La posizione attuale del dirigente scolastico (anomala e singolare nel contesto del MIUR, perché è l’unico dirigente che dispone direttamente di danaro, ma ha un contratto decisamente inferiore a quello che prevedrebbe questa funzione), nasce nella primavera del 1999 con la direttiva Berlinguer (attuazione del Decreto Legislativo 59/98) che trasformò i direttivi, quali erano i presidi e i direttori didattici, in dirigenti attraverso un corso di aggiornamento obbligatorio di 300 ore, di cui 150 in presenza: presidi e direttori didattici erano tutti in ruolo, anche da qualche decennio!
Temo che quei dirigenti oggi siano quasi tutti in pensione.
Scrivo temo, perché dopo non ci fu più nessun corso di aggiornamento così solido (non sempre e non per tutti guidato bene) ed utile. L’ultimo concorso, con tutte le contestazioni che ha comportato, fa vedere molte crepe nel complesso del corpo degli attuali dirigenti scolastici.
È una premessa necessaria per una riflessione sui nuovi compiti del dirigente scolastico come annunciati nell’art. 2 al comma 1 (è rafforzata la funzione del dirigente scolastico), comma 11 (i dirigenti scolastici scelgono il personale da assegnare ai posti dell’organico funzionale dell’autonomia), e tutto l’articolo 7.
L’iter delle decisioni del dirigente scolastico va però chiarito, perché non è identico il percorso previsto, ad esempio dall’articolo 11: sentito il consiglio di Istituto (significa obbligatorio sentire, ma non vincolante il parere che verrà espresso dal consiglio di istituto); o con una delibera come ci si aspetterebbe dall’art. 21 comma f 2 dove si parla di revisione dell’organizzazione delle scuole che favorisca la collaborazione tra gli organi di governo e tutte le sue componenti.
Va chiarito senza equivoci (come invece succede ed è successo in tutti i contratti della Scuola) che una delibera è obbligatoria e vincolante, un parere può esser obbligatorio, ma non vincolante.
Al punto f 7 dello stesso articolo si parla di revisione degli organi collegiali e pare di intendere ci si riferisca a quegli organi collegiali mai scomparsi, anche se del tutto in sonno (consigli provinciali e consigli distrettuali).
Non si parla della revisione del collegio dei docenti, che, invece, credo vada rivisto a fondo, sviluppando e rendendo obbligatoria la costituzione di un organismo derivato dal collegio, quello che in molte scuole già esiste e si chiama generalmente comitato didattico.
Riporto la mia esperienza perché ha avuto molti sviluppi e molto seguito sul territorio nazionale: dal 1990 in poi, progressivamente, il collegio ha delegato il comitato didattico su tutte le funzioni di ricerca, innovazione e sperimentazione, serbando solo la ratifica finale delle delibere del comitato.
Per questo, mentre il collegio si riunisce due volte all’anno: all’inizio e alla fine dell’anno scolastico, il comitato didattico si riunisce anche una volta al mese.
È formato dallo staff del dirigente che lo presiede e dai coordinatori dei dipartimenti disciplinari nominati dagli stessi dipartimenti.
È’ un organismo dinamico, rappresentativo, snello, assai efficace e, diversamente dal collegio, nel comitato didattico non “vince” chi urla di più o un prediletto, o uno showman o showman, ma la proposta maturata nei confronti, nella discussione, nella ricerca e nella elaborazione del progetto: nessuna improvvisazione; tutto avviene con i tempi lunghi della ricerca.
Il dirigente in questo comitato può svolgere con forza ed efficacia la funzione che gli viene attribuita di potenziare l’autonomia e l’innovazione nell’istituto che dirige. Senza comitato didattico, anche con questa riforma, il dirigente continuerà ad essere un burocrate senza grandi possibilità di ricerca innovativa didattica.
E l’autonomia sarà solo sulla carta
Francesco Butturini