Otto giorni dopo stesso giorno e stessa ora, lo scarico persiste con la sola differenza delle sue dimensioni. Non più scroscio e miasmi insopportabili, ma un rigagnolo puzzolente quanto basta che colora di scuro una superficie d’acqua più contenuta della scorsa domenica. Insomma, c’è ma con discrezione. Con meno impudenza, forse si riesce ad ottenere il medesimo scopo, cioè smaltire più lentamente rifiuti liquidi provenienti chissà da dove. Certo, date le condizioni meteo dei giorni scorsi, non si può trattare del deflusso di acque di prima pioggia. Per saperlo sarebbe necessario individuare la fonte o le fonti di irregolare alimentazione dello scolo, nonché verificare che i parametri previsti dalla normativa siano rispettati, escludendo ovviamente diluizioni a monte della foce con acque aggiunte surrettiziamente per garantire ogni normalità formale. Perché non farlo?
Paolo Ricci

Paolo Ricci, nato e residente a Verona, è un medico epidemiologo già direttore dell’Osservatorio Epidemiologico dell’Agenzia di Tutela della Salute delle province di Mantova e Cremona e già professore a contratto presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia in materie di sanità pubblica. Suo interesse particolare lo studio dei rischi ambientali per la salute negli ambienti di vita e di lavoro, con specifico riferimento alle patologie oncologiche, croniche ed agli eventi avversi della riproduzione. E’ autore/coautore di numerose pubblicazioni scientifiche anche su autorevoli riviste internazionali. Attualmente continua a collaborare con l’Istituto Superiore di Sanità per il Progetto pluriennale Sentieri che monitora lo stato di salute dei siti contaminati d’interesse nazionale (SIN) e, in qualità di consulente tecnico, con alcune Procure Generali della Repubblica in tema di amianto e tumori. corinna.paolo@gmail.com
