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Cultura

Stefano Benni, geniale satiro dall’umorismo surreale

Stefano Benni
Stefano Benni

Stefano Benni è l’ultimo ospite d’eccezione del ciclo di incontri organizzati da Idem e dedicati quest’anno all’immaginifico.  Un «vecchio scrittore ancora vivente» di una comicità bizzarra e complessa che ama esplorare e giocare in tutte le sue tonalità

Mercoledì 7 maggio, al Teatro Nuovo, in occasione del ciclo di incontri, L’Immaginifico, organizzato da idem, conversano in modo del tutto colloquiale con Stefano Benni Gaia Guarienti e Marco Ongaro, con gli intervalli musicali del gruppo Storyville Jazz Band.

Un appuntamento molto piacevole in un’atmosfera amicale. L’impressione infatti è quella di trovarsi tra gli amici di Benni, tra gli affezionati dei suoi libri, delle sue pièces teatrali, delle sue stralunate improvvisazioni.

Per l’occasione è nelle vesti di un «vecchio scrittore ancora vivente», alle prese con Pantera, il suo ultimo libro. Stefano Benni è un istrionico personaggio che nella vita si è divertito a indossare tutte le casacche della scena artistica, calcando il palcoscenico ora come romanziere, poeta, giornalista, ma anche attore, sceneggiatore, regista, musicista. In particolare, autore di quelle memorabili ballate dove risulta facile riconoscere anche i nostri luoghi dell’anima, quelle realtà di paese, quelle commedie dell’umanità rimaste indelebili nella nostra memoria.

Un geniale satiro che trova il filo conduttore della sua arte nell’umorismo, un umorismo assurdo, surreale, spesso irriverente. Una comicità bizzarra e complessa che ama esplorare e giocare in tutte le sue tonalità, dalla battutaccia all’ironia sottile, alla satira graffiante, al gusto del grottesco. Tonalità che spesso si trascolorano nella tristezza, nel tragico, perché comico e tragico, ricorda lo scrittore, sono inseparabili.

Suo maestro dello spirito, in questa vocazione, il grande Totò, per lui esempio di una comicità «inafferrabile». Una vis ironica capace di effetti ora sovversivi, ora consolatori e che trova da ultimo le radici in una inesauribile potenza creativa. In quell’anima fantastica che ci permette di reinventare continuamente la realtà, ciascuno secondo una propria cifra di originalità. «Una risorsa che ci rende in questo – dice il letterato – persone uniche, resistenti ad ogni forma di livellamento culturale».

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Di tutto ciò dunque, si alimenta la scrittura di Stefano Benni, un autore che nella fantasia, nell’immaginazione, ha trovato l’ispirazione delle sue opere. Come sempre ascoltando Stefano Benni ci si diverte, si riscopre la risata di pancia catartica, si ritorna avventori di un mitico bar perso nella memoria. Ma anche si impara molto in fatto di scrittura. Ci si istruisce sull’uso di una lingua impiegata nella ricchezza delle sue figure retoriche, riscoperta nella varietà delle inflessioni gergali, dialettali. Si apprende il raffinato utilizzo della metafora che nelle sue evocazioni consente di far «brillare» il significato di espressioni spesso logorate dall’uso comune.

E poi l’esercizio acrobatico delle parole, un vocabolario che ama potenziarle introducendo diversi neologismi. Senza tralasciare l’importanza dei «soprannomi», una grande risorsa per chi scrive perché in grado di caratterizzare un personaggio, di colorarne l’identità. E ancora la cura per la scelta dell’immagine, della musica, da accompagnare alle pagine. Si comprende insomma che a rendere la sua scrittura toccante prosa poetica c’è sì talento, estrosità, ma anche molto studio, pratica, passione.

Corinna Albolino

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