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Editoriale

Informazione bene comune, ma solo quando mi serve

Probabilmente il politico è per definizione un manipolatore

Stampa-giornali

Non aumentano solo i lettori di Verona In. Aumentano anche le mail, le telefonate e le visite in redazione. Questi contatti chiedono al giornale di essere presente alle varie manifestazioni, difendere posti di lavoro, denunciare scempi ambientali, sostenere la cultura, moderare dibattiti, organizzare eventi.

Se all’inizio questa escalation di contatti era gratificante, perché dava la misura di quanto letto fosse il giornale, oggi le riflessioni da fare sono altre, e riguardano quanto questa città sia cosciente dell’importanza dei media nella formazione dell’opinione pubblica e quanto sia disposta a investire per avere mezzi di informazione super partes e vivere in una Verona meno faziosa e più democratica.

Partiamo dal presupposto che, nonostante vengano palesate grandi differenze di pensiero, Verona nel profondo rimane una città culturalmente omogenea, tanto che prelevando un qualsiasi campione di cittadini, con ruoli e responsabiltà diverse, è facile riscontrare elementi comuni e di omologazione.

Questo presupposto è importante ai fini del nostro ragionamento, perché ci permette di prendere in esame quei comportamenti resi evidenti dal particolare ruolo di alcune persone, per poi estendere le considerazioni al resto dei cittadini, meno esposti e quindi più anonimi. Prendiamo ad esempio i politici. Di questa categoria di persone, nel cui ambito al momento del voto si rispecchia la natura della città, è più facile esaminare il rapporto con il mondo dei media, viste le assidue frequentazioni.

Quale approccio hanno i politici con il mondo dei media? Senza sforzarci nelle analisi, possiamo andare direttamente alla conclusione e dire che non esistono politici a favore della libertà di stampa, del pluralismo dell’informazione e politici che concepiscono i giornali solo come strumento di autopromozione. Il politico è per definizione un manipolatore dell’informazione, perché il rapporto che instaura con i media è finalizzato ad accrescere il suo potere allo scopo, nella migliore delle ipotesi, di realizzare la sua idea politica.

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Ma nei comuni cittadini, nei gruppi civici, nelle associazioni, in quanti si rivolgono ai giornali, compreso il nostro, quale approccio prevale? Rispondendo alla prima delle due domande iniziali, la nostra esperienza ci dice che i cittadini diventano improvvisamente coscienti dell’importanza dei media in presenza di un interesse personale o di categoria. Ma questa consapevolezza, che nasce da fatti contingenti, è così viziata dal tornaconto da renderla non dissimile da quella del politico.

Questo atteggiamento è trasversale ai gruppi, e si spinge anche verso una deriva deprimente. Il riferimento è a quella parte di  lettori che ci rimprovera, non sempre a viso scoperto, di ospitare opinioni di persone non il linea con la loro visione del mondo, come se avessimo tradito le loro aspettative. Chiedere a queste persone di sostenere il giornale e la libertà di opinione sta diventando uno sforzo inutile, proprio perché nel loro atteggiamento sono evidenti aspettative più a tutela di interessi particolari, di piccolo condominio, che a difesa del pluralismo e del confronto su cui si regge questa esperienza editoriale.

Se la risposta alla seconda delle due domande iniziali – quanto cioè questa città sia disposta a investire per avere dei mezzi di informazione super partes – la si può trovare nelle righe di questo editoriale, non è detto che le cose non possano e non debbano cambiare. Quello che possiamo fare noi di Verona In, forse troppo coinvolti per suggerire da soli delle soluzioni, è renderci disponibili per presentare l’esperienza del nostro giornale a quei gruppi, associazioni ecc., che ne facciano richiesta.

Giorgio Montolli
320.4209663

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Written By

È diventato giornalista nel 1988 dopo aver lavorato come operatore in una comunità terapeutica del CeIS (Centro Italiano di Solidarietà). Corrispondente da Negrar del giornale l'Arena, nel 1984 viene assunto a Verona Fedele come redattore. Nel 1997, dopo un periodo di formazione in editoria elettronica alla Scuola grafica salesiana, inizia l'attività in proprio con uno Studio editoriale. Nel 2003 dà vita al giornale Verona In e nel 2017 al magazine Opera Arena Magazine (chiuso nel 2020). Dal 2008 conduce il corso "Come si fa un giornale" in alcuni istituti della Scuola media superiore di Verona. giorgio.montolli@inwind.it

4 Comments

4 Comments

  1. Marcello Toffalini

    08/12/2015 at 17:47

    Condivido quasi tutto. Ma partecipare all’informazione di Verona non significa necessariamente manipolarla, altrimenti non ci potrebbe essere un vero interesse culturale e personale a parteciparvi, a parte i potenti della città, i politici e i giornalisti più o meno inquadrati! Perché non si organizza sul tema una conferenza pubblica, invitando a discuterne quattro giornalisti delle principali testate di Verona, coordinati da Giorgio?
    Un video di mezz’ora potrebbe bastare, magari pubblicandolo su Radio Popolare o su uno dei Media tanto diffusi.

    • Redazione

      09/12/2015 at 16:04

      Forse, più che ad una conferenza è arrivato il momento di iniziare a pensare come occupare gli spazi lasciati liberi da chi, pur avendo mezzi, non ha le capacità per occuparsi di informazione a Verona. Dal mio punto di osservazione, Marcello, si vede il deserto.
      Come ho scritto nell’editoriale, sia io che Gianni Falcone siamo disponibili per raccontare l’esperienza di Verona In a quei gruppi che ne facciano richiesta. Penso infatti che per procedere sia importante una manifestazione di interesse da parte di chi ci legge. Ci serve per valutare con quale intensità continuare nel nostro sforzo e quale direzione prendere.

      Giorgio Montolli

  2. GiorgIo Chelidonio

    07/12/2015 at 17:51

    Disgraziatamente, l’analisi è più che centrata: la “veronesità maggioritaria” è culturalmente omogenea fra rappresentanti e rappresentati. Mio nonno, davanti a simili constatazioni, aggiungeva un poco rassicurante “esclusi i presenti”, mentre mia madre raccomandava di “stàr nel maciòn”, cioè aver cura di non esprimersi, di non manifestare opinioni difformi da quelle vigenti. Si tratta, a mio avviso, di una sindrome storica: una “città fortezza” che in 2100 anni (dal tempo delle prima mura urbane erette dai Romani nel primo secolo a.C.) non si è mai arresa combattendo (salvo forse l’assedio al tempo di Costantino, ma allora gli assediati erano la guarnigione romana avversa). E per farla completa, salvo forse la prima età comunale, sempre governata da “altri”. La stessa signoria scaligera ha limitato lo sviluppo del suo auto-governo ai primi 50-60 anni, per poi declinare in lotte fratricide. Ne consegue che la suddetta deprecabile omogeneità si fonda sull’arrangiarsi senza darlo a vedere. Esattamente come quella ormai vetusta barzelletta del veronese e del romano seduti di fronte nello stesso scompartimento di un treno (sede ricorrente delle barzellette anni ’50): il secondo illustra e magnifica la sua città, elencando “Noi a Roma ‘ciavèmo er Colosseo, ciavèmo la Fontana di Trevi, etc. etc
    E voi a Verona che ciavète? Laconicamente il veronese rispose “Noialtri a Verona …ciavèmo e tasèmo”. Un epitaffio disperante, ma chi non vi si riconosce deve far resistenza attiva, non fosse altro per rispetto della propria natura!

  3. gianni falcone

    20/11/2015 at 10:00

    Sì, la situazione è questa.
    In questi anni di collaborazione volontaria prima a Veronainblog.it e ora a Verona In la cosa che più mi ha colpito – spesso generando sconforto – è una specie di indolenza da parte proprio di chi avrebbe bisogno di alimentare la propria visibilità e far conoscere le cose meritorie che realizza.
    Ci siamo messi a disposizione di associazioni, movimenti, presenze culturali, assicurando la segnalazione delle loro attività e chiedendo in cambio che una o due volte all’anno (una o due volte!…) inviassero contenuti inerenti ai loro obiettivi e competenze, senza riferimento ad eventi specifici.
    Le realtà che hanno aderito si possono contare con le dita di una sola mano. E nemmeno tutte…

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