Oggi nell’opinione pubblica sta maturando la consapevolezza della necessità di tutelare la biodiversità dell’Hortus Europae, la sua cultura, la sua architettura agreste, il suo paesaggio
Il Monte Baldo con la sua mole possente si presenta nel panorama prealpino come la chiglia di una nave in procinto di fendere il mare della pianura, quasi che il golfo padano non fosse stato ancora colmato. Invece è li fermo, fiero, baldo appunto, prepotente spartiacque fra la grande fossa del Garda ed il solco dell’Adige. Preludio delle Alpi, e sentinella avanzata di queste. Massiccio di rifugio al tempo dell’ultima glaciazione, all’origine questa dei suoi numerosi endemismi sia della flora erbacea che della microfauna. Ricco di Natura, aperto come un libro che offre alla lettura, in ripido ascendere, il succedersi, specialmente sul versante gardesano, di ambienti naturali che da quello submediterraneo della riva del Garda giunge a quello della tundra alpina delle vette. E tutto ciò in un continuo susseguirsi di mirabili paesaggi.
Questo in estrema sintesi è il Baldo, palcoscenico aperto su panorami di ormai proverbiale bellezza, del Garda e della Valle dell’Adige, dall’Adamello agli Appennini e alla laguna di Venezia. Scrigno di Natura e di bellezza ha sedotto fin dal 1500 intellettuali come un erborista di Verona, lo speziale Francesco Calzolari, un antesignano degli studi geologici come Giovanni Arduino di Caprino, e Giovanni Pona, di Verona che nel 600 ci descrive il monte nel suo “Il paradiso dei fiori” e per finire, ai primi dell’800, Ciro Pollini attento osservatore della natura e dell’ambiente. Un po’ alla volta il Baldo viene ad interessare oltre a quelli italiani altri studiosi d’oltralpe, austriaci, tedeschi, inglesi fino a meritarsi l’appellativo di Hortus Europae.
Ma ora mentre la conoscenza scientifica del Baldo – flora, fauna, geologia, vicende del popolamento – è praticamente compiuta, altre iniziative vanno promosse e incoraggiate ad iniziare da quella irrinunciabile della conservazione. Conservazione è vocabolo generalmente associato al proposito di fermare l’evolversi delle dinamiche sociali ed economiche, o a pensieri e cose che sanno di stantio, di superato. Conservazione, quando si tratti invece di sistemi naturali, diviene ora simbolo di modernità e di consapevole necessità. E per quanto riguarda il Baldo si può con sicurezza affermare che quanto ancor oggi è presente di natura e di manifestazioni della presenza storica dell’uomo rappresentano un patrimonio, una cosa comune che debbono essere conservati.
Ma da pochi decenni sui beni del Baldo è in atto invece una crescente aggressione causata principalmente dal turismo, e alle strutture e infrastrutture che lo accompagnano. Alcune strutture realizzate al suo servizio sono tuttavia accettabili, come la funivia che collega le rive del Garda da Malcesine a Tratto Spino, alla quota di 1700 m, come la funivia che da Prada Alta a 1200 m raggiunge il rifugio Fiori del Baldo a 1800 m, come qualche modesto gancio di risalita per lo sci di discesa fra Novezzina e Novezza. Sopportabile, ormai, la strada già realizzata da Brentino Belluno al passo della Crocetta.
Insopportabile invece ma ormai realizzata, buona parte dell’urbanizzazione in Albarè di Ferrara di M. Baldo. Da bloccare invece senza esitazione
1) la funivia che si pensa di realizzare con progetto di programma fra Castelletto di Brenzone e Prada Alta, devastante naturalisticamente e paesaggisticamente, funzionale alla apertura dell’altopiano di Prada a tentativi di urbanizzazione, fermati qualche anno fa dal WWF di Verona con proprio ricorso al TAR Veneto.
2) Il tratto della esistente strada da S. Zeno di Montagna ad Assenza che si progetta di allargare.
3) L’ampliamento degli impianti di risalita nell’area Novezzina – Novezza
4) Il collegamento stradale Passo Crocetta – Ferrara di Monte Baldo
5) Ogni opera di collegamento stradale oltre Malga Zocchi in Comune di S. Zeno di Montagna
6) Il consumo di suolo privato a fini di edilizia residenziale
Cosa direbbe l’opinione pubblica europea se tutte le iniziative pregiudizievoli elencate a danno dell’Hortus Europae (ed altre in programma sul Baldo trentino, funivia della Polsa a Tratto Spino, chilometri di nuove piste da sci) venissero realizzate? Nei tempi andati, a partire dal 1974, il WWF di Verona, propose su 13.000 ettari del Monte Baldo l’istituzione di un Parco Naturale Regionale, respinto allora per l’ostilità preconcetta e immotivata dei residenti e l’incapacità degli amministratori locali di convincerli della bontà della proposta.
Ma nell’opinione pubblica si sta ora facendo strada la consapevolezza della opportunità/necessità di intervenire per fermare i descritti propositi dei privati e pubblici finanziatori e di incamminarsi invece sulla via della conservazione della mirabile biodiversità del Baldo, della sua cultura, della sua architettura agreste, del suo paesaggio. Questo percorso civile, sostenibile, sarà facilitato dal fatto, che una notevole parte dell’area baldense è di proprietà pubblica – 4000 ettari circa è l’area delle foreste demaniali regionali, 5000 ettari circa è quella dei Comuni – rappresentando così il 70% dell’estensione che dei vari progetti di Parco studiati dal WWF e da altri enti.
Ma la Regione Veneto è da tempo indisponibile a finanziare nuovi enti paco, ed il Baldo è ora indifeso Siano allora i cittadini dei Comuni del Baldo, i loro sindaci, gli istituti pubblici e privati di Verona a cogliere l’opportunità di governare questo territorio – nella sola posizione indicata nei vecchi progetti di parco – senza ricorrere alle norme che questo comporterebbe, ma solo facendo leva sull’orgoglio di tutelare questo loro grande bene comune. Da parte sua il WWF di Verona, assieme a molti altri istituti ed associazioni, per favorire l’avvio di questo progetto civile chiederà all’UNESCO, come mantello protettivo, l’attribuzione al Baldo della qualifica di Patrimonio dell’umanità.
Averardo Amadio
Presidente onorario WWF Veneto