Il 2013 sarà ricordato a Verona come l’anno dei magistrati che scoperchiano le pentole. Per il mondo è stato anche l’anno del centenario areniano ma abbiamo prodotto pochino per far capire che ne eravamo a conoscenza. Sono entrato a L’Arena e ho chiesto un calendario…
Il 2013 anche per Verona è stato l’anno della crisi che morde, dei lavoratori in cassa integrazione e mobilità. Il settore manufatturiero, che è stato uno degli assi portanti dell’economia scaligera, vive grandi difficoltà, con aziende che chiudono o delocalizzano. Chi perde il lavoro, soprattutto se ha 50 anni, difficilmente riesce a trovarne un altro, mentre aumenta la coesione corporativa nelle classi più agiate: certi cognomi segnano il diritto acquisito a lavorare non per capacità, ma per censo. Il figlio dell’operaio o resta a casa o fa il biglietto di sola andata per Nord Europa, Stati Uniti, Canada, Australia. Aumentano i cittadini che chiedono aiuto alla Caritas, gente che non ce la fa più e si trova da un giorno all’altro alla mensa dei poveri con alle spalle un famiglia distrutta e strani pensieri per la testa.
Il 2013 sarà ricordato a Verona come l’anno dei magistrati che scoperchiano le pentole. Sono in corso indagini, sequestri, perquisizioni, arresti che hanno coinvolto imprese, aziende, dirigenti comunali e che per effetto domino hanno finito per gettare un’ombra mortifera sul sindaco più amato d’Italia, quel Flavio Tosi un po’ sbiadito dal continuo oscillare tra una Lega sempre più becera e una Fondazione che non decolla perché in pieno rullaggio hanno tolto la pista. Sull’altra sponda ci sono quelli del PD, un giorno renziani, l’altro civatiani, ieri bersaniani e dalemiani. Matteo Renzi incendia gli italiani ma ai nostri non basterebbe una tanica di benzina con le istruzioni per l’uso e c’è un solo eroe alla mitragliatrice nel bunker di Palazzo Barbieri.
Per il mondo il 2013 è stato l’anno del centenario areniano ma abbiamo prodotto pochino per far capire che ne eravamo a conoscenza. Forse per il fatto che non abbiamo un assessore alla Cultura finiamo per misurare l’importanza di certi eventi con il numero di coperti nei ristoranti sul liston, o con i ticket di ingresso alla città, per non parlare dei depliant pubblicitari con stampata non la nostra Arena, ma quella di Nîmes. E allora puntiamo tutto su Romeo e Giulietta, ignorando quel genio di Antonio Avena paradossalmente condannato all’oblio per aver costruito la fortuna di Verona su un finto balcone e una finta tomba. Con buona pace di Shakespeare di cui invece non ci fidiamo abbastanza, come si vede d’estate quando gli attori sul palcoscenico del Festival che fu di Renato Simoni recitano parodie e caricature per poi chiamarle “interpretazioni”.
Oggi sono entrato al numero 67 di corso Porta Nuova. Lì c’è la sede del quotidiano L’Arena, con la scritta d’oro a caratteri cubitali come si usava un tempo un po’ pacchianamente per far capire che ci si trova in un luogo importante, e lo è. Ho chiesto un calendario, perché quello lì è fatto bene, con i numeri grandi e ci si può scrivere accanto. Mi hanno chiesto se ero abbonato e mi ha sfiorato l’idea di mentire. Poi ho pensato che la sincerità in questo periodo dell’anno sarebbe stata premiata e ho detto «no, non sono abbonato» precisando che peró «i miei genitori acquistano l’Arena tutti i giorni!». Mi hanno risposto «Niet!», alla faccia di mio papà 85enne che compera il giornale dal ’45. Uscendo ho riguardato l’insegna e ho pensato tanto grandi e tanto piccini. Ma forse sono io che non voglio “cacciare” 1,30 euro per comperare il quotidiano e portarmi via l’oggetto dei miei desideri.
Buon anno a tutti!
Giorgio Montolli