Appartiene alla storia dell’arte mondiale ed è famoso per le porte realizzate per il Duomo di Milano, in San Pietro e per la chiesa di San Fermo Maggiore a Verona
Con il contributo della Galleria Giorgio Ghelfi di Verona e la direzione del Museo Diocesano, sabato 21 febbraio è stata inaugurata nella chiesa superiore della basilica di San Fermo Maggiore la mostra Luciano Minguzzi, Sculture e Disegni che resterà aperta fino al 29 marzo: sedici bronzi (che vanno ad aggiungersi alle ventiquattro formelle della porta) e otto disegni preparatori, che permetteranno ai tanti appassionati della grande arte un confronto diretto fra i rilievi della porta della chiesa e questa rassegna di grandi e piccoli bronzi che promanano con naturale forza tutta la passione di vita che dagli inizi ha caratterizzato la ricerca plastica di Minguzzi, vicino per questo al suo primo e grande maestro, Arturo Martini, e al pressoché coetaneo Pericle Fazzini. Sintonie ed empatie non casuali o rapsodiche.
Luciano Minguzzi, morto il 30 maggio 2004, è scultore fortemente “didattico”, perché vuole raccontare per tutti, perché tutti capiscano la trama dei suoi bassorilievi, lo sviluppo delle sue figure a tutto tondo: uno scultore che rovescia la passione di vita, superando l’istinto, ma senza perderlo. Mesi e mesi sullo stesso pensiero, sulla stessa immagine, e poi farla uscire con la pienezza del risultato, senza che rimanga residuo di pensiero, di affettazione, di letterarietà: “la forza di Minguzzi sta nella sua didatticità. Al pari dei lapicidi… lo scultore bolognese nei suoi racconti in ferro e bronzo, vuol farsi capire da tutti perché sa dire cose che interessano tutti” (A. Paulucci).
Immerso nel mito con la naturalità dei fanciulli affascinati dalle storie, Minguzzi ha dato al nostro secolo tre capolavori che resteranno, a dispetto di certa critica asfittica ed accademica. Anche solo per queste tre porte Minguzzi appartiene alla storia dell’arte mondiale, se non per tutto il resto della sua attività artistica, per queste tre uniche, singolari, prestigiose realizzazioni: la Quinta porta del Duomo di Milano (inaugurata il 6 gennaio 1965, ma il primo bozzetto risale al 1951, in concorso con Lucio Fontana: un Fontana che pochi conoscono); la Porta del Bene e del Male in San Pietro a Roma (inaugurata il 6 settembre 1977, ma la commissione risale al 1971) e la Porta dei santi Fermo e Rustico per il san Fermo Maggiore di Verona (ultimata nel 1988 e installata nel 1997). E una quarta porta minore a Porto Cervo per la chiesa Stella Maris (1988-89).
Non conosco altri scultori nel mondo che possano vantare qualcosa di simile a questo strabiliante tris di porte bronzee che vanno a coronare una carriere strepitosa, iniziata nel 1934, a soli 23 anni (compiva a Verona l’obbligo di leva come bersagliere), con la prima presenza alla Biennale di Venezia e continuata con partecipazioni collettive e Personali in tutto il mondo e in tutte le sedi più ambite e prestigiose.
E i veronesi amano questo artista geniale ed eternamente adolescente. Lo amano perché Minguzzi amava Verona che conosceva e frequentava: lo trovavi a tutte le “Aide” dove si emozionava ogni sera; lo trovavi dalla Marisona nella libreria Catullo di via Roma, o da Giorgio Ghelfi in Piazza Erbe: il “suo” editore (una delle ultime uscite è un libro autobiografico di cui consiglio caldamente la lettura: Diritti e Rovesci), il gallerista che lo ha seguito dagli anni Sessanta del secolo scorso e che ha diviso con lui la gioia e la fatica di una ricerca senza confini.
La sua scultura violenta e sanguigna, popolare come è popolare la scultura di Donatello, come è popolare la pittura di Piero e di Masaccio, ha fatto e continua a fare scuola, perché affascina per la sua qualità forte che supera tutte le incertezze, tutte le discussioni su formale e informale, in quanto si propone per quello che è: una nuova, ineludibile realtà. Una presenza inequivocabilmente chiara di corpi che soffiano vitalità da ogni centimetro quadrato di bronzo.
Come per Martini e Fazzini, anche per Minguzzi la creazione è una grazia che costa fatica; ricca di dubbi, di attese: è importante che l’artista, il creatore, si faccia in disparte per lasciar nascere una nuova creatura, come mi disse Minguzzi in una mia intervista di quasi trent’anni fa: «Qualche volta, forse tante volte, le cose più belle mi sembra quasi siano venute fuori per generazione spontanea. Mi accorgo della loro completezza dopo che sono finite, anche tanto dopo».
Con questa sua visione dell’opera, allora, dobbiamo accostarci ai grandi bronzi della mostra in San Fermo Maggiore: Figura sul divano o a Due figure che sprigionano quella forza di nascita misteriosa. Così ai piccoli-grandi bronzi quali Acrobata cinese, del 1937, Uomo con gallo del 1951, Civetta in gabbia del 1952.
Disegni e bronzi che in san Fermo Maggiore stanno insieme con gli affreschi di Stefano da Zevio, di Pisanello e del frescante giottesco della lunetta della porta che sta sopra all’interno dei bronzi della porta di Minguzzi.
Anche per questo una mostra unica, perché sarà assai difficile pensare qualcosa di simile dietro la Quinta porta del duomo di Milano o dietro la Porta del Bene e del Male di san Pietro, così come per oltre un mese potremo ammirare i bronzi della porta bronzea di San Fermo Maggiore e nella chiesa i bronzi delle altre realizzazioni di Minguzzi.
Un contesto, quello della chiesa di san Fermo Maggiore, che esalta il valore materico, meglio scrivere “corporeo”, di queste creature che escono dal vuoto dello spazio e ti si parano davanti con una forza che ritroviamo solo nei grandi di ieri e di tutti i tempi.
Francesco Butturini
GIUSEPPE BRUGNOLI
23/02/2015 at 18:39
Ho apprezzato molto l’articolo di Butturini su Minguzzi. Vorrei aggiungere che io portai Minguzzi a San Fermo e insieme decidemmo che lui facesse la porta bronzea che l’allora sovrintendente alle belle arti, un avvocato che si dilettava di fare lo scultore, non voleva. Fece anche fare una analisi dendrocronologica per affermare che la vecchia porta in legno, essendo antica, non si poteva eliminare. Con Minguzzi condussi la battaglia per far approvare il progetto dal Comune, dalle Sovrintendenze e dallo Stato e per raccogliere la somma per pagarla. Ho a casa una delle formelle, in una prima edizione poi modificata da Minguzzi, regalo dell’autore per il mio impegno a realizzarla.
REDAZIONE
23/02/2015 at 18:54
Grazie Direttore per questa testimonianza. Le ricordo quelle dispute; la porta in bronzo è stata una conquista sofferta. Ma quanti anni sono passati? g.m.
FRANCESCO BUTTURINI
24/02/2015 at 00:28
anch’io ringrazio Giuseppe che speravo di incontrare sabato sera in san Fermo per la presentazione delle porte e delle 16 opere di Luciano.
so quanto Giuseppe ha fatto per la porta e ricordo bene i lunghi tempi e le dispute e le chiacchiere e le pantomime!