Non sempre, nel nostro mondo globalizzato, il sapere è associato alla ricchezza, ma quasi sempre l’ignoranza si tira prima o poi dietro la povertà
Eravamo nel 1993, dopo che il sistema aveva subito una grossa crisi e i partiti della prima repubblica erano stati spazzati via. Il malaffare emerso dalle indagini giudiziarie dava la nausea agli italiani, che erano convinti della necessità di un cambiamento. Nuovi attori si affacciarono allora sulla scena politica, parlando un linguaggio semplice e immediato, simile a quello della gente comune. Per sintetizzare efficacemente i tre populismi della seconda repubblica, uno diceva “pane al pane e negro al negro”, l’altro “pane al pane e ladro al ladro”, il terzo (che di solito gode) urlava “comunista-comunista”.
Negli ultimi vent’anni questa rivoluzione popolare ha dato molti frutti, creando un clima politico culturale difficile da replicare. Giusto per non dimenticare citiamo la mortadella tagliata al senato, i peti simulati con la bocca come risposta ai giornalisti, il maiale portato sul terreno destinato alle moschee, le magliette satiriche sui musulmani, l’accostamento all’orango per la ministra di colore, l’espressione kapò o Krapò riferita al deputato europeo, il föra dai bal per i migranti, le battute sessiste sulle donne, la Merkel chiamata culona, il dito medio esibito a destra e a manca, l’appellativo bingo-bongo ai migranti di colore e molte altre delizie.
Insomma, l’Italiano si è liberato dalla grigia retorica della prima repubblica e ha trovato un nuovo linguaggio politico-instituzionale, mutuato dal gergo delle osterie. Che c’è di male, dice qualcuno, se la politica parla in maniera più simile a come parla la gente comune? Nulla, solo che mediamente i paesi più prosperi del nostro, pur avendo anche loro i propri “fini dicitori”, di solito evitano di lasciare le istituzioni in mano a gente così raffinata.
Questi nostri nuovi politici sfruttarono un deficit culturale che negli anni, a seguito di un loro pervicace attacco alla cultura e alla pubblica istruzione, si è drammaticamente acuito. Sarà una coincidenza che il paese, contestualmente a questa rivoluzione linguistica e culturale, si è impoverito più di altri paesi europei? Sarà un dato casuale che, secondo uno studio del linguista Tullio De Mauro, complessivamente il 76% degli italiani ha notevoli «difficoltà a comprendere concetti scritti e rielaborarli in forma autonoma?». E ancora, riguardo all’immigrazione e all’integrazione, sarà una coincidenza che il livello di conoscenza della religione cattolica e delle altre principale religioni è in media molto superficiale e inesatto, come testimoniato dallo storico Alberto Melloni?
Non sempre, nel nostro mondo globalizzato, il sapere è associato alla ricchezza, ma quasi sempre l’ignoranza si tira prima o poi dietro la povertà. Come si può pensare di competere nel mondo con un’opinione pubblica incapace di ragionare e avezza ai più volgari canoni espressivi? In tutte le maggiori democrazie liberali, nei parlamenti si parla e si discute, non ci si dimena continuamente come allo stadio, né si utilizzano gestacci e sberleffi come mezzo comunicativo privilegiato. Di contro, in molte democrazie sudamericane ed est-europee, atteggiamenti come questi si vedono da tempo, così come è comune il periodico emergere di nuovi tribuni che annunciano una radicale riforma del sistema e finiscono per essere peggio del peggio del passato. È lì che stiamo andando, culturalmente e anche economicamente: non ha senso l’argomento evocato da molti che fa «ma peggio di così è impossibile», perché c’è tre quarti del mondo che sta peggio di noi e i gradini da scendere sono ancora molti e molto dolorosi da percorrere.
Fa parecchio cool al momento, soprattutto tra i giovani italiani, mostrarsi cinici e inclini a questa pulsione rivoluzionaria che fa uso dello sberleffo e del vaffa. Come se non li avessimo esplorati abbastanza in questi anni, gli effetti degli sberleffi. Eppure sono diventati quasi un culto, un mezzo di liberazione. Ebbene, si continui pure su questa strada, percorrendo a ritroso la strada della civiltà democratica, ma almeno si diventi consapevoli del fatto che per ogni sparata politica cui seguono risate grasse da bar, il paese si impoverisce, e non solo dal punto di vista culturale. Ogni gestaccio, ogni insulto, per quanto facciano ridere e per quanto diano voce all’indignazione, sono un colpo duro contro la nostra capacità di riprenderci anche economicamente.
L’indignazione non giustifica la perdita della razionalità, o quantomeno all’economia mondiale non importa un fico secco dell’indignazione degli italiani: se sbagli, ti impoversici. E non c’è appello. Lo ricordino coloro che credono di avere scoperto la novità del secolo: non c’è proprio niente di nuovo e di valido in questi “nuovi” e beceri modi, e chi li ha provati nel resto del mondo ha pagato per il “servizio” prezzi molto elevati.
Marco Milani

Davide ferrari
25/05/2014 at 02:13
Ditelo ad Imposimato che non è acculturato
http://youtu.be/SEJ5Gi1ItQU
Marco Milani
26/05/2014 at 20:29
Gentile Davide,
Io non ho dato la colpa di quello che è successo in Italia negli ultimi 20 anni al movimento di Grillo, rifletto solo su una costante culturale che secondo me continua nel movimento di Grillo: semplificare troppo i problemi e comunicare con un lessico da osteria. Queste cose le hanno già fatte la lega, Berlusconi e altri movimenti in giro per il mondo che non hanno certo migliorato i loro paesi… su questo verteva la mia critica. Può darsi che mi sbagli e che Grillo sia davvero qualcosa di nuovo, ma lo ritengo, sinceramente e purtroppo, poco probabile. Quanto alla cultura, essa esige delle forme che portano al rispetto degli interlocutori, altrimenti arriviamo al paradosso di una cultura che strozza il dialogo… e il vaffa non mi pare un buon preliminare in questo senso… Marco Milani
Davide ferrari
25/05/2014 at 02:11
Davide ferrari
25/05/2014 at 01:52
L’unica cosa che non capisco è il perchè la vignetta riporta solo satira in evidenza nei confronti del M5S . Non è che si voglia forse dar la colpa al M5S per la situazione in cui si trova l’Italia? Non è che il M5S dà fastidio anche a lei? Se fosse come lei scrive avrebbe dovuto cambiare vignetta perché le ricordo che il M5S è nato nel 2009, è entrato a far parte della scena politica solo nel 2013 quindi dal 1993 al 2013 chi ha governato in Italia ? Da quello che scrive lei dei caproni senza cultura, o la colpa è stata del ” MOVIMENTO CINQUE STALLE” come scrive lei? Mi sembra che di cultura ne abbia più bisogno lei che non il M5S, scrivere un articolo per screditare il M5S mettendo in risalto la situazione economica dell’Italia creatasi negli ultimi vent’anni e voler dar la colpa al M5S cercando di non farlo votare perché siamo solo capaci di insultare ed usare parole non consone alla politica ,e quindi come dice lei non acculturati, laverà ” CULTURA” qui non c’entra proprio nulla.
Redazione
25/05/2014 at 07:51
Le scelte del titolo e della vignetta sono della redazione. A noi sembrano azzeccate, in quanto il titolo rimanda a un atteggiamento tipico di Bossi, mentre la vignetta fa espresso riferimento a Grillo ed entrambi i personaggi sono pertinenti al ragionamento di Marco Milani. Giorgio Montolli.
zanin roberta
22/05/2014 at 23:29
L’articolo è molto interessante. Concordo che l’impoverimento della cultura si porta dietro presto o tardi anche l’ impoverimento economico. Penso, ad es., ai nostri beni ambientali, artistici dei quali non se ne comprende il valore perchè ci è sconosciuta la storia e le storie che li hanno voluti e realizzati. Penso aila cultura contadina costruita su secolari esperienze di uomini e famiglie che per sopravvivere hanno dovuto imparare dalla natura stessa come difendere i loro territori, spesso ostili. E poi, l’ignoranza genera come tu hai detto, paura dell’altro perchè non avendo sufficiente conoscenza delle cose in cui crediano non possiamo dialogare, non possiamo confrontarci.. Questo vale per la cultura , le leggi, la religione.
Marco Milani
22/05/2014 at 19:47
Ringrazio molto Francesco e Giovanbattista. Ringrazio altresì del suggerimento riguardo alla nascita del fascismo. C’è un prof. Italiano di Emory (Atlanta) che se ne occupa, consulterò presto con interesse le sue pubblicazioni.
bossio giovambattista
21/05/2014 at 19:37
C’e’ poco da commentare. Bisogna solo condividere.
francesco butturini
21/05/2014 at 12:22
condivido al 100% quanto scrive Marco Milani e aggiungo che, se trovasse il tempo (e la voglia) di leggere la stampa quotidiana dal 1919 al 1922 scoprirebbe tante di quelle similitudini e consonanze da far venire veramente i brividi alla schiena. Allora gli insulti erano differenti, ma lo “stile” (si fa per dire) identico. Cosa accadde dopo non so se i giovani deputati 5 stelle lo sappiano, visto che molti di loro hanno pubblicamente manifestato un grossa e grassa ignoranza della nostra storia.