Uno dei punti più significativi, a mio avviso, e per il quale, però, bisognerà attendere il decreto applicativo, riguarda l’autonomia delle istituzioni scolastiche e l’organico di autonomia: così come per ora è formulato il testo, nascono più incertezze e inquietudini che certezze, al di là della positività dell’enunciato generale.
Prima di tutto una domanda: è stato ricordato l’art. 21 della legge 59 del 15 marzo 1997 (ricordate? È la famosa Bassanini), quindi il DPR 8 marzo 1999 n. 275 (la carta costituzionale dell’autonomia delle istituzioni scolastiche), ma non viene ricordato il titolo V art. 117 della Costituzione, al punto dove così recita: salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche.
Perché? Non è una domanda da nulla.
Veniamo comunque al capo III “Organico, assunzione e assegnazione dei docenti” l’art. 6: ”Organico dell’autonomia per l’attuazione dei piani triennali dell’offerta formativa”.
La prima novità, rispetto al Piano dell’Offerta Formativa (P.O.F.) come determinato dall’art. 3 e 8 del dpr 275, è di durata triennale del P.O.F. e la sua determinazione su base regionale.
Cosa deriva da questa scelta. O meglio: cosa potrebbe derivare?
Lasciando perdere, ma non è cosa da poco, la macchinosità dei processi approvativi che iniziano ad ottobre e terminano a marzo ( per gli organici dell’anno scolastico successivo) che prevedono tre passaggi: regionale, nazionale, locale, credo che risulti evidente che stiamo parlando di un sistema per lo meno regionale e, quindi, non so quanto sia rispettata la Costituzione e relativa salvaguardia dell’autonomia delle singole istituzioni scolastiche.
Leggete con attenzione l’articolo 6 del DDL e credo risalterà chiaro che, in perfetto burocratese, viene descritto quanto già avviene e sono quindi salvaguardati i poteri decisionali non dei dirigenti, dei collegi docenti, dei consigli di istituto, ma quelli degli uffici territoriali (non dovevano essere soppressi?), quindi degli uffici scolastici regionali, infine la centralità del ministero.
Un’altra domanda: considerando la macchinosità burocratica per l’approvazione del P.O.F. delle singole istituzioni scolastiche, perché chiudere ogni tre anni e rinnovare ogni tre anni un processo di insegnamento – apprendimento che ha bisogno per lo meno di un quinquennio per valutarne la bontà e l’efficacia?
Chi come il sottoscritto ha avuto la fortuna come dirigente di usufruire dell’organico funzionale di istituto come determinato dal Decreto Ministeriale n. 105 del 2000 (lo trovate in Internet) sa come quell’organico era veramente il sistema efficace di attuazione dell’autonomia delle singole istituzioni scolastiche come dettava l’art. 21 della Bassanini e ha permesso (solo per tre anni – dal 1999 al 2001 – perché il primo atto del ministro Moratti fu quello di abolirlo) di intrecciare la realtà delle istituzioni scolastiche con il loro territorio, come del resto richiedeva il decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112 agli articoli 138 e 139 (lo trovate in Internet) e come è stato realizzato da tante realtà scolastiche che hanno sviluppato un’autonomia progettuale nuova che il Decreto Ministerile 20 agosto 2007 n. 139, ha concretizzato indicando i quattro assi fondamentali per la formazione e l’istruzione: Linguaggi, Matematico, Scientifico Tecnologico, Storico sociale con l’innalzamento dell’obbligo di istruzione da otto a dieci anni. Un primo passo concreto per l’attuazione della Strategia di Lisbona (argomento che potete leggere su questo magazine on line)
Tornerò su tutta la questione.
Intanto vi faccio notare che le disposizioni di legge che ho citato sono tutte frutto dei governi di centro-sinistra e quasi tutti del ministero Berlinguer: un caso?
Se lo ricordano questi legislatori?
Francesco Butturini
