Si è concluso da poco (13, 14, 15 settembre) il Festivalfilosofia di Modena, Carpi, Sassuolo, edizione 2013. Una ricca offerta culturale scandita da conferenze, lezioni magistrali, mostre, spettacoli, letture, giochi per bambini e degustazioni a tema. Una filosofia di respiro internazionale ha dialogato, nella circolarità dei saperi, con la pluralità delle altre discipline. Quei saperi nati del resto illo tempore dal suo stesso grembo e poi emancipatisi come scienze.
A muovere tanto interesse la potente tematica Amare che quest’anno ha titolato la manifestazione. Una materia sempre coinvolgente che non manca ancora oggi di infiammare i discorsi, appassionare l’anima. Apre infatti ad una costellazione di significati che evocano le figure dell’amore come éros, filìa, àgape, rimanda al florilegio dei sentimenti che colmano i cuori degli amanti, quali felicità, desiderio, fedeltà, passione, ma anche ne tormentano la relazione, come la paura dell’abbandono, del tradimento, la gelosia, la possessione. In scena è dunque la sostanza incandescente delle emozioni nella molteplicità del tumulto delle sue tonalità affettive.
Ma amare declina in particolare anche il tema della relazione affettiva che si esprime nella famiglia, più in generale nella sfera del sociale. Nel merito le varie conferenze si sono soffermate ad indagare come questo sentire sia mutato oggi, in un contesto di profonda trasformazione di ruoli, diritti, forme di godimento. In un’epoca in cui le pressioni dei divieti si sono allentate lasciando che la libertà sperimenti unioni un tempo impensabili. Nuove e complicate modalità di abitare il mondo in attesa di tutele, riconoscimenti giuridici.
«Amore, eros, affetti….ma come si fa a parlare d’amore oggi?». Così esordisce criticamente Roberta De Monticelli in apertura della sua lezione. Come è possibile pensare a queste cose in un momento in cui è in pericolo la nostra Repubblica? Qui dove il Paese naviga nel marasma dell’incostituzionalità, illegalità, dove si arriva a mettere in dubbio che la legge sia uguale per tutti? Quando è stata scelta questa questione, afferma la filosofa, c’era crisi, ma ancora sussisteva la speranza di un ritorno ad una politica buona, ci si poteva augurare un rinnovamento civile, ma le cose sono però andate diversamente.
Si può allora parlare d’altro, ma non “far finta di niente” di fronte all’emergenza che stiamo attraversando, rispetto al fatto cioè che stiamo perdendo una Patria. L’unico modo allora di poter discorrere sull’amore è, per la De Monticelli, quello di trattare proprio dell’ “amor di Patria”. Una Patria che stiamo smarrendo nella ricchezza dei suoi valori. Nel senso che ne va inesorabilmente dei suoi Beni, di quella ricchezza di patrimoni che hanno fatto la nostra storia, le nostre radici. Stiamo parlando di Patria come ”bellezza” in tutte le sue forme. Basta ad esempio guardare allo scempio del paesaggio in questi anni prodotto da una speculazione selvaggia. E ancora Patria come dissolvimento della “giustizia”, della legalità, di quel patto che quotidianamente ci tiene insieme come società.
Oggi il diritto è infatti costantemente sopraffatto dalla forza, dall’arroganza di un potere corrotto. Come reagire a questo tragico principio di realtà? Come scuotersi da una cultura dell’indifferenza, rassegnazione, rimozione, che appare dominare? Perché non si spodesti il soggetto come persona morale si necessita allora un “rinnovamento del cuore”. E’ nel cuore che si radica infatti la sensibilità, quel sentire che rapportandosi alla realtà forma le nostre scelte, decisioni etiche. Qui, va dunque riscoperto il discrimine tra bene e male, la conoscenza di ciò che è bene di per sé, in quanto ci nutre, ci ricrea.
Corinna Albolino