La tavola rotonda con Anelli, Poletti e Toso ha evidenziato la difficoltà nel trovare soluzioni a una crisi epocale
Il titolo della tavola rotonda di ieri sera al Palazzo della Gran Guardia di Verona, dove si è svolta l’inaugurazione del IV festival della Dottrina sociale, era Il tempo è superiore allo spazio, a sottolineare la necessità di un mondo meno spregiudicato nella conquista di luoghi da sacrificare sull’altare dell’economia e più attento alla qualità di quanto il pensiero può elaborare per definire nuovi orizzonti. Erano sul palco Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, il rettore dell’Università cattolica Franco Anelli e il ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
Ciascuno dei relatori ha cercato di suggerire rimedi contro una crisi che non crea solo povertà, ma anche instabilità culturale, sociale e politica lasciando spazio a conflitti e fondamentalismi che si profilano cupi all’orizzonte. C’era quindi una preoccupazione nel cercare ciascuno di dare una soluzione che però non è arrivata, se non in forma scontata, per le difficoltà di attingere a categorie di pensiero nuove, prese fuori dal sistema, come aveva invece suggerito di fare poco prima il Papa nel suo videomessaggio.
Così la relazione di mons. Toso, contro «l’individualismo libertario che mette a repentaglio lo stato di diritto» e contro «uno sviluppo sostenibile dove c’è spazio per eutanasia e aborto ma non per i poveri» è giunta al pubblico come espressione di un disagio per la mancanza di una rappresentanza dei cattolici in politica. «Dobbiamo riappropriarci della democrazia» ha detto Toso suscitando l’applauso della numerosa e non tanto giovane platea. E’ vero, il mondo è dominato da oligarchie economiche e localismi che hanno preso il sopravvento, ma la Chiesa cattolica, che possiede una Banca per la gestione delle opere religiose che si chiama IOR e che per voce di padre Raniero Cantalamessa considera allo stesso tempo il denaro come «sterco del diavolo», non è estranea – e forse è anche complice – di quanto sta accadendo.
Meglio ha detto il rettore dell’Università Cattolica Anelli, non tanto per aver disegnato scenari nuovi, che proprio per la presenza di oligarchie e lobbies ben consolidate pochi hanno il coraggio di tracciare pubblicamente. Ma per aver sottolineato che la creatività per costruire nuovi orizzonti deve passare da una cultura libera da vincoli economici. «Le università sono sempre più orientate verso la ricerca applicata» ha detto Anelli, «la decisione su cosa studiare viene di fatto determinata dai finanziatori, sacrificando la ricerca di base e quella umanistica: non è questo il modo per trovare le soluzioni ai problemi che abbiamo».
Il limite di Poletti è invece l’approccio aziendalista per la soluzione di problemi sociali. L’Italia che esce dalle sue parole è fatta di uomini e donne poco inclini a prendersi responsabilità, che vedono lo Stato come una mucca da mungere, abituati al posto fisso, a eccessive garanzie anche in termini di assistenza e cassa integrazione. Le ricette del Governo per il lavoro le conosciamo: ridimensionare l’articolo 18, passare dalla flessibilità selvaggia a un sistema a tutele crescenti, maggior coinvolgimento dei dipendenti nei processi produttivi (raramente si parla di quelli decisionali). Bello, ma in un sistema che tende a condividere assai poco e a concentrare sempre più la ricchezza nelle mani di pochi ciò che prospetta Poletti è in piena contraddizione con quanto dipinto a tinte fosche poco prima da Toso.
Due note conclusive. La prima: quasi assenti, durante la tavola rotonda, le citazioni delle dieci encicliche sociali della Chiesa pubblicate dal 1891, anno della Rerun Novarum di Leone XIII, al 2009, quando uscì la Caritas in Veritate di Benedetto XVI. Seconda nota: un Festival della Dottrina sociale non è completo e rischia di apparire esclusivo se non viene dato più spazio a esperienze popolari che partono dal basso. «Fatti e non parole», come ha simpaticamente sottolineato Francesco anche in questa occasione.
Giorgio Montolli