Martedì 27 gennaio, Giorno della memoria, in Biblioteca Civica è stato organizzato un incontro dedicato al poeta e testimone Paul Celan (Cernăuți, 23 novembre 1920 – Parigi, 20 aprile 1970). A presentare l’iniziativa di fronte a un folto pubblico è Lorenzo Gobbi, poeta, saggista, traduttore, leggono Daniela Bendinelli e Maddalena Cavalleri, al sassofono Marilinda Berto.
Lorenzo Gobbi ci introduce nella vita di Celan e, facendo trasparire subito una grande passione per il poeta, ci spiega che Celan è di origine rumena, figlio di ebrei, la madre è tedesca e lui sceglierà di scrivere le sue poesie in questa lingua. Dal 1942 al ’44 lavora in un campo di concentramento, questa esperienza segnerà inevitabilmente e profondamente la sua vita.
La poesia di Celan, spiega Gobbi, è una poesia difficile, criptica, non si deve arrivare ad una spiegazione completa del testo, ma prendere parte ad esso, facendolo entrare intimamente in noi, poiché ognuno può vedere se stesso in modo imprescindibile. E’ una parola viva che può dare frutto. La traduzione rimane perciò aperta, non esiste una verità oggettiva, bensì una relazione autentica.
Scorrono sullo schermo immagini della vita di Celan; dai campi di concentramento, alle città in cui è vissuto, in particolare Parigi diventerà la sua città, alle diverse compagne del poeta, tra le quali la grande poetessa Ingegorg Bachmann.
Daniela Bendinelli e Maddalena Cavalleri si alternano nella lettura di alcune poesie estremamente toccanti, affascinanti ed impegnative. Come Fuga della morte, straordinaria e terribile, incalzante ed angosciosa che racconta delle sofferenze e dei soprusi che subirono gli ebrei nei campi di sterminio, Corona dedicata alla Bachmann, bellissima anche Piccola notte. Mentre Marilinda Berto, nelle pause, ci fa ascoltare brani di intensa musica.
Gobbi racconta come Celan riesca a scrivere cose sanguinanti con straordinaria dolcezza. Ritmo e sonorità contraddistinguono infatti i suoi testi e conclude a tal proposito leggendoci qualche brano in lingua originale.
Betty Marchi


SILVANA
28/01/2015 at 11:16
Mia mamma è del 1924. Le ho chiesto se ricorda, se sapeva di treni carichi di persone deportate nei campi di concentramento. Mi ha raccontato che all’epoca abitava a Parona e assieme alle sorelle vedeva passare dei treni e dalle fessure fuoriuscivano delle manine. «Manine che si muovevano, si agitavano. Non ci siamo chieste ne perché ne per come».