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Verona inquisita: il vescovo Zenti e la morale da tribunale

Mons. Giuseppe Zenti
Mons. Giuseppe Zenti

Nell’intervista pubblicata da L’Arena, chiamato a commentare quanto accade a Verona sul piano giudiziario, mons. Zenti delega le risposte alla Magistratura, quasi debba essere il giudice a decretare, con la sua sentenza, ciò che è moralmente lecito e ciò che non lo è

Non sono certo un mistero le simpatie politiche del Vescovo di Verona mons. Giuseppe Zenti per l’Amministrazione Tosi, tanto da raccogliere anche lo stupore della stampa nazionale. Rimane comunque inaudita l’intervista che egli ha rilasciato domenica 23 febbraio al quotidiano L’Arena, a proposito degli scandali che stanno travolgendo la città.

Siamo stati abituati a vedere la Magistratura surrogare la politica, ahimé per responsabilità di quest’ultima. Ormai infatti l’integrità del Parlamentare o dell’amministratore è acclamata o negata in sede penale. L’onestà e la correttezza dell’operare è diventata una categoria giuridica, sottratta ad ogni altra valutazione. Il politico che non ha subito condanne definitive, seppur per effetto dell’intervenuta prescrizione del reato, è uomo probo. Insomma, la moralità è fatta dalla fedina penale.

Il Vescovo Zenti nella sua intervista ha sentito la necessità di ribadire un garantismo senza se e senza ma, come oggi suole dirsi. Ma neppure i fedeli assessori raggiunti dallo stesso giornalista hanno osato tanto. Chi si è retratto, chi ha detto di non essere sufficientemente informato, chi si è affidato al sentire personale dell’amicizia al di là di ogni apparenza. Nessuno però si è permesso di sottrarre peso all’evidenza di fatti comunque esecrabili, a prescindere che costituiscano o meno un reato.

Il Vescovo invece ci ha spiegato per ben tre volte, all’interno della stessa intervista, che dobbiamo sospendere ogni forma di giudizio, di fatto anche morale, in assenza di una sentenza passata in giudicato, raccomandandosi in aggiunta che vengano ben raccolte anche le ragioni degli accusati, quasi se ne dovesse dubitare. Chissà se alcuni sacerdoti trasferiti per sua volontà hanno goduto di tanta par condicio.

Quel percorso «a lumaca» della giustizia, lamentato ancora dal Vescovo, dipende in primis dalla possibilità per l’indagato potente, al contrario del comune cittadino, di poter contare su un collegio difensivo in grado di fare del cavillo non tanto una legittima strategia difensiva, quanto una zeppa per rallentare l’iter giudiziario fino a raggiungere il mitico «liberi tutti» attraverso la prescrizione.

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Ma l’etica pubblica cosa dice di fronte a «questi liberi»? Come li considera? E’ una delle tante contraddizioni in cui si cade quando il giudizio etico che appartiene alla politica e quello morale che inerisce alla sfera privata, ma anche alla propria Chiesa, vengono delegati alla magistratura.

Ma anche in presenza di condanna definitiva, come quella per razzismo che ha raggiunto il primo cittadino, si finisce per invocare l’errore giudiziario, il complotto o, come estrema ratio, il pentimento, seppur poco convincente.

Ma cosa serve allora al nostro Vescovo per cacciare i mercanti dal tempio? Chiediamolo a Papa Francesco.

Paolo Ricci

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Written By

Paolo Ricci, nato e residente a Verona, è un medico epidemiologo già direttore dell’Osservatorio Epidemiologico dell’Agenzia di Tutela della Salute delle province di Mantova e Cremona e già professore a contratto presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia in materie di sanità pubblica. Suo interesse particolare lo studio dei rischi ambientali per la salute negli ambienti di vita e di lavoro, con specifico riferimento alle patologie oncologiche, croniche ed agli eventi avversi della riproduzione. E’ autore/coautore di numerose pubblicazioni scientifiche anche su autorevoli riviste internazionali. Attualmente continua a collaborare con l’Istituto Superiore di Sanità per il Progetto pluriennale Sentieri che monitora lo stato di salute dei siti contaminati d’interesse nazionale (SIN) e, in qualità di consulente tecnico, con alcune Procure Generali della Repubblica in tema di amianto e tumori. corinna.paolo@gmail.com

7 Comments

7 Comments

  1. Paolo Ricci

    01/03/2014 at 23:12

    Mi sono dato qualche giorno, prima di rispondere al prof. Francesco Butturini, per vedere se si aprisse un dibattito più ampio sulle pagine di Verona in. Evidentemente non è facile parlare del Vescovo nella cattolicissima Verona, per una sorta di “timore et tremore multo”. Data l’aura…, procedo tomisticamente alla dissertatio.
    Quaestio.
    Se la frase di Mons. Zenti riportata dal prof. Butturini possa essere ricondotta allo spirito evangelico del “non giudicare”.
    Ad primum.
    L’esegesi di un passo, soprattutto tratto dalle Sacre Scritture che si avvalgono di un linguaggio simbolico e metaforico, ne richiede una collocazione nel contesto cui appartiene. L’imperativo “non giudicare”, che si trova in stretta prossimità con il perdonare, nei testi evangelici riconosce, da una parte come “oggetto” la figura dell’oppresso, definito in termini di deprivazione dei diritti umani sanciti proprio dal pensiero cristiano, dall’altra un “soggetto” agente che invece rappresenta l’ipocrita luogo comune del potere dominante, del prepotente, che, come la gomena, non potrebbe attraversare la cruna dell’ago e quindi raggiungere la salvezza. Coloro ai quali si applica il “non giudicare” appaiono quindi per lo più gli appartenenti a quell’umanità dolente della Terra, maggiormente esposta al rischio di devianza in ragione del proprio status, quelli cantati da De André che “se non sono gigli son pur sempre figli vittime di questo mondo”, piuttosto che i governanti corrotti.
    Ad secundum.
    Se si decide di applicare l’evangelico “non giudicare” suggerito dalla Città Celeste, non si può poi subordinarlo alla Città Terrena asserendo come Mons. Zenti che “[..]se ne esce non giudicando prima del tempo, cioè prima di una sentenza definitiva, i soggetti indagati….. nessuno ha il diritto di stigmatizzare qualcuno in quanto indagato fino a sentenza definitiva…. giustizia chiamata ad esprimere una valutazione ed una conseguente sentenza dopo aver attentamente ascoltato le testimonianze varie, comprese quelle dei soggetti in causa che non meritano sentenze popolari finché non sono state emesse quelle giudiziarie.”
    Ad tertium.
    Pur ammesso e non concesso il paradosso della subordinazione della Città Celeste alla Città Terrena (sagacemente auspicato da Stefano Fittà), che il Vescovo ed anche severo Giudice di professione, quale fu sant’Agostino, non avrebbe mai invertito, non si può, per coerenza, cedere la parola davanti all’altare, in occasione della messa di Natale, ad un primo cittadino raggiunto da una condanna definitiva (per razzismo), proprio quella che si adduce a discrimine tra bene e male.
    Respondeo.
    Il punto di vista di Mons.Zenti, ancor prima di non essere condivisibile, è logicamente contraddittorio. Se non bisogna giudicare, ciò deve essere a prescindere dall’esito di qualsiasi processo “mondano”. Se invece è ammesso giudicare limitatamente al rispetto delle Leggi umane, allora non è possibile appellarsi ad altro per giustificare l’innocenza del reo, o addirittura ascoltarne la virtù.
    Non si possono sanzionare eticamente e moralmente fatti di per sé riprovevoli, che per altro nessuno mette in discussione, neppure Mons. Zenti, come precisa Butturini (..mi sembra ovvio che il vescovo osservi il comando evangelico di non giudicare, dopo aver ammesso il suo smarrimento e aver chiaramente condannato tutte le forme distorte e disorientanti di tanti politici…”) e contestualmente chiedere la sospensione del giudizio su coloro che possono essere gli unici artefici di ciò che si deplora, costituisca o meno un reato. Non si può non riflettere sul fatto che la prescrizione, così come definita dalla procedura penale, per altro soltanto in Italia, è l’arma del più forte e non del più giusto.
    Per una manciata di giorni il Cavaliere non è stato prosciolto per intervenuta prescrizione. E questo vuol dire che non avremmo potuto prima giudicarne l’operato politico sotto il profilo dell’etica pubblica, o comunque anche dopo, ad eventuale prescrizione avvenuta?
    Se ciò è legittimo vuol dire che una sanzione etica, che prescinda da un esito processuale, è anche doverosa, e per tutti, al fine di garantire quell’ordine sociale costato lacrime e sangue e che si chiama Democrazia, dai tempi di Pericle. Laddove vige la forma democratica dello Stato, come ad esempio in Europa e negli States, la sanzione etica precede sempre quella dei Tribunali, come è ovvio che sia.
    Paolo Ricci

    • francesco butturini

      07/03/2014 at 15:32

      una sola osservazione sulla “sanzione etica”: che cosa fu sanzionato eticametne nei confronti di Tortora? non credo ci sia stato qualcuno tenero nei suoi confronti … e dopo?
      per quanto riguarda il “non giudicare”, a mio avviso, non può essere considerato restrittivo o relativo solo a … ma un imperativo che va a meglio definire i termini del linguaggio cristiano in generale, come, ad esempio, viene enunciato in Matteo.

  2. francesco butturini

    26/02/2014 at 23:49

    Stimolato dalll’intervento di Paolo Ricci ho riletto l’intervista al vescovo Zenti.
    Ne ricavo due considerazioni: la prima, mi sembra ovvio che il vescovo osservi il comando evangelico di non giudicare, dopo aver ammesso il suo smarrimento e aver chiaramente condannato tutte le forme distorte e disorientanti di tanti politici.
    la seconda, mi sembra stia in un invito perentorio a darsi da fare per innovare e cambiare. Questo mi sembra sia il senso della dichiarazione che trascrivo alla lettera:”Probabilmente occorre puntare si chi è ancora in contaminato, che si sta impegnando senza eccessi di pubblicità, che dà segnali di riuscita e di fiducia generale in ambito imprenditoriale o dirigenziale”.

  3. Luigino Avesani

    26/02/2014 at 18:57

    Gentile Paolo, evidentemente il Partito Democratico qui a Verona non la pensa come lei. In un recentissimo scritto (ma l’endorsement nei confronti della chiesa locale si è ripetuto altre volte negli ultimi mesi) il PD scaligero ha citato mons. Zenti: «La città – scrivono Orietta Salemi (PD) e Alessio Albertini (PD), in riferimento alle recenti inchieste giudiziarie – come ben sottolineato dal nostro Vescovo, ha in sé gli anticorpi per rinascere». Nessun accenno alle simpatie leghiste di cui parla lei, prof. Ricci. In realtà la strategia è evidente: se Matteo Renzi si sposta al centro lo devono fare anche i nostri qui a Verona. Sarebbe interessante sapere cosa il PD di Verona e la Chiesa di Verona condividono in tema di famiglia, diritti ai gay, ma non solo. Le distanze, che a livello mondiale papa Francesco sta accorciando, qui a Verona appaiono davvero lunghe. E’ anche vero che al di là del diverso pensiero basterebbe un atteggiamento dialogante a giustificare qualche entusiasmo, ma io questo a Verona proprio non lo vedo, mentre vedo integralismo da una parte e opportunismo dall’altra. Scusi questa digressione nella politica, ma è quello che subito mi è venuto alla mente leggendo la sua bella riflessione. Luigino Avesani

  4. Stefano Fittà

    26/02/2014 at 14:53

    Un Vescovo rivoluzionario, un vero laico dentro, che ha risolto in maniera egregia la dicotomia millenaria tra reato e peccato, tra realtà ed idealità, reso onore al concetto di libera Chiesa in libero Stato: ha ammesso finalmente che il custode della verità terrena è l’umano giudice, che la rivela solo sulla base di riscontri oggettivi, la quale dovrebbe almeno contribuire a formare anche la propria valutazione etica nei riguardi delle persone. Forse perché, se pur lenta, ha tempi meno impegnativi della giustizia Divina!. E’ comunque un passo avanti: prima viene il reato, dopo il peccato. Bravo Don !

    • paolo ricci

      26/02/2014 at 18:35

      Interessante prospettiva! In effetti io ho frequentato le scuole elemenatri dalle suore comboniane che ricordo con tanto affetto e riconoscenza. Evidentemente mi hanno lasciato un imprinting religioso che permane anche quando mi permetto di criticare il Vescovo. Ma, tutto sommato, mi va bene così. Comunque grazie per lo stimolo alla riflessione……
      Paolo Ricci

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