«Mi è salita alle labbra la parola evanescenza, e la voglio pronunciare adesso, qui, sul finire di questo scritto, sul finire di questo libro. Evanescenza, la graduale perdita di consistenza visiva di qualcosa, che in Guccione è il mare. E’ il cielo. Perché evanescenza, nella sua etimologia latina, contiene il “vanus”, il senso del vuoto che ho più volte evocato davanti ai quadri ultimi. Evanescenza che è quanto si allontana da noi quando pensiamo alla riconoscibilità del vedere nel suo rapporto con la realtà. Un allontanarsi anche sonoro, perché la pittura entra compiutamente nella regione del silenzio, dell’immersione fonda, nel cosmo infinito».
Con questa riflessione Marco Goldin chiude l’ampia, completa monografia (edita da Linea d’Ombra, 252 pagine, 137 immagini a colori, 14 in b/n pagine) dedicata a Piero Guccione, raccogliendo tutti gli scritti di Goldin sul pittore, come grande accompagnamento alla mostra vicentina di Palazzo Chiericati aperta dal 14 marzo al 2 giugno: Storie della luna e del mare.
Sedici grandi tele dipinte fra il 1990 e il 2014, visioni d’azzurro infinito che solo la giornaliera consuetudine di Guccione di camminare lungo la spiaggia di Sampieri può far nascere in questo giovane ottantenne siciliano che nella sua sessantennale ricerca ha percorso tutte le strade della pittura europea e nordamericana del ventesimo secolo: da Dine a Hopper, da Afro a Olivieri, da Morlotti a Guttuso ai materici come un Burri cromaticamente rivisitato.
Undici presenze alla Biennale di Venezia (l’ultima nel 2011) e un centinaio di personali in tutte l più prestigiose gallerie pubbliche e private d’Italia, d’America e d’Europa fanno certamente di Guccione l’ultimo dei pittori italiani di fama internazionale.
Un pittore dall’apparenza facile, dalla sostanza densa, perché l’anima profonda della sua ricerca è, come scrive Goldin che lo segue dal 1989 ed ha curato quest’ultima esposizione, proprio l’evanescenza: un evanire delle cose nel respiro solenne della natura: del cielo, dell’immensità vuota del cielo stellato.
Le grandi tele esposte a Palazzo Chiericati sono finestre sull’immenso e non può non tornare alla memoria M’illumino d’immenso di Ungaretti, perché l’evanescenza di Guccione è un’illuminazione spirituale, lirica e mistica insieme.
Sa di antica Grecia. Sa dell’incanto di una contemplazione che solo i grandi lirici greci ci hanno saputo donare:
Le stelle intorno alla bella luna
di nuovo nascondono il luminoso aspetto,
quando piena di luce risplende
… su tutta la terra … argentea (Saffo)
Commento a Notte stellata (2010-12), esposto a Vicenza
E non è un caso sia così, perché il clima culturale siciliano è quello della Magna Grecia, lo si respira ovunque se si viaggia per le città, le borgate e le coste siciliane. Non solo nei monumenti: nell’aria, nell’atmosfera.
Per questo la pittura di Guccione, anche quella delle origini che è rappresentata solo nella monografia, è pittura profondamente, radicalmente e gioiosamente classica, della classicità possiede l’impeto glorioso e la forza comunicativa.
Francesco Butturini