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Verso il 21 marzo: l’ignoranza favorisce speculazione e mafia

Con l’incontro Il Territorio tra uso e usura è iniziato il ciclo di iniziative Verso il 21 marzo a cura del Coordinamento Associazioni Veronesi in collaborazione con l’Università di Verona e con il patrocinio del Consiglio degli studenti universitari.

E’ toccato a Daniela Zumiani, docente dell’università per l’insegnamento di tutela dei beni culturali e paesaggistici, aprire e condurre la discussione giovedì 16 gennaio al Polo Zanotto. Ha esordito sottolineando come il concetto di paesaggio, “il grande malato d’Italia”, per dirla con Salvatore Settis, che richiama l’abitare come rapporto armonico con il luogo in cui si vive, sia più appropriato rispetto all’accezione amministrativa di territorio. Il rimando è al mito di Prometeo, l’eroe dell’ambivalenza della Tecnica, la cieca tragica speranza di immortalità, concetto ripreso dalla teorizzazione heideggeriana che ne coglie la violenza perpetrata a danno della Terra, quell’usura esplosa a partire dalla rivoluzione industriale che l’ha tradotta in illimitato bene di consumo, in usura, appunto, ritornando al tema della serata.

Giorgio Massignan presidente provinciale di Italia Nostra ci ha fatto subito precipitare nell’attualità, individuando nell’urbanistica lo strumento scientifico con cui la ricchezza, soprattutto quella accumulata in violazione delle leggi, venga sistematicamente investita, o meglio riciclata, in un dissennato consumo del suolo, che prescinde da ogni effettivo bisogno sociale. Ne è testimonianza anche la nostra realtà locale che vede la progettazione di ben 11 centri commerciali in un’area confinata della città di Verona, di una cosiddetta grande opera quale quella del Motor show (Vigasio) che sottrae ad un’agricoltura pregiata una superficie pari a quella di un centro storico di medie dimensioni, nella totale estraneità alla vocazione identitaria del territorio, cinicamente ceduta a favore dell’invasione di colate di cemento pronte ad uscire da questo novello “cavallo di Troia”. Altri esempi non mancano, come lo stesso traforo delle Torricelle, di cui tanto si è discusso.

E’ il paradosso di un’offerta di mercato priva di domanda, che trova la sua giustificazione esclusivamente nella speculazione edilizia, in grado di garantire nell’immediato grandi profitti alle imprese “amiche” e debiti inestinguibili alla comunità tutta, attraverso spregiudicate gestioni dei piani urbanistici che più recentemente hanno trovato nel modello del project financing il loro strumento operativo di elezione.

Coerente con questa logica aberrante è la svendita del patrimonio storico immobiliare della città antica scambiato con edifici moderni di pessima qualità estetica e costruttiva, contraffatto da politiche a favore dell’edilizia popolare che non appaiono assolutamente giustificate dal saldo negativo della popolazione residente e dall’elevato numero di case sfitte o invendute che popolano le agenzie immobiliari sotto gli occhi di tutti. Una storia infinita di commistione tra malaffare e politica che ha trovato la sua cinghia di trasmissione in quella classe di professionisti, indefessi mercenari dei partiti, veri e propri occupanti le commissioni edilizie di ogni epoca, con il mandato di piegare la programmazione del territorio all’interesse privato che sostiene strumentalmente le maggioranze di Giunta.

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Giorgio Belloni di Legambiente Veneto e Città di Venezia ha riportato le esperienze dell’Osservatorio Ambiente e Legalità. Esemplare la storia del cosiddetto Villaggio delle Terme di Caorle per la cui costruzione, che seguiva puntualmente la logica descritta da Massignan, si è arrivati anche alla minaccia di un Sindaco “che dice no”. Belloni si spinge però verso una riflessione ulteriore. E’ l’illegalità il terreno di cultura della mafia e non viceversa. La mafia, a fronte delle metafore mediatiche mutuate dal linguaggio medico o militare, non è né un virus né un’invasione. Sempre di meno usa la violenza, se ne allontana appena può, non vuole essere dominante in senso materiale, anzi si pone come una sorta di società di servizi. Ad essa si rivolgono infatti sempre più imprenditori che hanno bisogno di eludere o evadere le tasse, di realizzare frodi fiscali, di pilotare fallimenti vari. Insomma, la mafia ha una vocazione politica. La pratica di imporre “il pizzo” appare ormai residuale e anacronistica. Roba da Sud. I veri affari ormai si fanno al Nord nella totale decomposizione delle regole che ordinavano la vita civile. E così il potere tradizionale diventa dominio, di fronte al quale sembra non sussista altra possibilità che fare il tifo per le “guardie” quando a volte riescono ad acciuffare i “ladri”. La vicenda degli scandali per i lavori del Mose insegna. Forse è questa sorta di apocalisse sociale che noi chiamiamo “mafia”. La percezione però che “o’ sistema” scricchiola sotto un’indignazione crescente, alimentata anche dalle condizioni materiali generate dalla crisi economica, diventa sempre più palpabile. Quando si parla di queste cose le sale sono sempre affollate e attente. Forse una speranza di cambiamento vero, radicale, conclude Belloni.

Lucido e coraggioso l’intervento di Stefano Facci, per conto delle organizzazioni sindacali storiche. Illustra come proprio l’edilizia, il grande imputato di usura del suolo, soffra di una crisi da sovrapproduzione. Tutti gli indicatori vanno in questa direzione. Purtroppo a questo declino si risponde soltanto invocando una semplificazione burocratica da tradurre in mera deregulation che finisce per aggravare il circolo vizioso, come dimostra il tracollo del numero di addetti nel comparto. Ricchezza per pochi nell’immediato e debiti per molti, anche per le nuove generazioni, su cui graverà la montagna di debiti accumulata nelle incompiute operazioni di project financing sostenute dai comuni. Gli interventi istituzionali di monitoraggio della legalità e della sicurezza nei cantieri si sono indeboliti, favorendo così di fatto l’infiltrazione mafiosa. Il massimo ribasso è sempre vincente per la committenza pubblica, disinteressata ad ogni garanzia di qualità e di rispetto delle leggi.

Nessun capitolato valuta i costi reali delle materie prime necessarie per realizzare l’opera, per non parlare dei costi della sicurezza. E così, di subappalto in subappalto, si arriva a favorire il lavoro irregolare, il lavoro nero, il risparmio sui materiali, l’insicurezza. In poche parole la mafia. In questo gioco di concorrenza sleale le imprese sane che investono nell’innovazione, che vuol dire ad esempio risparmio energetico e ristrutturazione dell’esistente, vengono progressivamente emarginate dal mercato. Però, in attesa della Città Celeste o del Sol dell’Avvenir, una proposta alternativa, concreta, da realizzare subito ed ora forse esiste. Quella, sostiene Facci, di partire dall’edilizia pubblica, per esempio le scuole o il rifacimento degli alloggi popolari, per sperimentare nuove forme e tecniche di costruzione basate sulla green-economy, che restituiscano anche professionalità agli addetti, sottratta loro dalla parcellizzazione delle mansioni e dalla ripetizione modulare della costruzione, caratteri intrinseci all’edilizia speculativa.

Chissà se un’alleanza tra Università (nella sua plurivalenza di competenze economiche, giuridiche e di conservazione dei beni artistici) ed imprenditoria lungimirante, nonché forze sociali sensibili alla vivibilità dell’abitare, possa far breccia, prima o poi, nel muro della disonestà e dell’ignoranza che ci governa.

Paolo Ricci

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Paolo Ricci, nato e residente a Verona, è un medico epidemiologo già direttore dell’Osservatorio Epidemiologico dell’Agenzia di Tutela della Salute delle province di Mantova e Cremona e già professore a contratto presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia in materie di sanità pubblica. Suo interesse particolare lo studio dei rischi ambientali per la salute negli ambienti di vita e di lavoro, con specifico riferimento alle patologie oncologiche, croniche ed agli eventi avversi della riproduzione. E’ autore/coautore di numerose pubblicazioni scientifiche anche su autorevoli riviste internazionali. Attualmente continua a collaborare con l’Istituto Superiore di Sanità per il Progetto pluriennale Sentieri che monitora lo stato di salute dei siti contaminati d’interesse nazionale (SIN) e, in qualità di consulente tecnico, con alcune Procure Generali della Repubblica in tema di amianto e tumori. corinna.paolo@gmail.com

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