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Cento studenti alla Fondazione Maffei per Ateneo Europa

Un centinaio di giovani, alcuni provenienti da vari paesi dell’Unione, si sono confrontati a Verona sul loro futuro di studenti europei grazie al Progetto Ateneo Europa della Fondazione Maffei

Sabato 21 dicembre, dalle 14 alle 19, un centinaio di studenti dell’ultimo anno delle scuole secondarie di secondo grado e una trentina di studenti universitari, che studiano o hanno studiato nelle facoltà europee e coordinanti da Pietro Trincanato, Valeria Valotto, Giulia Tombari, Lucia Ribinelli si sono trovati a Verona, nella sede della Fondazione Maffei di via Polveriera Vecchia, per confrontarsi sul loro futuro di studenti che aspirano ad essere studenti europei. Erano presenti altri studenti volontari, alcuni dei quali provenienti da Inghilterra, Germania e Francia.

E questo è il primo e fondante motivo per cui la Fondazione Maffei (nata dal liceo classico Scipione Maffei) ha dato l’abbrivio al progetto Ateneo Europa. Viene da chiedersi perché in un liceo classico (ricordando che questa tipologia liceale è solo italiana con rare eccezioni europee, come il liceo classico madrileno di via de Betancurt) nasce l’idea di riprendere in mano il Bologna Process del ministro Luigi Berlinguer (giugno 1999) e tentare di rappresentarne le finalità, gli scopi, la configurazione: creare una mentalità europea di scuola, sia secondaria superiore, sia universitaria, per porre le basi di un’Europa unita nella cultura di base, perché senza un’identità culturale non ci potrà mai essere né identità politica, né tantomeno identità economica.

Io credo, visto che l’abbrivio nasce proprio dalla Fondazione Maffei, che sia proprio l’umanesimo integrale che sta alla base degli studi liceali classici il vero motore per una Europa capace di integrarsi nazione per nazione, capace di recuperare le sue origini che sono latine e romane (includendo in questi due aggettivi le conversioni al cristianesimo molto spesso operate sul filo delle spade dei conquistatori), sia per le lingue comuni che per le arti comuni, di cui i così detti popoli barbarici presto si impadronirono e svilupparono.

Senza questo orizzonte europeo, il nostro mondo è destinato a scomparire di fronte alle nuove migrazioni e alle nuove culture orientali e mediterranee.

Non è però solo questione di sopravvivenza. Molto di più: è questione di vitalità propositiva da riprendere con forza, coraggio e determinazione, perché il cuore e l’intelligenza europea hanno ancora tanto da dare e tanto da offrire al resto del nostro piccolo Pianeta; se non altro, per farsi perdonare la tragedia del colonialismo.

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 Francesco Butturini

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