Ero stato invitato dal parroco a parlare ad un gruppo di genitori in un paese che si distende sulla statale undici. L’incontro serale s’era prolungato per una vivace conversazione con i presenti e al termine mi si era rivolto l’invito a prendere un caffé in canonica. Non è sempre facile incontrarci tra noi preti e la conversazione col parroco mi ha fatto perdere cognizione del tempo. Lasciai la canonica verso mezzanotte. Sulla statale che mi riportava a Verona non c’era molto traffico e in verità guidavo cercando di mormorare a fior di labbra la salmodìa di Compieta.
All’altezza di Bosco di Sona l’auto davanti a me rallenta in modo imprevisto costringendomi a frenare, mentro chi mi segue rischia di tamponarmi. Un momento di sconcerto, superato immediatamente dalla percezione che qualcuno si era fermato a conversare con una donna, disponibile ad un dialogo corporeo rimunerato. Ho respirato a fondo e ripreso la strada quasi sorridendo al pensiero che se fosse avvenuto un tamponamento sarei diventato oggetto di titoli vistosi: «L’abate di San Zeno sulla statale undici…». E dire che avevo solo fretta di tornare a casa, di riposare: la mia sveglia suona puntuale poco dopo le cinque del mattino!
Il ricordo di quell’episodio si è rinnovato quando ho letto di progetti elaborati in diverse città per togliere dalla strada questo penoso mercato, definito offesa alla moralità. Non c’è dubbio che il fenomeno abbia assunto dimensioni inquietanti, supportato dalla malavita e che sia fonte di ricchezze che portano il peso della dignità avvilita di tante donne, di adolescenti finite sulla strada per i più diversi motivi, suggestionate o ingannate, pressate tante volte dalla necessità di guadagnare. Ho ancora negli occhi il volto rigato dal pianto di una mia giovane allieva finita in questo triste commercio e che mi diceva l’interiore reazione e rifiuto la prima volta in cui si era sentita un oggetto alla mercé di un ricco professionista.
Gli argomenti, i risvolti umani e psicologici, sociali e sanitari di questo traffico indegno porterebbero lontano, e d’altra parte sono convinto che parlarne diventi quasi un alibi per ignorare altri aspetti della convivenza sociale, che pure costituiscono una eguale offesa alla moralità.
Non credo difficile stabilire i motivi per cui la prostituzione, il suo esercizio sulle strade, il suo dilagare legato alla malavita catalizza l’attenzione e spesso la esclusivizza, negandola ad altri aspetti di vita del nostro momento storico. Non è neppure difficile convenire che questo esercizio discutibile della sessualità umana darebbe ben diversi risultati se la stessa attenzione preoccupata si rivolgesse ai clienti di queste donne. Anni or sono un grande quotidiano si era fatto promotore di una raccolta di firme per togliere dalle strade della città lo sconcertante mercato. Un’associazione umanitaria, tramite i suoi volontari, si preoccupò di annotare i numeri di targa delle automobili che nella notte si fermavano con le prostitute, pattuendo l’incontro. Risalendo ai proprietari della autovetture, molti risultavano firmatari dell’iniziativa di bonifica. Pare che sia stato Solone a formulare le prime leggi di regolamentazione di questo antico mestiere. Sono considerazioni che nulla vogliono togliere alla necessità di intervento perché la convivenza sociale non venga offesa, soprattutto nei suoi membri più indifesi quali sono i giovani.
Mi sono infatti domandato se non esistano altri attentati alla moralità pubblica. Come uomo di Chiesa non posso evitare il ricorso al decalogo e trovo che due dei dieci comandamenti, il sesto e il nono, riguardano la vita sessuale ma ho anche la sensazione che il settimo e l’ottavo raccolgano minore attenzione. Eppure il divieto di rubare e di mentire riguardano aspetti non trascurabili della pacifica convivenza fra gli uomini. Socialmente la violazione di questi due comandamenti ha conseguenze nefaste, che però non vengono sottolineate con la stessa enfasi con cui si ritiene un’offesa alla pubblica moralità il mercato del sesso. Una retata di prostitute viene evidenziata in maniera diversa da notizie che ci riferiscono di imbrogli e truffe a livello economico. Professionisti che nell’esercizio del loro lavoro sono coinvolti in scandali gravissimi e con ricadute pesanti sulle persone rivoltesi a loro non sono additati come responsabili di offesa alla pubblica moralità. Capitali portati all’estero, sottratti alla vita imprenditoriale, non costituiscono motivo di grande scandalo quando non divengano il motivo per indicare i responsabili come furbi. Forse è necessario rivisitare il significato stesso delle parole ed accordarsi sul significato attribuito al termine moralità.
Quando una legge consente un falso in bilancio, la falsità viene intaccata nel suo stesso significato e la moralità apprende distinzioni pericolose al punto che la menzogna viene rimproverata a un bambino che racconta bugie ma non scandalizza più di tanto se viene invece introdotta in un bilancio aziendale.
Certamente oggi gli studi di teologia morale sono cambiati, ma un tempo noi giovani studenti ci scherzavamo: un intero anno di studio sul settimo comandamento “non rubare”, tanto lavoro sul codice civile, nella parte relativa ai contratti, per poi concludere che nessuno confessava di rubare. Mille sotterfugi, come la compensazione occulta, pacificano le coscienze ma rimangono palesi violazioni di un ordine morale, capaci di alterare i criteri di valutazione di quanto è bene e di quanto è male. Non esistono bugie positive, né esistono appropriazioni indebite che si possono ritenere moralmente accettabili.
Attenta al tessuto sociale chi vende il proprio corpo, anche in modo manifestamente sfacciato, ma la moralità pubblica è offesa e disorientata anche dalla menzogna che talvolta è pure istituzionalizzata e dal furto anche se orpellato di eufemismi e termini sofisticati. Come meravigliarsi che una giovane generazione gestisca con eccessiva disinvoltura la propria sessualità e neppure sia sfiorata dal sospetto che l’ambiguità e la menzogna, che l’estorsione e la violenza del bullismo siano altrettante forme di immoralità? Dove e come può affinare una coscienza, quando le cattedre che dovrebbero condurre a maturazione morale mandano messaggi sconcertanti?
Ripuliamo pure le strade dal mercato dei corpi ma preoccupiamoci di ripulire altri settori di vita, palesemente ed egualmente offensivi della pubblica moralità.