I cambiamenti sociali si esprimono anche attraverso la tavola
Cibo e film sono stati da sempre un connubio immediato, carico di simboli e di rimandi sensoriali profondi. E ora che l’attenzione del mondo si sposta nella nostra penisola tramite l’Expo diamo un’occhiata al cinema di casa nostra e ai vari messaggi che transitano ancora nel nostro immaginario collettivo: la fame e il dopoguerra, la pasta che riempie la pancia, la pizza simbolo di vita, il vino delizia e croce. La dieta della nuova società e ancora la ricerca del cibo buono. Con tutte le emozioni che la nostra tavola offre.
E allora come non ricordare la scena mitica di don Felice Sciosciammocca in piedi sul tavolo davanti ad una stracolma zuppiera piena di veri conditi e appetitosi spaghetti? In una povera cucina tutta la famiglia si fionda sull’unica possibilità di cibo nel film Miseria e nobiltà di Mario Mattoli del 1954, un film che ricorda , nel gioco degli equivoci, un problema reale che accompagna la penisola da molto tempo:la fame.
Anche il cinema neorealista parla il linguaggio della difficile condizione sociale di un’Italia post bellica, di un’Italia costretta ad arrangiarsi per poter mangiare, come la grande Anna Magnani al grido “fame e pane!” nell’Onorevole Angelina di Luigi Zampa del ’47 , e il pranzo in una trattoria romana di lusso di Antonio con il suo bimbo Bruno che , davanti al suo piatto di pasta troppo popolare, continua a girarsi verso il tavolo del bambino ricco che mangia la carne in Ladri di biciclette di Vittorio De Sica del ’48.
Dal pane alla pasta è già un salto , negli anni ’50 si riparte, la battaglia è scegliere il cibo nostrano oppure la novità che viene dall’America: Alberto Sordi è Nando in Un americano a Roma di Stefano Vanzina (Steno), 1954, sul tavolo della cucina il piatto di maccaroni della mamma e lo yogurt, il latte le uova, la scelta è uno spasso!
Negli anni ’60 c’è il boom e cambia anche il modo di mangiare degli italiani, sono anni di grande dibattito culturale, per tutti 4 episodi del 1963 firmati Ro.Go.Pa.G. acronimo di Rossellini, Godard, Pasolini e Gregoretti, uno dei film tocca l’argomento in modo geniale e tutto simbolico, è La Ricotta di Pasolini: Stracci, preso dai morsi di una fame atavica, mangia tutti i resti dell’ultima cena, compresa una enorme ricotta, morirà in croce di troppo cibo.
Così come, in tutt’altro modo, si voteranno ad un laido suicidio per aver troppo ingerito, i protagonisti de La grande abbuffata di Marco Ferreri del 1973 : una tavola enorme con una carrellata di cibo infinita e lussuriosa, un cibo che non riempie ma svuota l’anima.
E con un salto nel tempo, diverso perchè diversa la condizione sociale, dalla ricerca del semplice pane all’abbondanza più folle, dal rifiuto del cibo vero e originario alla riscoperta di quello integro, dai morsi della fame all’ultima dieta del momento, Gianni, unico figlio ultracinquentenne vive ancora a casa con la sua mamma e si ritrova ad organizzare suo malgrado un Pranzo di Ferragosto, di Gianni Di Gregorio, 2008, per donna Valeria e le sue ardite e simpatiche amiche… Il pranzo sarà una vera scoperta.
Cristiana Albertini