Massimo Cacciari: Dante e l’Umanesimo, una felice scelta di apertura del ciclo di incontri culturali promossi dall’Associazione Idem alla sua 5° edizione e dedicati quest’anno ai Maestri dello spirito. Dante dunque, per antonomasia primo e sommo Maestro della modernità, e Cacciari, suo importante interprete. Un’occasione feconda di conoscenza per i giovani studenti ai quali l’Associazione in particolare intende rivolgersi, ma anche per quanti riscoprono nella cultura un’opportunità di pensiero e di riflessione.
Introdotti dalla musica del già superbo pianista sedicenne Alessandro Gwis, nell’incontro due sono in realtà i maestri a confronto, Dante con le sue domande sull’uomo ancora di estrema attualità e Cacciari, maestro eclettico di parola filosofica, poetica, letteraria, estetica. Un interlocutore fine per Dante, capace di quell’interrogazione rigorosa che va all’essenza delle cose. Uno spirito colto in grado di cogliere che la domanda fondamentale che percorre l’intero pensiero dantesco è quella sull’uomo. Non l’uomo genericamente inteso, ma nello specifico il “tu”, l’individuo. La cifra dell’umanesimo del poeta è tutta riposta in questa questione. Già a partire dal De vulgari eloquentia, trattato in latino rimasto incompiuto, Dante infatti, come ricorda Cacciari, sembra dire: che cosa sei tu uomo? che cosa ci caratterizza come uomini? A qualificarci è la parola. Una parola che per proferirsi necessita di una condizione preliminare di libertà e che va alla ricerca di una lingua che possa meglio rappresentarci. La scelta cade sul “volgare illustre” che mantiene del latino il rigore della struttura logica, ma ne rinnova il lessico per adeguarlo ad una realtà mondana in continua trasformazione. Nel Convivio, opera in volgare di carattere filosofico indispensabile per la comprensione autentica della Commedia, il suo interesse è ancora per l’uomo. Il desiderio di Dante è quello di condurre tutti all’amore della sapienza.
Seguendo Aristotele, il poeta afferma che la pratica della filosofia permette all’uomo di raggiungere la propria perfezione e in questo consiste la felicità. Il valore dell’uomo sta nella concretezza della sua vita, nella sua biografia. E’ l’uomo in carne ed ossa che interessa al poeta, non sono i suoi vizi o virtù trattati in astratto. Tutto questo trova rilievo nei personaggi della Commedia, figure che giganteggiano, nel bene e nel male. L’Ulisse del XXVI canto dell’Inferno, letto da Marco Ongaro, ha sollecitato ulteriormente l’interrogazione. Nell’ambito del primato dell’humanitas, Cacciari pone il problema di cosa Dante abbia trovato contemporaneamente di esecrabile e di virtuoso in questa figura. Se positivo rimane l’anelito dell’uomo nuovo ad essere artefice del proprio destino, con tutti i rischi che ciò comporta, più complesso è individuarne la colpa. Ciò che il poeta non avrebbe perdonato a Ulisse, sostiene Cacciari, è il suo essere un avventuriero, sempre irrequieto e insoddisfatto, per cui non ci fu “né dolcezza di figlio, né la pieta / del vecchio padre, né’l debito amore / lo qual dovea Penelopé far lieta,/ vincer potero dentro a me l’ardore / ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto, / e de li vizi umani e del valore;”. Questo comportamento contrasta con il Convivio in cui si ripropone la filosofia come pratica di vita in grado di offrire la felicità. Una felicità che si ottiene anche per il raggiungimento di una singola tappa del proprio percorso di vita. La capacità quindi di conferire un senso alle cose terrene, a prescindere da ogni escatologia.
Ma anche nei personaggi del Paradiso l’humanitas non è priva di tensioni. Santi come Francesco e Tommaso sono figure che nella storia della Chiesa hanno prodotto profondi conflitti tra i seguaci, ma Dante ne tenta una ricomposizione all’insegna di un’idea di humanitas in grado di tenere insieme tutte le differenze anche in opposizione tra loro. In questo si trova la cifra della sua originalità e modernità. Francesco ha praticato e teorizzato la povertà radicale in polemica con il potere temporale della Chiesa, Tommaso ha invece privilegiato il logos come via di accesso alla comprensione delle verità di fede e strumento d’interrogazione. Dante però, pur preferendo il santo di Assisi che nel Paradiso occupa un posto preminente di fronte alla Vergine, coglie la complementarietà delle due posizioni, tanto da far raccontare al domenicano Tommaso la vita straordinaria di Francesco, situazione che si ribalta quando nel canto successivo sarà invece il francescano Bonaventura ad elogiare il tomista Domenico.
Il concetto di pace di Dante, che si riflette anche nella sua concezione politica dell’Imperium, non consiste quindi nella sopraffazione di una parte sulle altre, ma nella capacità di mantenerle unite nella loro differenza, in una sorta di armonia che governa il tutto. Da qui nasce l’idea di concordia universale. Cacciari ha osservato come questa consapevolezza delle diversità intellettuali dei due teologi non sia stata recepita da Giotto, contemporaneo di Dante, che nelle sue opere più famose raffigura un Francesco quasi convertito all’interno di un ordine della Chiesa cui offre con atteggiamento di sottomissione la propria regola. Scompaiono dalle rappresentazioni di Giotto la sofferenza delle stigmate di Francesco e la sua nuda morte sulla nuda terrà, simbolo di quella rivoluzionaria paupertas, recuperata e valorizzata da Cacciari nel testo Doppio ritratto, Adelphi 2012.
Unico neo della serata, l’impossibilità di interventi dal pubblico che, data la complessità della materia trattata, avrebbe consentito di chiarire alcuni passaggi un po’ sincopati dell’argomentazione. Un’opportunità di interazione attiva per i giovani di Idem, target stesso dell’Associazione.
Corinna Albolino

Originaria di Mantova, vive e lavora a Verona. Laureata in Filosofia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, si è poi specializzata in scrittura autobiografica con un corso triennale presso la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari (Arezzo). In continuità con questa formazione conduce da tempo laboratori di scrittura di sé, gruppi di lettura e conversazioni filosofiche nella città. Dal 2009 collabora con il giornale Verona In. corinna.paolo@tin.it
