
Anna Magnani
Interessante presentazione alla Feltrinelli del libro Anna Magnani, la biografia di Matilde Hochkofler, edizioni Bompiani 2013. A parlarne con l’autrice, la letterata Paola Azzolini e l’avvocato Guariente Guarienti.
Nell’ambito della rassegna 8 marzo 2014 si ricorda con un libro, a quarant’anni dalla sua scomparsa, Anna Magnani, per tutti semplicemente Nannarella. Una donna, una grande della storia del nostro cinema, una delle massime interpreti del neorealismo, già insignita di un Oscar nel 1956 per La rosa tatuata, ma anche figura emblema di un pezzo di storia del nostro Paese.
Memorabile la sua interpretazione in Roma città aperta di quell’idea di italianità del dopoguerra che mescolava drammaticità a speranze, ottimismo. Matilde Hochkofler ne ripercorre accanto alla storia professionale, alle qualità di attrice, ai molti riconoscimenti, anche la vita personale, aiutata in questo dai ricordi e dal materiale di archivio messole a disposizione dal figlio Luca Magnani.
Si viene così a sapere che ciò che spinse Anna a diventare attrice fu un doppio abbandono, il fatto di essere figlia di una ragazza madre, il fatto che poi la madre la abbandonò lasciandola alla nonna. La sua vocazione, amava dire, nasceva «tra una lacrima di troppo e una carezza di meno». Dunque aveva scelto questo mestiere per «ricevere amore». Da qui la sua spasmodica ricerca di affetto, vicinanza, attraverso il palcoscenico, il pubblico, gli amori.
Come attrice poi, quella bravura, quella immediatezza espressiva non era frutto di vocazione, bensì di rigoroso studio, intenso impegno. La Magnani aveva infatti alle sue spalle, come ci documenta l’autrice, una seria preparazione teatrale, aveva lavorato con Dario Niccodemi, il primo a mettere in scena Pirandello al Teatro Valle di Roma. Anna, nell’interpretazione dei suoi soggetti, aveva introiettato questo insegnamento introspettivo del personaggio. Da qui proveniva anche quel metodo tutto suo di prepararsi. Come ci riferisce Azzolini, si chiudeva in casa, studiava il personaggio, lo «soffriva, ricercandolo dentro di sé».
Come donna, era invece una persona dal carattere difficile, passionale, irruente. Note sono le sue tormentate storie amorose, la più famosa quella con Roberto Rossellini. Per le sue intemperanze faceva paura agli uomini. In una società maschilista, forse quello che spaventava di più era, afferma il figlio, il fatto che una donna, un’artista, si fosse creata da sola, attraverso il suo lavoro. Un messaggio quanto mai ancora attuale ed importante per tutte le donne.
Corinna Albolino