Promettimi di non morire è il libro di Maria Pace Ottieri, Edizioni Nottetempo, presentato martedì 15 ottobre alla Feltrinelli. Ad introdurre l’autrice, la filosofa Adriana Cavarero e lo scrittore Alberto Tomiolo. Il titolo è intrigante. Sono le parole accorate contenute in una lettera che Carol Gaiser scrive all’amica Silvana Mauri, madre della scrittrice che risponde: «Non temere, non morirò, te lo prometto. Come faresti senza la tua amica Silvana che ti pensa sempre e ti segue anche se da lontano, che parla con te attraverso tutto questo mare e questo cielo?».
Bastano queste frasi per comprendere tutta l’intensità dell’amicizia che lega due donne, di diversa età e cultura, l’una scomparsa e l’altra ancora vivente. La storia di un’amicizia durata quarant’anni, raccolta da un ricco epistolario rinvenuto da Maria Pace tra le corrispondenze della madre, dopo la sua morte, e ricostruita, tradotta ora in un romanzo.
Nata a Roma agli inizi degli anni ’60, dove Silvana è già figura di spicco dell’editoria italiana e Carol una colta e bellissima giovane americana poi affermatasi come poetessa e giornalista. In quella Roma che all’epoca brillava di fermento culturale e di salotti, mondanità, frequentata da Pasolini, Moravia, La Capria, Morante. Una stagione indimenticabile per Carol, la scoperta della bellezza, dell’eleganza italiana. Una relazione intensa sopravvissuta al tempo, alla distanza e alle vicissitudini della vita. Fatta di confidenze, complicità, leggerezza, ma anche di racconti duri, dolorosi. Un’intimità affidata di volta in volta al piacere di scrivere lettere, di cui purtroppo rimangono solo quelle inviate da Carol. Scritte in un italiano sgrammaticato, ma affascinante. Corrispondenze spesso accompagnate, come emerge dai contenuti, da telefonate, regali, elargizioni economiche da parte di Silvana. Gesti generosi che intendevano offrire sostegno, vicinanza, all’amica che, dopo l’euforia degli anni ruggenti della Beat Generation, degrada in America progressivamente nell’emarginazione intellettuale, nella depressione, nella povertà dei mezzi di sussistenza. Una donna che però ancora sapeva comporre poesie e redigere per l’amica pagine divertenti. Testi che hanno consentito all’autrice di conoscere la madre nella veste insolita di un’amica straordinaria che sapeva prendersi cura dell’altra, quasi come una sorella.
Corinna Albolino
Rosella Panozzo
17/10/2013 at 22:39
Non ho potuto martedì 15 ottobre essere presente alla presentazione del libro di Maria Pace
Ottieri, ma il commento di Corinna Alboino ha suscitato il mio interesse: la storia di una
amicizia durata decenni, fatta di un’intensa empatia ma anche di lontananze e conflitti, mi
sembra quanto di più profondo possa aversi in una relazione amicale.
Oggi, quando la parola ‘amicizia’ corre spesso con troppa disinvoltura, leggere di un rapporto che regge al tempo alla diversità e alla fatica del comprendersi e accettarsi, mi sembra un
racconto che merita tutta la nostra attenzione e riflessione.
Rosella Panozzo