Alcune osservazioni aggiuntive sulla cosiddetta “mozione Zelger” approvata in questi giorni dal consiglio comunale di Verona. Molto infatti è stato già scritto, ma forse vale la pena spingere oltre la riflessione, cioè sul concetto cardine che la sostiene. Il Leviatano di Hobbes, il mostro che simbolicamente rappresenta il potere assoluto del monarca che regnò dalla seconda metà del ‘600 fino allo scoppio della Rivoluzione Francese, era stato concepito come dura necessità per porre fine alle guerre di religione che insanguinavano l’Europa trascinandola sull’orlo dell’autodistruzione. L’Assolutismo nasce quindi dall’esigenza di separare il potere statale dal potere religioso. A guardiano di questa separatezza, che appare essenziale per la stessa sopravvivenza della società, sta appunto la figura terribile del Leviatano. E’ la radice più profonda della laicità dello Stato su cui in epoca moderna Hegel fonderà la differenza tra moralità, che appartiene alla sfera privata – quindi anche alla legittima credenza in qualsiasi confessione religiosa – ed eticità che invece connota il cittadino di fronte allo Stato, nella misura in cui è destinatario di diritti e doveri uguali per tutti e che quindi inevitabilmente devono prescindere da ciò che configura la singola individualità. Solo una società così strutturata può consentire quella tolleranza civile verso la pluralità delle differenze che da una parte è rispettosa di ogni coscienza individuale perché non richiede di uniformarsi ad una uguale tavola di valori, ma dall’altra ne limita l’azione prevaricatrice quando questa stessa coscienza, in nome di una sedicente superiorità, vuole sostituirsi a quelle altrui, imponendo comportamenti sociali omologanti per tutti. Questa è la primigenia sorgente dell’odio e della violenza, come tutti i regimi ancora teocratici – contro cui magari paradossalmente irridono gli stessi firmatari della mozione in questione – sistematicamente dimostrano anche nella tragicità della cronaca quotidiana. Questo accade ineluttabilmente quando la moralità vuole prevalere sull’eticità o viceversa.
Ma dove crede di poter trarre fondamento la legittimazione della violenza prodotta da questa posizione di pensiero? Proprio dal concetto di “naturale”, nell’assunto aprioristico che un comportamento umano possa essere originario, cioè appunto connaturato alla specie, e che questo sia necessariamente “buono di per sé”. Come insegna l’antropologia, l’uomo non possiede l’istinto, cioè quella forza cieca che ne determina la direzione di vita, e quindi, per sopperire a questa carenza, è stato costretto ad adottare la categoria del senso, un senso da conferire alla propria vita, in antitesi al ferreo destino biologico delle altre specie. Ma per accedere al senso si è resa necessaria la Cultura che lo ha emancipato progressivamente dalla Natura, fino all’eccesso, al punto tale da ridurla a mero serbatoio di risorse a propria disposizione.
Questa è la storia dell’Occidente, nel bene e nel male. Risibile è quindi il riferimento alla Natura come valore sacro e inviolabile da parte di chi ne ha abusato a piene mani, rischiando di mettere a repentaglio la vita del Pianeta e quindi quella dell’uomo stesso. Ne deriva che la cosiddetta “famiglia naturale” è soltanto una chimera, perché non è mai esistita. Tutto è cultura e tutto è quindi storicamente determinato, aperto alle trasformazioni che la responsabilità degli uomini tutti intende imprimere.
La ricca bibliografia riportata nei 3 manuali sub iudice che illustrano il pregevole progetto “Educare alla diversità a scuola” – realizzato dall’Istituto Beck su incarico dello stesso Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale (UNAR), e fatto proprio dal Dipartimento ministeriale delle Pari Opportunità – da una parte supporta questo punto di vista, dall’altra documenta come non esista alcuna evidenza scientifica di una superiorità performativa della famiglia etero-sessuale rispetto a quella omo-sessuale in termini di moralità, eticità, educazione pedagogica, nonché di benessere verso sé stessi, verso il partner o la prole eventuale.
Se così è, come le scienze sociali e biologiche sostengono a grande maggioranza, sostituire tout court la Cultura con la Natura significa elevare l’ignoranza a pratica di vita, sottrarre all’inconscio delle pulsioni ogni controllo da parte della razionalità, ottenere il consenso politico non con la forza delle argomentazioni, ma con le sollecitazioni viscerali, la cosiddetta “pancia della gente”, che non apre mai a relazioni umane appaganti, ma sempre sospinge verso la distruzione di sé e degli altri. Basta guardare alla storia, passata e presente, piccola e grande, per rendersene ampiamente conto.

Paolo Ricci, nato e residente a Verona, è un medico epidemiologo già direttore dell’Osservatorio Epidemiologico dell’Agenzia di Tutela della Salute delle province di Mantova e Cremona e già professore a contratto presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia in materie di sanità pubblica. Suo interesse particolare lo studio dei rischi ambientali per la salute negli ambienti di vita e di lavoro, con specifico riferimento alle patologie oncologiche, croniche ed agli eventi avversi della riproduzione. E’ autore/coautore di numerose pubblicazioni scientifiche anche su autorevoli riviste internazionali. Attualmente continua a collaborare con l’Istituto Superiore di Sanità per il Progetto pluriennale Sentieri che monitora lo stato di salute dei siti contaminati d’interesse nazionale (SIN) e, in qualità di consulente tecnico, con alcune Procure Generali della Repubblica in tema di amianto e tumori. corinna.paolo@gmail.com

FRANCESCO PREMI
01/08/2014 at 17:55
Uno degli itinerari tematici previsti dai curatori delle esposizioni al British Museum di Londra è dedicata all’identità di genere e all’omosessualità nella storia delle civiltà: http://www.britishmuseum.org/explore/themes/same-sex_desire_and_gender.aspx
Prende ispirazione da un percorso culturale promosso dal sito Untold London, che si occupa di raccontare le storie nascoste che hanno fatto di Londra la città cosmopolita e multiculturale che è oggi: omosessuali, immigrati, ebrei… Sarebbe interessante che i Consiglieri la visitassero. Non perchè ci si illuda che possano cambiare idea, ma per far loro vedere qualcosa di diverso. Semprechè non ne abbiano il terrore.
GIORGIO CHELIDONIO
31/07/2014 at 15:02
Nonostante mi sia già capitato di trovarlo come affermazione su un libro di storia per le Scuole Medie (fine anni ’90 circa. in cui si attribuiva l’invenzione della famiglia alle Australopicine!) non mi risultano, ad oggi, “origini naturali della famiglia” attestate né archeologicamente né, credo, paleo-geneticamente.
Recentemente pare che siano state accertate connessioni fra “l’amore materno” e un gene che regola l’ossitocina, un neurotrasmettitore detto anche “l’ormone dell’amore”, prodotto dagli organismi mammiferi. Ma anche questa naturale componente che accresce il legame madre-neonato trova, ahinoi, tragiche eccezioni nei piccoli abbandonati in condizioni a dir poco disumane. Tutto il resto è ” cul,tura” nel senso adattativo a società e ambienti specifici, come del resto la/e religione/i che in modi anche molto diversi, pretendono di regolare quella modalità infragenerazionale (e perciò evolutiva) detta “famiglia.