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Spettacoli

Anime nere, la mafia cambia pelle ma è sempre morte

Anime nere, di Francesco Munzi

MOSTRA DEL CINEMA – Un film inquietante, perché prefigura il tramonto della mafia come “quinto potere”, ormai pienamente assorbita e metabolizzata dalla impersonalità del Mercato

Anime nere di Francesco Munzi ha raccolto un’ovazione sia in occasione della proiezione che in sede di conferenza stampa. Evidentemente è parso che il film sia portatore di un elemento di originalità rispetto all’abbondante produzione cinematografica disponibile sul tema della mafia (latu senso), trattata sotto ogni profilo da autorevoli registi ed attori, tra cui proprio Al Pacino, ospite d’onore alla Mostra di quest’anno.

Ma è proprio vero? Soltanto in parte. Musiche e sceneggiatura sono state certamente superbe. Le immagini della Calabria scorrevano tra mare e montagne con luci e colori che rimandavano a suggestioni caravaggesche. Immediata la sincronia con i paesaggi dell’anima dei protagonisti: 3 fratelli che anche vivendo esperienze diverse avevano maturato differenti convinzioni sul loro stile di vita. Il primo, Luigi, interpretato da Marco Leonardi, rappresenta il mafioso tradizionale, rozzo e spregiudicato, trafficante internazionale di droga; Peppino Mazzotta, noto per essere l’ispettore Fazio di Montalbano, indossa i panni di Rocco, “l’intellettuale” della famiglia che, vivendo a Milano, ha capito quanto sia cambiato il mondo degli affari e come questo implichi anche un adeguamento della criminalità organizzata che ad esso necessariamente deve rapportarsi con un approccio rinnovato rispetto al passato; Mose ed Expò docent. infine Luciano, impersonato da Fabrizio Ferracane, il nostalgico di una dimensione mitica della ’ndragheta che probabilmente non è mai esistita.

Fin qui nulla di nuovo. Tre punti di vista che scandiscono passato e presente, modernità e stigmate ataviche che inevitabilmente si sovrappongono e si mescolano fino a determinare una situazione familiare di alta tensione, perché in realtà è proprio la famiglia il vero protagonista collettivo del film. La figura della donna, che da sempre ne è fedele custode, rimane scolpita nei ruoli di vestale o prefica, aldilà del bene e del male. Un timido dissenso della moglie lombarda viene immediatamente ripreso per la sua contraddittorietà, dal momento che nessun membro della famiglia mafiosa può non sentirsi coinvolto e quindi strutturalmente complice.

Ma come la famiglia istituzionale, anche quella mafiosa è entrata in crisi ed alla fine raggiunge l’acme esplosivo, imprevedibile nel suo epilogo finale. E qui in effetti sta l’originalità della storia. Il conflitto sanguinoso tra famiglie rivali che si contendono il governo di un territorio, in cui l’autorità dello Stato non sembra sia mai riuscita ad affermarsi e a trovare un proprio riconoscimento sociale, si snoda in una sequenza di vendette reciproche senza fine, sostenuta da una ineluttabilità che ricorda l’anànche della tragedia greca. Luciano, che prova rigetto di fronte alla spregiudicatezza senza limiti offerta dal nuovo corso ‘ndranghetista sceglie l’opzione estrema: quella di uccidere materialmente il “padre totemico” e spezzare così la catena di un prevedibile quanto ineluttabile destino.

Non è l’unico film sulla mafia di questa sessione della Mostra, ormai acclarato stigma del nostro Paese, ma certamente il più inquietante, perché prefigura il tramonto della mafia come “quinto potere”, ormai pienamente assorbita e metabolizzata dalla impersonalità del Mercato, quindi sussunta come “normalità”.

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Paolo Ricci

Written By

Paolo Ricci, nato e residente a Verona, è un medico epidemiologo già direttore dell’Osservatorio Epidemiologico dell’Agenzia di Tutela della Salute delle province di Mantova e Cremona e già professore a contratto presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia in materie di sanità pubblica. Suo interesse particolare lo studio dei rischi ambientali per la salute negli ambienti di vita e di lavoro, con specifico riferimento alle patologie oncologiche, croniche ed agli eventi avversi della riproduzione. E’ autore/coautore di numerose pubblicazioni scientifiche anche su autorevoli riviste internazionali. Attualmente continua a collaborare con l’Istituto Superiore di Sanità per il Progetto pluriennale Sentieri che monitora lo stato di salute dei siti contaminati d’interesse nazionale (SIN) e, in qualità di consulente tecnico, con alcune Procure Generali della Repubblica in tema di amianto e tumori. corinna.paolo@gmail.com

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