Basta metter piede nello studio di Simeoni, in via San Marco, per rendersi conto di quante opportunità si possano celare in legname all’apparenza di scarto
Tavole e legni antichi, per lo più datati al Seicento e al Settecento, trasformati in pezzi unici edidesign. In poche parole: design che profuma d’antico. Un incontro, quello tra il passato e il contemporaneo, che avviene idealmente tra i fondali marini, filtrato attraverso il linguaggio della scultura. Ed è in fondo al mare che, idealmente, si possono incontrare le opere di Michele Simeoni.
Sono pesci, dalle sorprendenti dimensioni e dai profili curiosi. Difficile non notarli ed esserne catturati: per le bocche spalancate, le pinne, le squame a tutto tondo, gli occhi e le forme tondeggianti. Quando non ridotti in grandi lische, a simboleggiare come nei periodi di crisi economica sia rimasto (soprattutto per i poveri) gran poco da mettere sotto i denti. I più attenti ricorderanno che, da due anni a questa parte, la giornata del 1° di aprile inizia in Piazza Bra con il saluto di un grande pesciolone collocato, con il benestare dell’amministrazione comunale, sulle gradinate di Palazzo Barbieri. Un esemplare che quest’anno, da ben paffuto simbolo di prosperità, s’è ridotto in lisca gigante, lunga oltre sei metri per tre.
«Da una parte il Liston, dall’altra il “Liscon”» scherza l’autore riferendosi alla creazione e anticipando un po’ di sé e del suo carattere. Tra trucioli e segmenti di tronco, l’ironia si mescola alla creatività, per dar concretezza a sculture originali e, appunto, sorprendenti nelle forme. Pezzi unici a guardare bene, anche in virtù della materia con la quale vengono realizzati: «Legni antichi, recuperati da palazzi in ristrutturazione: vecchi solai, pavimenti» elenca.
Basta metter piede nello studio di Simeoni, in via San Marco, per rendersi conto di quante opportunità si possano celare in legname all’apparenza di scarto: ante di porte, stipiti, assicelle di legno tarlate, elementi di mobilio antico con almeno due secoli di storia alle spalle. Pure chiodi databili al Settecento, pazientemente raddrizzati a colpi di martello, per essere nuovamente usati. Materiali che le imprese non utilizzano, ma si trasformano nelle mani del creativo veronese.
Se c’è la manualità, si riescono ad assemblare cose impensabili. «Alle superiori ho studiato da perito agrario e architettura a Venezia. Nella mia vita, però, ho fatto altro, ogni genere di mestiere: dall’elettricista al mediatore immobiliare. Sono pure appassionato di antiquariato» inizia a raccontare. Bisogna essere pratici, insomma: se una cosa non puoi permettertela, non è detto che tu non riesca a costruirtela da solo: «Per questo mi sono sempre dato da fare». Filo conduttore di questa filosofia di vita votata all’intraprendenza e al rimboccarsi le maniche senza tanti problemi, ammette, è sempre stata la scultura: «Proprio mentre ero mediatore, ho avuto la possibilità di recuperare delle macchine utensili da falegnameria: una squadratrice, una sega a nastro, una pialla, una fresa. Le ho portate a casa e qualche anno fa, nel 2008, ho iniziato da autodidatta a lavorare i materiali».
Il legno prediletto è di quello semplice, come l’abete oppure il cipresso, perché si tratta di tipologie tenere da intagliare. Sono usati rigorosamente al naturale, senza ricorrere a pennellate di vernici, impregnanti e veleni. Il trattamento anti-tarlo, per esempio, è fatto al forno a microonde. Alla fine, a parlare, è soltanto lo scorrere dei secoli: il tempo che ha lasciato su un’asse striature, corrosioni, tarlature, fori, graffi. Difetti, forse, per alcuni. Segni che, nelle mani di Michele Simeoni, si traducono in dettagli dall’estro contemporaneo. Unici perché irripetibili: una volta ultimati a definire un’opera, essa potrà essere simile, ma mai identica a un’altra se replicata. E non è un caso se le creazioni artistiche dello scultore scaligero sono finite tra le pagine di una prestigiosa rivista di architettura e, oltre che in collezioni private, nelle sale di alcuni esclusivi negozi di design in Italia e all’estero (a Roma, Trieste, Pisa, Siracusa; da Parigi a Ginevra), nei padiglioni di importanti fiere.
«Il legno è materiale denso di vita» prosegue. L’ideale, assieme alla creta, da trasformare. Per produrre soggetti ispirati alla Natura: siano animali, per esempio cavalli, dalle dimensioni quasi reali. Oppure esemplari del mondo ittiomorfo. Perché proprio i pesci, viene spontaneo chiedere? «Amo il mare e l’acqua, pescare e nuotare nel blu» risponde. «Li avete mai osservati da vicino? Sono bestie molto strane: esseri difficili, non addomesticabili. Sono simbolo di libertà».
Il primo pezzo con branchie e pinne Simeoni l’ha creato, in un certo senso, per una scommessa: «“Sei capace di fare un pesce?” mi disse uno dei miei committenti» ricorda. Da una battuta, sono nati dei pesciolini finiti sull’Isola d’Elba. Da piccoli esemplari si è passati ad altri dalle grandi dimensioni, come il Pesce Nicola. In seguito, per cercare la giusta ispirazione, lo scultore è andato a curiosare fino a Bolca, per cercare nella laguna pietrificata alla porte di Verona forme alle quali rifarsi.
Ad attirare la sua attenzione sono stati anche i pesci disegnati degli album dell’Ottocento, quando ancora non c’erano le macchine fotografiche a immortalare le varie specie. «Non mi definisco un artista – ci tiene a precisare –, ma una persona che non ha avuto un’esistenza facile». Creare, conclude, «è uno sfogo, un divertimento, una goduria. Parto dal nulla, per arrivare a qualcosa di concreto. Il momento ideale per dare sfogo alla creatività? Poco prima di consegnare un lavoro…».
Marta Bicego
Articolo tratto dalla rivista Veronesi, Smart Edizioni
EWlisa Zoppei
14/10/2013 at 14:31
Molto interessante. Grazie.