mantenere i negozi di vicinato dove fare la spesa diventa anche l’occasione per scambiare qualche parola e conoscere situazioni che altrimenti rimarrebbero nascoste? O crediamo di risolvere tutto con un bel centro anziani dove parcheggiare i nostri “vecchi”? (e dico con affetto “vecchi”, non certo con disprezzo).

Sarebbe bello che queste due anime, quella dell’urbanista e quella sociale, si incontrassero perché dal loro incontro potrebbe nascere qualcosa di veramente buono per la città di Verona. Dobbiamo imparare a “fare rete”, a mettere insieme associazioni, privati cittadini, giovani, università per innestare in questa città un sistema di relazioni significative in grado di innalzarne il livello di civiltà. Mettere insieme giovani e anziani, studenti e disabili può essere il modo per risolvere parecchi problemi, oltre a consentire la conservazione di saperi e tradizioni che gli anziani nel loro isolamento non riescono a tramandare.

Una provocazione? La Fattoria didattica di San Michele, di cui ha recentemente parlato questo giornale nell’articolo di Vittorio Tonolli Giarol Grande abbandonata a se stessa. Il Comune cosa fa? non potrebbe essere il luogo ideale per mettere insieme giovani studenti e anziani? Facciamo co-housing, coltiviamo i giardini, gli orti e i frutti della terra diventino pane quotidiano per la sopravvivenza della fattoria. Utopia? Non credo proprio, leggete l’articolo Casa di riposo ma anche fattoria. Così gli anziani producono cibo bio , un’idea nata a Singapore.

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E non diciamo che mancano i soldi. Basta saper fare progettazione sociale e se la Pubblica Amministrazione non sa farlo, ci sono persone preparate che invece sono esperte in questo: Horizon 2020, l’Europa i fondi li mette noi mettiamoci le idee. Altro? Arsenale Asburgico, forti, e le centinaia di case, capannoni sfitti e abbandonati, potrebbero diventare spazi di co-working, una casa per le associazioni, uno spazio per artigiani e giovani imprenditori… Le idee non mancano, i fondi si trovano, sono le persone che dobbiamo convincere a crederci.

Io ci credo e voi?

Daniela Motti

Leggi
Sulla Verona che vorrei VeronaPolis chiede un confronto (Giorgio Massignan)
La Verona che vorrei, alcune idee per i primi 100 giorni (Luciano Butti)
Massignan come Lorenzetti disegna la città ideale (Enrico Bertelli)
VeronaPolis, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire (Mario Allegri)
VeronaPolis, un’idea di città che sa tanto di Primavera (Francesco Premi)
Le relazioni al centro, una scommessa da vincere (Paola Lorenzetti)
Bene Veronapolis, ma la città che vorrei io… (Gianni Falcone)
La Verona che vorrei, traslazione da sogno a realtà secondo Paolo Ricci  (Paolo Ricci)
Fundraising, diamo concretezza ai progetti su Verona (Daniela Motti)
La dimensione sociale della Verona che vorrei (Daniela Motti)
Veronapolis propone un nuovo modello di città (Giorgio Montolli)

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4 Comments

4 Comments

  1. Francesco Premi

    11/02/2016 at 09:04

    Sono idee che dovrebbero analizzate nello specifico dagli amministratori, e che varrebbe la pena iniziare a trasformare in proposte concrete, supportate da analisi di fattibilità e piani economico finanziari. Per fare rete, si potrebbe iniziare chiedendo al Comune di far aderire Verona a Eurocities. Non posso credere che la città non possa o non voglia far parte di uno dei più importanti networks tra le più importanti città europee, che funge da anello di congiunzione tra le politiche comunitarie e quelle locali. Facciamoci avanti, supportati da quei soggetti del terzo settore che vedono ancora nel dialogo tra città e tra livelli di governo un modo per elaborare e implementare strategie per il miglioramento della vita di tutti. Nantes in Francia è un esempio di come tutto questo possa funzionare, e bene. Sarà un caso che la sua sindaca sia presidente di Eurocities…

    • daniela motti

      11/02/2016 at 10:49

      Francesco concordo con te in pieno, abbiamo perso il treno di città europea della cultura, perdiamo i treni europei dei bandi, vedi Horizon 2020 dove un buon progetto costruito da persone competenti può portare fondi europei. L’Arsenale asburgico è europeo no? i fondi europei per la tutela ci sono basta volerlo fare.
      Recentemente a Torino c’era un evento, smart city (http://www.torinosmartcity.it/) e noi?
      A Verona c’è un cuore grande e una anima matrigna, il cuore grande è il volontariato o associazionismo in generale, lo cito separato perché ci sono molti cittadini che non appartengono ad alcuna associazione che farebbero o fanno volontariato saltuario, captiamo queste persone e mettiamole insieme ai volontari delle varie associazioni, abbiamo un Centro Servizi del Volontariato che può, facendo progettazione sociale, fare rete con la città, l’anima matrigna è la classe politica becera, ignorante ed egoista che sfrutta le paure dei cittadini per impedire alla nostra città di crescere. Noi come cittadini e Verona In come strumento di comunicazione possiamo provarci, ne parliamo sabato? E’ sempre un piacere parlare con te.

  2. Giorgio Massignan

    10/02/2016 at 11:11

    Non posso che apprezzare e condividere quanto scritto da Daniela Motti. La pianificazione di una città non è un problema tecnico, la tecnica serve solo a definire operativamente le scelte che derivano da oggettivi studi economici, sociali, culturali, naturalistici, etc…Ovviamente il motore di tutto è la volontà politica. Volontà che a Verona non esiste. Concordo che è necessario fare rete e aggregare tutte le energie che si muovono per un obiettivo chiaro e ben definito: progettare e realizzare una città dove tutti gli essere viventi, animali e vegetali, non siano considerati solo dei numeri.

    • daniela motti

      11/02/2016 at 10:39

      caro Giorgio, sai meglio di me che le parole chiave sono “strategia” e “strumenti”; la prima definisce dove vogliamo andare la seconda come ci andiamo.
      Lavoro su due fronti: il lavoro che mi fa campare e l’attività di volontaria che mi fa vivere; da un lato vedo come la strategia meramente di guadagno economico, senza riflessi sociali, sia sterile e dannosa; dall’altro lato seguo varie associazioni che operano in ambiti diversi – socio-sanitario, sociale, culturale – e la mancanza di una strategia attenta ai cittadini è evidente: non basta la buona volontà di uno o due assessorati, serve la strategia della classe politica locale nel suo insieme, ma qui dov’è? Non c’è, è latitante (purtroppo volutamente). Neanche il comune di provincia più sgangherato è condotto come il nostro e mi auguro (presuntuosamente) che tutti gli appassionati della vita e del desiderio di vedere rinascere Verona riescano nell’intento di dare la sveglia ad una città dormiente, forse anastetizzata anche dalle tante delusioni patite. Grazie per il tuo apprezzamento.

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