Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista, mercoledì 4 marzo in sala Brunelleschi ha presentato e discusso del suo ultimo libro La truffa del debito pubblico, DeriveApprodi, Roma2014. Mi soffermo soltanto su di un aspetto, quello che a mio avviso costituisce l’originalità ed il punto di forza del libro, rimandando il resto alla sua auspicabile lettura.
Nella mia presentazione avevo scritto di un “colpevole” del nostro soverchiante debito pubblico, non citato da alcuna parte politica e dai media, neppure nell’ultima bella puntata di PresaDiretta in cui Riccardo Iacona ha approfondito l’argomento.
Questo colpevole è l’interesse pagato dallo Stato per saldare il debito pubblico e riportarlo sotto controllo. Un interesse che ad un certo momento della nostra storia diventa improvvisamente “da usura”. Un grafico, cartesiano anche nella sua chiarezza ed evidenza, costruito con dati tratti da fonti ufficiali richiamate in bibliografia, descrive la curva del rapporto debito/PIL che si sviluppa nel tempo. Alla fine degli anni ’70, dopo gli investimenti pubblici (o i costi in una logica liberista) per sostenere il miracolo economico e la costruzione dello stato sociale, cioè la pensione “minima”, l’introduzione della scuola media unica, lo statuto dei diritti dei lavoratori, la scala mobile, la riforma sanitaria, la riforma della psichiatria, solo per citare le tappe più significative, si arriva alla soglia del 60% del rapporto debito/PIL, il mitico tetto fissato oggi dal Fiscal Compact. Insomma, saremmo stati a posto, nonostante tutto questo.
Accade però che nei 10 anni successivi questo rapporto s’impenna e raggiunge il 120%. Cosa può essere mai successo per determinare un salto del genere? Il fatto, spiega Ferrero, che la Banca d’Italia improvvisamente decide di comportarsi come una banca privata, anticipando il ruolo oggi esercitato dalla Banca Centrale Europea (BCE). A differenza del passato, non compra tutti i titoli di Stato emessi dal Ministero del Tesoro ad un tasso di interesse vicino a quello dell’inflazione, ma soltanto parzialmente, a seconda della convenienza, come appunto una banca privata.
E allora cosa accade? Subentra la finanza privata che non compra i titoli di Stato se non ad un interesse molto più alto. Lo Stato per non fallire è costretto a pagare interessi da usura. Ce li ricordiamo i BOT che rendevano sopra il 10%? Briciole alle famiglie (10-15%), i cosiddetti BOT people, ma una montagna in mano alle istituzioni finanziarie (80-90%). Sono 1740 miliardi di interessi pagati dalla Stato Italiano dal 1980 al 2007, a fronte dei 6,5 miliardi utilizzati per garantire i famosi 80 euro. Un valore talmente alto di fronte al quale lo Stato sociale, ma anche il malaffare, lo spreco delle risorse, la cattiva amministrazione pubblica praticamente scompaiono tanto risultano asimmetriche le grandezze in campo. La politica economica sembra non contare nulla. Tutto diviene al di là del bene e del male, per dirla con Nietzsche.
Lo Stato per pagare questa usura spreme i cittadini a più non posso. Ma la voragine è talmente profonda che nessun sacrificio collettivo la potrà mai riempire. I numeri parlano da soli e ci lasciano attoniti, facendoci sentire inermi e sconfitti. La domanda “perché tutto questo” si pone spontaneamente e Ferrero espone la sua tesi politica di “una lotta di classe dall’alto”. Forse sul movente del colpevole si può storcere il naso, ma sulla dinamica dei fatti che hanno colpito la vittima c’è poco da dubitare. Il “corpo del reato”, “la prova” siamo noi.
Peccato che l’appuntamento in sala Brunelleschi sia stato percepito come una mera iniziativa di partito. Avrebbe invece meritato un ambiente universitario. Tra il pubblico prevalevano infatti gli affiliati, pochi gli esterni. I contenuti trattati sono stati effettivamente di ampio respiro e tecnicamente stringenti nell’argomentazione. Di certo si potevano non condividere, ma prima di obiettare era necessario pensare molto.
Paolo Ricci

Paolo Ricci, nato e residente a Verona, è un medico epidemiologo già direttore dell’Osservatorio Epidemiologico dell’Agenzia di Tutela della Salute delle province di Mantova e Cremona e già professore a contratto presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia in materie di sanità pubblica. Suo interesse particolare lo studio dei rischi ambientali per la salute negli ambienti di vita e di lavoro, con specifico riferimento alle patologie oncologiche, croniche ed agli eventi avversi della riproduzione. E’ autore/coautore di numerose pubblicazioni scientifiche anche su autorevoli riviste internazionali. Attualmente continua a collaborare con l’Istituto Superiore di Sanità per il Progetto pluriennale Sentieri che monitora lo stato di salute dei siti contaminati d’interesse nazionale (SIN) e, in qualità di consulente tecnico, con alcune Procure Generali della Repubblica in tema di amianto e tumori. corinna.paolo@gmail.com

ELIA FRIGO
13/03/2015 at 14:09
Queste stesse dinamiche sul debito degli stati sono riportate e spiegate sul kit sul debito pubblico del Centro Nuovo Modello di Sviluppo http://www.cnms.it
PAOLO RICCI
13/03/2015 at 20:54
Grazie del contributo alla discussione.
Paolo Ricci
MIRIA PERICOLOSI
09/03/2015 at 16:37
Carissime/i anch’io invito a leggere il libro dove, nelle prime pagine del capitolo “Come hanno fatto salire il debito alle stelle”, viene spiegata in modo ampio, dettagliato e chiaro (anche con un esempio) il meccanismo perverso degli interessi sul debito pubblico, meccanismo ancora in atto, colpevole dell’attuale stato delle cose. Ferrero, in accordo con Tsipras, propone una strada, “la terza via”, contro le politiche neoliberiste. Visto che l’argomento, grazie a Tsipras, è di attualità, ritengo sia bene venga approfondito dalle cittadine e dai cittadini. Cordialmente Miria