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Cultura

Lega Nord, gli imprenditori della paura di Milani al ristorante Maffei

Venerdì 8 febbraio si è svolta al ristorante Maffei di Verona la presentazione del libro Lega Nord, gli imprenditori della paura di Marco Milani (Smart Edizioni). L’editore Giorgio Montolli ha preso la parola per introdurre l’autore, spiegando che «gli imprenditori della paura sono quei politici che in questi anni hanno suscitato negli elettori sentimenti razzisti al fine di ottenere il consenso e governare l’Italia». Questo sarebbe avvenuto con la presenza di due precise condizioni «la prima è l’intensificarsi del fenomeno migratorio – ha spiegato Montolli –; la seconda è il far coincidere il sostantivo immigrato con l’aggettivo delinquente».

Eppure, spulciando tra i dati del Viminale, i 20 anni presi in esame dal libro di Milani non evidenziano un aumento della criminalità. Secondo l’autore del libro la sovrapposizione dei due termini sarebbe stata quindi una forzatura mediatica, e infatti proprio in quegli anni è stato introdotto il dibattito sulla sicurezza percepita e quella reale. «Non è vero che la Lega Nord è un partito che ha avuto fortuna grazie al suo radicamento nel territorio, o perlomeno non è stato solo così – ha spiegato l’autore –. La “complicità” con le televisioni di Berlusconi, il duopolio Rai-Mediaset sono stati decisivi per la crescita del consenso attraverso una retorica securitaria che ha fomentato odio e razzismo nei confronti degli stranieri».

Milani ha quindi risposto alle domande del pubblico, che chiedeva ad esempio come mai nei quartieri operai, nelle fabbriche la Lega abbia potuto guadagnare così tanto consenso. «Le televisioni di Berlusconi hanno creato un divario profondo tra l’Italia tradizionalista e quella progressista – ha spiegato Milani –. I primi, quelli che abitano la provincia, sono sprofondati in un immaginario impoverente, quello creato dalle tv commerciali; i secondi hanno finito con il costituire un’elite pensante. Dove dovevano collocarsi le persone? Ognuno ha fatto la sua scelta». Si è quindi parlato del silenzio della Chiesa, tanto più grave quanto essa non ha saputo (o voluto) rendersi conto dello scippo che la Lega stava operando nei riguardi dei simboli religiosi a proprio uso e consumo.

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