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Mobilità

Mobilità, quattro domande agli amministratori pubblici

Nella Verona di Flavio Tosi la mobilità non è soltanto mal gestita (sarebbe già qualcosa), è del tutto priva di qualsiasi gestione – degna di questo nome – da parte della Amministrazione comunale.

Propongo pertanto quattro semplici domande, cui sarebbe ora che qualcuno, in seno all’Amministrazione, rispondesse. E mi auguro risposte adeguate: non mi interessa far fare brutta figura agli Amministratori, mi interessa che Verona possa offrire una gestione della mobilità compatibile con la sua bellezza, la sua cultura antica, la sua fama nel mondo.

1. La prima domanda riguarda la nuova ‘filovia’. Ancora non è stato ufficialmente escluso che essa, in centro, possa venire alimentata a gasolio. Si tratterebbe di una scelta tecnicamente assurda ed antiquata. L’esatto contrario di quanto avviene in tutte le città del Nord. La perdita di un’ottima occasione per ridurre l’inquinamento in città. Almeno su questo, possiamo sperare in una notizia positiva?

2. Anche la seconda domanda riguarda la nuova ‘filovia’, e ciò è ben comprensibile: Verona la aspetta da molti anni. Secondo l’attuale progetto, una volta che la filovia sarà a regime, molti residenti dei quartieri periferici sperimenteranno un evidente peggioramento della propria condizione. Infatti, per raggiungere il centro, dovranno prendere due diversi mezzi: prima un bus fino al capolinea della filovia, e poi la stessa filovia. Quali iniziative sono in corso per correggere gli effetti negativi di questa evidente incongruenza?

3. La terza domanda riguarda, direttamente, la ZTL e l’accesso delle auto private in centro, ma – indirettamente – la mobilità veronese nel suo complesso. Tutti i più moderni studi dimostrano che il trasporto pubblico viene ‘scelto’ in massa dai cittadini solo quando è realmente competitivo rispetto alla mobilità privata. Quando, in altre parole, i bus non viaggiano incolonnati, insieme con le auto private. Per raggiungere questo obiettivo, occorrono diverse misure, la principale delle quali – peraltro – è rappresentata dalla riduzione drastica del numero di auto private circolanti in centro. Tale obiettivo può essere raggiunto non soltanto attraverso coercizioni e divieti, ma anche attraverso misure economiche, come la congestion charge già applicata con successo in tante città, tutte appartenenti a quel Nord moderno e dinamico cui i nostri Amministratori così spesso si richiamano. Questa misura non vieta alle auto private l’ingresso in centro, semplicemente lo fa pagare: i cittadini pertanto si organizzano e concentrano in poche occasioni l’utilizzazione della propria auto in centro. In alcune città, per entrare in centro con la propria auto bisogna aver acquistato l’abbonamento al mezzo pubblico. Si tratta di una misura win-win: riduce il numero di auto private circolanti, finanzia il trasporto pubblico, ne promuove la conoscenza e l’apprezzamento. Quando Verona inizierà ad adeguarsi – per la disincentivazione dell’auto privata – agli standard del Nord?

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4. L’ultima domanda riguarda il car sharing. Come era ampiamente prevedibile e come questo giornale aveva infatti previsto, l’attuale impostazione del servizio ne avrebbe comportato una utilizzazione fallimentare e di nicchia. Le auto elettriche sono inutilmente care, scoraggiano chi non le conosce e fanno salire il prezzo del servizio. L’area insufficiente dove è possibile la restituzione dell’auto condivisa ne scoraggia l’uso da parte di chi abita nelle periferie. L’ampia possibilità di accedere alla ZTL con la propria auto privata non incoraggia l’uso del car sharing. Possiamo sperare in un ripensamento?

Resterebbe da parlare del Traforo, ma non serve, perché il faraonico, devastante ed insostenibile progetto che il Comune ha tanto sponsorizzato non verrà realizzato. Quando anche l’Amministrazione comunale ne avrà finalmente preso atto, si potrà ragionare insieme su quali interventi viabilistici possano essere davvero utili per Verona.

Luciano Butti

Written By

Luciano si è sempre occupato, per lavoro, dei rapporti fra leggi, scienza e ambiente. Insegna diritto internazionale dell'ambiente all'Università di Padova. Recentemente, ha svolto un lungo periodo di ricerca presso l'Università di Cambridge, dove ha studiato i problemi che avremo nel disciplinare per legge le applicazioni dell'intelligenza artificiale (in particolare, le auto elettriche a guida autonoma). Ama la bicicletta, le attività all'aria aperta e la meditazione. luciano.butti1@gmail.com

1 Comment

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  1. Marco

    14/01/2016 at 14:25

    Di per sè il concetto di rete, ovvero l’uso di due mezzi con interscambio in pochi punti non è sbagliato, e avviene già: Porta Vescovo, Porta Nuova e l’ospedale sono già punti di interscambio, per raggiungere Avesa da S.Michele utilizzo già ora due mezzi.

    Riguardo alla filovia le domande da porsi sono altre.

    Ha senso sostituire un autobus con un altro autoubs, se si vuole potenziare la domanda di trasporto? La risposta è no. la filovia è un autobus alimentato elettricamente, ma ha la capacità di trasporto di un autobus normale. Se si sostituissero i mezzi attuali con quelli doppi sulle linee che ricalcano il percorso della filovia avremo già ora la stessa capacità della nuova infrastruttura a costi minori, un autosnodato a metano costa la metà di un filosnodato.

    La seconda domanda è se la richiesta di trasporto pubblico sia pari o inferiore alla capacità massima di trasporti gestibile con una linea d’autobus; perché se tale domanda è superiore, a quel punto, pena l’esplosione dei costi operativi e di gestione, e l’antieconomicità del sistema, l’unica soluzione volenti o nolenti non può che essere la tranvia. Qualcuno si è mai chiesto in quanto tempo i costi di costruzione di un impianto filoviario ex-novo siano ammortizzabili? O se lo siano? Perchè se il sistema sarà insufficiente per la domanda, avremo creato solo un macigno che condizionerà i prossimi decenni delle casse pubbliche e dissipato risorse pubbliche.

    La terza domanda è se sia compatibile usare i fondi governativi della legge 211 del 1992, che finanziava opere a guida vincolata, per costruire un mezzo che non lo è; la direzionalità del mezzo non è data da un vincolo metallico o immateriale che ne determina la traiettoria, ma dall’autista agendo sul volante. Persino il bifilare non è un vincolo, tant’è vero che nel centro cittadino non vi sarà.
    É curioso, che nel capitolato della gara d’appalto, la presenza di un sistema di guida vincolata non fosse un criterio necessario e vincolante per la partecipazione della gara.
    Come anche, che al momento della gara nel 2010, il mezzo scelto dalla cordata risultata poi vincitrice, e soluzione scelta, fosse assimilabile solamente alla guida assistita, ma che come tale guida assistita non avesse applicazione alcuna, e già dal 2007 fosse vietata dalle autorità olandesi la circolazione assistita, perché pericolosa e inaffidabile, e limitando l’assistenza ad un arresto di precisione con fermata a bersaglio: forse era un caso che la tecnologia Phileas di Apts era stata soprannominata Phiasco. Nel frattempo Apts è fallita, il mezzo sostitutivo è ancora sconosciuto e non esista al momento mezzo alcuno a guida vincolata immateriale.

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