Le 12 domande rivolte del prof. Francesco Butturini agli studenti scesi in piazza venerdì 10 ottobre hanno dato il via a una serie di riflessioni sulla scuola giunte in redazione e che Verona In vi propone
Quando ero alle scuole superiori, si parla ormai di molti anni fa, un giorno feci sciopero con la mia classe (e tante altre) perché chiedevamo, in tutta Italia, degli interventi di ristrutturazione scolastica nelle nostre sedi, che erano già allora assolutamente carenti e cadenti. Il giorno dopo, di sorpresa, il nostro professore di italiano ci diede da svolgere un tema con questo titolo: Diem perdidi; così disse l’Imperatore Tito al termine di una giornata da lui considerata inoperosa. Scrivi le tue impressioni in merito allo sciopero di ieri. Naturalmente non può sfuggire a chi legge la “leggera” parzialità dell’argomento. Non mi ricordo bene come finì, ma già allora mi colpì molto il fatto che per degli studenti richiedere dei miglioramenti era considerata una cosa inutile e dannosa.
E’ lo stesso sentimento che provo ora, dopo molti anni che insegno e soprattutto dopo che i miei figli sono usciti dalle superiori: c’è il malcelato sentire sociale, da parte di alcuni, che gli studenti non siano in grado di capire i difetti della scuola e non possano chiederne il miglioramento. Credo invece che queste voci vadano ascoltate, perché esprimono il disagio profondo di chi capisce che un’istituzione educativa sta subendo profonde trasformazioni, non sempre positive, e si chiedono cosa questo comporterà per il loro futuro, già molto incerto.
Anche se non sono uno studente, vorrei rispondere ai quesiti del prof. Francesco Butturini pubblicati da Verona In. Premetto che il documento in questione l’ho letto con molta attenzione, più volte, per motivi personali e professionali. Innanzitutto, mi colpisce che in un testo di questa importanza manchino le basi pedagogiche, psicologiche e sociali per giustificare i mutamenti proposti. Si fa cenno a don Lorenzo Milani ed a Maria Montessori ma senza dire alcunché a riguardo. L’educazione è un’opera delicata ed esige l’esistenza di radici profonde. Che non ci sono. In secondo luogo, Buona Scuola è il nome di una legge di iniziativa popolare che giace in parlamento ormai da alcuni anni e che meriterebbe un’attenzione maggiore, in quanto è un documento di grande respiro culturale con proposte educative veramente valide. Dispiace che si sia tenuto il nome ma non il contenuto.
1. Non ho dubbi che molti studenti abbiano letto con attenzione il documento. Ho constatato stando molto coi giovani che spesso fanno le cose con più serietà degli adulti, si informano, discutono, ricercano anche in rete le soluzioni. Piuttosto, noi adulti siamo veramente convinti che cercare di adeguarci in tutto e per tutto ai dettami europei sia sempre una scelta giusta?
2. Una cosa è la conoscenza, una cosa la visibilità e la pubblicizzazione del messaggio. Ormai nessuno è più così ingenuo da non sapere che l’immagine ha una grande importanza. Ci sono politici che han fatto la campagna per le elezioni su FB, con selfie ed altre immagini accattivanti. Perché a loro non chiediamo di produrre meno immagini e di studiare di più? Perché sappiamo per certo che possono ugualmente essere persone competenti. La stessa cosa si può pensare dei nostri ragazzi.
3. Siamo sicuri che si decreterà finalmente la fine del precariato nelle scuole? Se i docenti non vengono mandati in pensione, come si troverà il posto ai precari?
4. La gran parte dei docenti precari ha già passato concorsi ed esami specifici ed ha abilitazioni ed attestati di corsi importanti. Non è necessario rifare tutto da capo, basta cominciare ad assumere quelli che hanno già in mano i requisiti richiesti e solo dopo aver esaurito le graduatorie ricominciare coi concorsi. Fra l’altro, forse chi legge non ha un’idea di quanti soldi abbiano speso gli insegnanti precari per partecipare a corsi ed acquisire le loro specializzazione. Pare sia un mercato molto fiorente.
5. I docenti non sono degli ignoranti che una volta entrati in ruolo non si aggiornano più. Abbiamo obbligatoriamente ogni anno nell’orario scolastico i corsi per la sicurezza ed il primo soccorso, fatti bene, non sciocchezze. Mediamente poi gli insegnanti seguono un corso all’anno, molti anche di più, fuori dall’orario scolastico. Diciamo chiaramente che una volta eravamo retribuiti per questi corsi (che molti altri lavoratori trovano organizzati durante l’orario di lavoro), ora non solo non siamo retribuiti ma spesso li dobbiamo pagare anche profumatamente.
6. Gli insegnanti non hanno aumenti di stipendio per anzianità. Sono conguagli legati all’aumento del costo della vita. Diamo ad ogni cosa il suo nome. Il nostro lavoro è basato sulla collegialità e sulla responsabilità comune del percorso educativo. I docenti che si prendono carichi di lavoro in più, quali le Funzioni Strumentali o i responsabili dell’Istituto, o gli addetti alla sicurezza, sono retribuiti per questo. Che cosa stabilisce il merito per gli insegnanti? Il numero di corsi di aggiornamento? La riuscita degli alunni? Vale di più un docente che segue due o tre corsi o quello che ha casi molto difficili in classe? A parole, siamo tutti favorevoli al merito, però non tutti i lavori sono facili da valutare. Se posso aggiungere un’altra osservazione, forse sarebbe giusto introdurre il merito anche per i dirigenti scolastici, che sono quelli che col loro lavoro decidono della qualità di tutto l’istituto.
7. Bene per l’arte, lo sport, la musica e tutto quanto può servire a formare la persona. Quando il ministro Moratti dimezzò la quantità delle ore dedicate a queste educazioni fu un gran brutto giorno. Sarebbe importante anche fare in modo che ogni studente potesse seguire, oltre alle materie uguali per tutti, dei corsi personalizzati, sulla base della ormai ultra comprovata teoria delle intelligenze multiple.
8. Certamente la scuola deve dare più competenze spendibili in ambito lavorativo, ma penso che sia comunque importante inquadrare tutto su un solido sfondo culturale.
9. La comunicazione digitale è importante, ma non fondamentale. I ragazzi stanno già ore a contatto con strumenti digitali fuori dalla scuola, la maggior parte di loro ha competenze già sviluppate; ho il dubbio che forse dovremmo insegnargli a non essere dipendenti da tutto questo.
10. Come si può non volere una scuola che includa tutti e non lasci andare nessuno,
11. e che sia veramente trasparente in ogni suo atto?
12. E’ possibile veramente partecipare ai processi di riforma in atto? L’impressione è che ci siano in gioco dei principi assolutamente irrinunciabili, che scoraggiano la comunicazione reciproca, come l’idea della libertà di insegnamento da una parte e dall’altra l’apertura a degli sponsor privati.
Per finire, prof. Butturini, cerchiamo di non considerare le proteste di questi giovani un Diem Perdidi qualsiasi. Se un ragazzo non ha voglia di andare a scuola un giorno penso che possa trovare altre scuse che la partecipazione ad uno sciopero proclamato per cause importanti. La vera bellezza della scuola sono davvero loro, le nostre speranze, la nostra mano verso il futuro. Studiano, ma nello stesso tempo si impegnano anche per qualcosa di collettivo, cosa che forse ultimamente va poco di moda. Io, come adulta, mi sento di ringraziarli e di chiedere loro scusa per tutte le carenze che devono subire.
Paola Lorenzetti
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12 domande agli studenti in piazza contro La Buona Scuola
La Buona Scuola e l’esperienza delle scuole popolari a Verona

MARISA VENTURI
15/10/2014 at 10:55
Ho letto con attenzione sia l’articolo del prof. Butturini che la risposta della prof.ssa Lorenzetti. L’unica cosa che chiedo all’editore e di integrare il testo sopra con le domande per consentire a chi legge un rapido scorrere del ragionamento. Grazie.
ANDREA BRUGNOLI
14/10/2014 at 13:01
Complimenti a Paola Lorenzetti: un intervento che dimostra come è possibile impostare un rapporto con gli studenti in cui sia assente qualsiasi imposizione paternalistica o autoritaria (tanto più inaccettabile quando la si nasconde sotto una veste “progressista”). E’ con questa reale capacità di dialogo, che prevede innanzitutto il rispetto e la considerazione delle potenzialità degli studenti e delle loro opinioni (anche se potrebbero non essere ancora in grado di esprimerle perfettamente: ma la scuola serve appunto a questo) che si costruisce un autentico e costruttivo rapporto educativo.
PAOLA LORENZETTI
14/10/2014 at 18:22
La ringrazio molto per le sue considerazioni positive. A differenza di molte altre persone ho avuto la fortuna fin da bambina di vivere in un ambiente teso alla valorizzazione dei giovani, e così è stato anche per miei figli, che nei loro percorsi scolastici (la più grande al Maffei) hanno incontrato persone meravigliose. Che dire? Vivere in mezzo ai giovani, alla loro vitalità e voglia di vivere e di fare è un’esperienza speciale, e ti porta ad apprezzarli ogni momento di più.
FRANCESCO BUTTURINI
12/10/2014 at 17:08
gent. prof.ssa Lorenzetti e caro Giorgio Montolli, perché non realizzare un confronto sul documento in questione? Credo, infatti, che valga la pena recuperare certi spazi, che hanno bisogno di tempo, di calma, di riflessione.
Rileggendo quanto scrive la prof.ssa Lorenzetti, infatti, avverto come sia sempre difficile capirsi fino in fondo. E lo scrivo pensando ai tanti anni trascorsi nella e con la Scuola, con i docenti e con gli studenti. Spesso si dicono le stesse cose, sicuri di dire cose differenti!
PAOLA LORENZETTI
14/10/2014 at 18:30
Gent. Preside, sono d’accordo con lei che l’argomento andrebbe approfondito, anche perché oltre alla contingenza del documento governativo, non si parla mai abbastanza di scuola, soprattutto in tempi come i nostri che richiedono uno sforzo in più a favore dei giovani. La conosco indirettamente da quando mia figlia frequentava il suo Liceo ed ho avuto occasione di apprezzare in più di un’occasione le sue scelte educative. Sono perciò sicura che alla fine la pensiamo allo stesso modo.