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Cultura

I 10 comandamenti, quelli di una volta e quelli di adesso

Roberto Benigni

Roberto Benigni

Roberto Benigni

Di comandamenti, in particolare di quelli che iniziano con il “non”, la proibizione di fare qualcosa, è stata piena la mia infanzia. Da dove venivano tutti quei no? Non solo dal Decalogo interpretato dalla chiesa di allora, ma da tutti coloro che facevano parte della mia vita: la famiglia, le suore dell’asilo, il prete della parrocchia, il prete insegnante di religione a scuola ecc.. Era così e basta, solo divieti, niente su cui discutere, pensare, rielaborare.

Non so quanto religiosi fossero i miei genitori, ma la Messa alla domenica era obbligatoria, a meno che non si fosse ammalati, e gravi. Il resto era consuetudine, abitudine, seguire le tradizioni paesane, soprattutto per non mettersi in vista, non dare scandalo, non essere cioè chiacchierati. Erano i comandamenti del paese, più di quelli del decalogo, che erano importanti.

Da piccola ho sempre obbedito a tutto ciò che mi veniva comandato, c’era la paura dell’inferno, la vergogna di andare a confessarsi dal parroco che frequentava la casa, c’erano i rimproveri e le punizioni delle suore, all’asilo, al catechismo, ai vespri e ai rosari. La mia religiosità era fatta di timore e di aspettative di un mondo fiabesco. I comandamenti, come le preghiere, tante preghiere, venivano imparati a memoria e recitati come le poesie.

Negli anni della adolescenza qualcosa cambiò: a quell’età tutto viene messo in discussione, si cerca di capire, di farsi un’opinione propria, e si sprofonda nella confusione, nell’incertezza, nella solitudine. Arrivano, per fortuna, input dall’esterno, da qualche insegnante illuminato, da un libro letto per caso, da un incontro con una persona che appartiene ad un altro ambiente o cultura. Subentra il rifiuto, non solo dei comandamenti, ma della religione in toto, un rifiuto perciò disperato, che ti lascia vuoto come un guscio di noce e non ti conforta che qualche filosofo sembri essere d’accordo con te.

Da adulto ricominci a leggere, cercare, ascoltare, ascoltarti. Ti è stata tolta la sicurezza ed è difficile riconquistarla. Poi qualche luce si accende, ascolti le parole di Papa Giovanni XXIII, del Cardinale Martini, infine di Papa Francesco: Dio non è più un giudice inflessibile, è un Dio padre-madre, un Dio della tenerezza, dell’amore che tutto comprende e tutto perdona e ti sembra di intravvedere una terra piena di promesse.

Purtroppo cammini sempre su di un terreno instabile, a volte ti tornano alla mente le parole minacciose di un particolare sacerdote e ancora qualche brivido ti coglie. Sappiamo tutti che è un cammino lungo raggiungere una religiosità libera da paure, una fede adulta.

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Bona Fiori

2 Comments

2 Comments

  1. MARIACHIARA MENNUCCI

    21/12/2014 at 22:50

    Chiesa e Credo ( religione ) non sono sinonimi per la cultura Cristiana. La religione è il bacino culturale di un popolo: poggia sulle sue radici e si espande quanto ampio è il suo bagaglio di esperienza e di storia. La Chiesa è un’istituzione il cui compito, come allora cosi oggi, è quello di tradurre e portare al popolo i concetti della religione; ma come come agli albori così ancora in tempi moderni, è stata più che altro mediatrice tra ciò che viene definito “potere ” e il popolo. Dall ‘ evoluzione del linguaggio usato dalla chiesa nel tempo si deduce quale sia stato via via il tipo di popolo che l’ abitava: istruzione, pensiero politico, situazione economica, stato sociale della maggioranza dei cittadini. Finalmente possiamo gustarci le parole semplici, libere e profonde, ricche di verità e autenticità del nostro Papa odierno, e sorriderne con fierezza e commozione . Perchè è il riflesso di un popolo maggiormente istruito, piu curioso, più libero , più autonomo. Per la penisola italica, la cui storia ha gravato molto sul suo popolo e della quale ancora patiamo le cicatrici, sembra preannunciarsi un tempo nuovo mosso dal desiderio di riscatto e di rinascita, dalla volontà di ricostruirci partendo dalle giuste basi. Si dice che la memoria storica sia davvero breve; nelle menti forse si , ma di generazione in generazione qualcosa si sedimenta nei cuori. E se oggi possiamo emozionarci ascoltando le parole meravigliose e schiette di Roberto Benigni è perche siamo pronti a riceverle ossia siamo in grado di capirle, anzi io credo che siano gia dentro di noi e che sia meglio dire che ne sentiamo la risonanza interiore. La missione di queste persone e di tutti coloro che credono che il cambiamento di un popolo sia possibile solo qualora ci sia un profondo cambiamento interiore in ogni persona , o auspicabilmente nella maggior parte delle persone, è di smuovere queste risonanze affinchè non siano dimenticate e non restino sopite a lasciare spazio alle voci gia troppo note come la diffidenza, il timore dei cambiamenti, di ciò che è straniero e ciò che è diverso o ciò che è nuovo. E l’ augurio, in questi giorni di Avvento, è per una Chiesa sempre piu umana e una Religione sempre piu “cum-passione-vole”.

  2. MARCELLO TOFFALINI

    21/12/2014 at 12:52

    Grazie Bona, il tuo rifiuto di una religiosità formale e tremenda è stato vissuto da molti come una momentanea liberazione. Ma una fede gioiosa aperta e e misericordiosa ha qualcosa in più. Che bello però questo articolo! Buon Natale e buon anno nuovo
    Marcello

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