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Policarpo Scarabello: martire o terrorista? A lui è dedicata una via di Verona

di Massimo Rimpici

Forse il sindaco Tosi e la giunta di Verona non lo sanno, ma con la dedica di una via a Nicola Pasetto (25 voti favorevoli e 10 contrari nella seduta del primo agosto 2007), deputato del Msi e poi di Alleanza nazionale, hanno compiuto una sorta di par condicio. Sì perché nel lontano 5 marzo del 1979, la Giunta del sindaco Renato Gozzi aveva deciso di intitolare una via anche a Policarpo Scarabello: esponente dell’ala massimalista del Partito Socialista Italiano.
Come mai il sindaco Gozzi (insieme alla Giunta di centro-sinistra) hanno preso quella decisione? E chi era, cosa ha fatto il deputato socialista?
La motivazione si è persa, purtroppo, nei depositi polverosi e male organizzati dell’Ufficio Toponomastica del Comune di Verona. L’unica cosa che si riesce a conoscere è la composizione dell’allora Commissione comunale di Toponomastica guidata dal presidente geometra Delio Dalle Pezze, e composta anche dal professor Gino Beltramini, da Corradino Corsini, dal professor Alberto De Mori e da Giorgio Forneron che nelle sedute del 3 novembre e del 19 dicembre 1978 hanno espresso parere favorevole all’attribuzione ad alcune aree di circolazione ben identificate determinati topònimi, fra i quali risulta quello appunto di via Policarpo Scarabello “1883-1920 – recita la descrizione – da via S.Marco 71 a nuova strada del PRG”.
Risaliamo a quel tragico 4 novembre del 1920 (anniversario della vittoria e della fine della prima guerra mondiale) quando in circostanze non ancora del tutto limpide il deputato socialista perde la vita a causa dell’esplosione di una bomba a mano.
I fatti raccontano della battaglia – tutta ideologica – innestata da quella che passerà alla storia come la “guerra delle bandiere” all’indomani della vittoria socialista alle elezioni municipali e provinciali: per i socialisti il tricolore con al centro lo stemma della monarchia rappresentava “l’Italia dei pescecani, quattro anni di guerra e di odio selvaggio tra proletari fratelli per difendere gli interessi del capitalismo”. I fascisti invece, proprio in occasione della ricorrenza del 4 novembre, fecero opera di propaganda affinché quella bandiera venisse esposta su tutti i balconi e le finestre della città.
Per tutta risposta i socialisti – che guidavano, come si è detto, il Consiglio comunale e provinciale della città – fecero issare sugli edifici pubblici le bandiere rosse.
è una delle prime volte che i rappresentanti del neonato movimento fascista veronese (sostenuto e osannato dal quotidiano locale L’Arena, guidato dal direttore – fascista della prima ora – Giovanni Cenzato) prendono l’iniziativa e il giorno della ricorrenza, il 4 novembre 1920 appunto, armi in pugno si dirigono in piazza Brà decisi ad ammainare l’odiato vessillo rosso dal pennone del Municipio.
I socialisti si barricano in Comune. Da fuori i fascisti tentano di forzare l’ingresso posteriore. Non si sa bene quale esponente di quale gruppo spara il primo colpo di rivoltella contro l’avversario, sta di fatto che nel giro di pochissimi minuti si consuma la tragedia: esplode una bomba a mano e muore dilaniato dalla stessa il parlamentare veronese Policarpo Scarabello.
Inizialmente i socialisti gridano all’assassinio, successivamente – anche a seguito della testimonianza di un vigile urbano presente sulla scena della disgrazia – la versione ufficiale sostiene che la bomba si trovasse nelle tasche dell’esponente socialista e che nell’atto di gettarla contro i fascisti che si trovavano nel cortile sbatte contro lo stipite della finestra ed esplode.
Questa versione dei fatti però verrà contestata sessant’anni più tardi dalla famiglia di Scarabello e soprattutto dalla figlia più giovane dell’onorevole, Factma. La quale riporta la versione di Giuseppe Mondini, amico fraterno di Scarabello, che il giorno della tragedia era proprio accanto al parlamentare socialista. Mondini – per la cronaca – raccoglierà ed esaudirà le ultime volontà espresse dal suo amico Policarpo «ti raccomando la mia famiglia»: sposerà infatti la vedova di Scarabello, Myriam Dal Palù ed accudirà ai suoi tre figli.
Per tornare a quel maledetto 4 novembre, Mondini sosterrà per bocca della figliastra Factma che la bomba in Municipio l’aveva portata un giovane al quale Scarabello decide di requisirla per timore che questi non fosse in grado di maneggiarla. Nel riporla nella propria tasca l’ordigno esplode. A sostegno di questa tesi Factma Scarabello consegna al giornalista de L’Arena che raccoglie l’intervista una foto della sala del Municipio con la chiazza di sangue di suo padre causata dall’esplosione.
A differenza di quanto riportato dai testimoni precedentemente, il sangue si trova al centro della sala e non vicino allo stipite della finestra dalla quale – secondo l’ex squadrista Bruno Zeni – Scarabello tentò, senza riuscirci, di lanciare la bomba a mano contro gli avversari politici.
Ancora oggi gli storici non hanno fatto piena luce sulla dinamica degli eventi e pertanto permangono entrambe le diverse versione dei fatti.
Ad onor del vero bisognerebbe però aggiungere un ultimo particolare relativo all’ordigno: si tratterebbe infatti di una bomba a mano di marca “Sipe” che all’epoca – per esplodere – era stata dotata di sistema di accensione a frizione su capocchia infiammabile. In buona sostanza – accidentalmente o meno – per esplodere la bomba avrebbe avuto bisogno di essere accesa dalla miccia presente nella parte superiore della granata.
Resta fondamentale il ruolo politico (non solo veronese) svolto dal socialista Policarpo Scarabello nell’arco delle sua breve esistenza. Fu uno degli esponenti di spicco del partito e da sempre sorvegliato speciale della polizia “regia”. La sua carriera politica parte molto presto: in un primo momento come redattore del settimanale La Semente, quindi come collaboratore di Umanità Nuova. In seguito si distinguerà come presidente della Cooperativa tipografica della Casa del Popolo di Verona e dell’Azienda elettrica comunale. Ferroviere, durante la sua permanenza a Lucca fonda la Camera del Lavoro di quella città e diventa presidente della locale Cooperativa ferroviaria.
L'”episodio Scarabello”, almeno per Verona, lascerà comunque un segno indelebile ed inequivocabile nella storia della città. Ad esso si fa risalire l’avvio e il decollo del ventennio fascista veronese.
Scrive Maurizio Zangarini, presidente dell’Istituto veronese per la storia della Resistenza, nel suo libro Verona Fascista: “…forse i fascisti avevano bisogno proprio di questo, di quel colpo di fortuna che, mostrandoli per una volta innocenti del sangue sparso, ne sottolineasse, esaltandoli, i tanto conclamati fondamenti democratici… Sta di fatto che si può far data da quel momento per seguire lo sviluppo del fascio e della nascita a Verona delle sezioni locali…”.

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