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La scuola in sciopero: quali le proposte degli insegnanti?

Credo nella buona volontà di tanti docenti, ma proprio per il rispetto che si deve a questi lavoratori della scuola capisco poco i discorsi di Susanna Camusso

Sullo sciopero generale contro il DDL La Buona Scuola vorrei proporre alcune riflessioni, serenamente, partendo da una premessa che ritengo fondamentale: sono entrato nel mondo della scuola come insegnante nell’anno scolastico 1965/66, Italiano e Storia nel triennio delle Magistrali Carlo Montanari di Verona e vi ho insegnato per due anni.

Che scuola era? In espansione esponenziale, tanto che sono venuti a chiedere a un laureando se voleva una cattedra! Ordinata, serena, culturalmente vecchiotta ma solida; mancavano tante cose: la palestra, ad esempio; scarsi laboratori scientifici; discreta la biblioteca, poco frequentata. Quasi tutti i professori di ruolo e di una certa età. Si respirava un’aria buona: qui si può iniziare una professione importante. Anche per lo stipendio che era assai vicino a quello di un bancario! Dopo cos’è successo?

Nel giugno 1970 si formano i sindacarti scuola, sia confederali che autonomi (quanti SNAFRI si costituirono in quel giugno 1970?) e compiono il primo atto “indecente”: blocco degli scrutini, così che il ministro Riccardo Misasi propose di affidarli ad esperti esterni alla Scuola.

Questo modo di protestare (non è uno sciopero, perché in uno sciopero chi paga per primo è lo scioperante, non l’utente, e col blocco non si potevano fare trattenute sullo stipendio, calcolato sulle diciotto/ventiquattro ore, non sulle rimanenti di vario e fragile impiego: consigli, collegi, riunioni varie, passando dalle 220 iniziali alle 40 più 40) è continuato fino ai nostri giorni, declassando i sindacati scuola a corporazioni.

Sono però più gravi le altre conseguenze di un sindacalismo attento solo all’occupazione e non alla qualità dell’occupazione che, giustamente, come sindacato cercava, promuoveva e difendeva.

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Sono così venute fuori, complici un’infinità di governi di tutti i colori, leggi, leggine, leggette e dall’abilitazione obbligatoria per accedere ai concorsi si è arrivati alla pura e semplice contabilità di presenze in cattedra, fino all’incredibile: bastava aver superato un esame di lingua straniera in qualsiasi facoltà (anche Farmacia) per insegnare quella lingua straniera.

Il risultato: è quel luogo la scuola pubblica dove può mancare la carta igienica, possono cadere i soffitti, rompersi gli impianti di riscaldamento e far restare al freddo per settimane. .. dove si può cambiare docente ogni anno e avere docenti che non sanno la materia che dovrebbero insegnare. Ma dove trovi anche le eccellenze per cui la scuola pubblica del Veneto è alla pari per l’OCSE con quella del Nord Europa e supera quella di tanti land tedeschi.

Come referente ministeriale del Piano “Logos – Didattica della comunicazione didattica” ho ideato e diretto una trentina di seminari e visitato tutte le regioni del nostro Bel Paese, trovando cose stupende dovunque: da Vibo Valentia a Udine, da Bari a Firenze, da Roma a Torino, da Napoli ad Ancona, da Cagliari a Padova. E cose indicibili: con la stessa distribuzione geografica. Soprattutto quando mancavano da tempo i presidi o cambiavano uno ogni anno.

Si capisce, credo, che non mi piace una scuola affidata al caso o ad una vera e propria coniugazioni di irresponsabilità: governi e sindacati. Credo nella buona volontà di tantissimi docenti e dirigenti, e amministrativi, perché ne ho conosciuti tanti. Proprio per il rispetto che si deve a questi lavoratori della scuola capisco poco i discorsi di Susanna Camusso e compagnia e si capisce che della scuola hanno solo i loro ricordi personali di discenti.

Sono certamente d’accordo: il DDL, tuttora in costruzione e ricostruzione, ha mancanze e abbisogna di qualcosa in più di un ritocco. Lo stanno facendo in commissione e si farà poi nelle aule. Spero, fortemente, lo spero e lo auguro agli studenti del prossimo anno scolastico, che in cattedra si trovino docenti preparati che sono stati valutati da uno o più esami di abilitazione e di concorso e che desiderino essere valutati con rigore e competenza per il gusto di veder valorizzato il loro prezioso lavoro.

I dirigenti scolastici? Devono possedere più competenze e abilità manageriali, ma, soprattutto, avere alle spalle una solida carriera didattica appropriata e coerente con l’istituto che dirigono, per poter progettare. E per poter progettare dovranno pure avere la possibilità di formare gruppi di lavoro con le abilità e le competenze richieste dai progetti.

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Era giusto scioperare? E quali sono le proposte avanzate dagli scioperanti? O i media le hanno taciute o non ci sono. Allora: dove andrà la Scuola? A cosa è servito questo sciopero generale?

Francesco Butturini

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