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La Scuola non è l’antidoto alla disoccupazione intellettuale

Sel, Movimento 5 Stelle ed altri chiedono un decreto stralcio per l’assunzione dei 100 mila precari, staccando quindi l’assunzione dalla riforma della Scuola. Non so quanti lettori si accorgano che questa richiesta è vecchia, appartiene alla politica sindacale a partire dai primi anni ’70 del secolo scorso, quella politica che ha contribuito in maniera pesante alla rovina della nostra Scuola.

È la politica della riduzione della funzione del sindacato e di certi partiti a puro e squallido assistenzialismo, per il quale, per entrare negli organici della Scuola è bastato avere un po’ di pazienza. Per decenni si è fatto così: si entra prima nelle graduatorie di istituto, quindi in quelle provinciali. Non c’è bisogno di abilitazioni o concorsi. Prima o poi si sommano, di solito, 360 giorni di insegnamento (non è mai specificato bene in quale arco di tempo e se c’è stata continuità didattica), quindi si aspetta e arriverà – è sempre arrivata: a partire dalla Racchetti del 25 luglio 1966 n. 603 – una leggina ad hoc che ti immette in ruolo, magari per insegnare ad apprendere (e gli studenti hanno appreso?) una disciplina per la quale hai sostenuto anche solo un esame all’università.

Va bene così? Continuiamo ad assumere così?

Il principio che ha guidato questa malsana politica sindacale sostenuta da tanti governi di destra, di centro e di sinistra, è devastante: la Scuola risolve il problema della disoccupazione intellettuale, specialmente quella femminile.

Quando, nei miei vari convegni e seminari internazionali, raccontavo questi processi per le assunzioni nella Scuola, l’incredulità regnava sovrana, accompagnata da quei sorrisi (ricordate?) che accompagnavano per Merckel e Sarkosy la citazione di Berlusconi.

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Non c’è assolutamente nulla da sorridere e tanto meno da ridere.

Da piangere c’è, nel constatare che persone adulte e con importanti incarichi e funzioni, che della vita qualcosa si spera abbiano capito, continuano a pensare che sono altri i veri problemi e per la Scuola si può seguitare ad andare avanti come si è sempre andati.

Invece è proprio questa la più importante novità della riforma sostenuta dal governo: unire in un unico progetto una prima innovazione del sistema scuola con l’assunzione di un considerevole numero di docenti precari che hanno sostenuto almeno una verifica (superate le Sis, le Sos o, addirittura idoneità nei concorsi).

Diciamo così: un patto unico di solidarietà culturale che va sicuramente oltre le precedenti filosofie e interpretazioni della vicenda scolastica italiana.

Se ci fosse lo spazio mi piacerebbe elencarvi le leggine e le leggette che hanno fatto la forza (cioè gli iscritti, che però non sanno scioperare) dei sindacati della Scuola, ma hanno distrutto tanta parte della credibilità loro nei confronti del resto del mondo, quello che dalla Scuola si aspetta tutto … senza fare niente.

Francesco Butturini

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