di Alice Castellani
Dal 4 al 9 aprile, al Teatro Nuovo, per la rassegna Il Grande Teatro andrà in scena Questi fantasmi! di Eduardo De Filippo, con Silvio Orlando nel ruolo che fu di Eduardo, a sessanta anni dalla prima rappresentazione della pièce a Roma.
Il teatro puro che Eduardo creò, anche attraverso divertenti trovate solo in apparenza farsesche, qui rivive nell’abile e sagace regia di Armando Pugliese, che sa rendere l’opera altamente leggibile alternando con sapiente orchestrazione la risata al momento di riflessione, cercando quasi di rincorrere insieme allo spettatore il senso stesso della morale dell’opera.
Una commedia dal retrogusto amaro, che scava nel lato pirandelliano della psicologia della cultura da realismo napoletano, con un tratteggio da commedia degli equivoci a bagno nella superstizione.
Protagonista della commedia è Pasquale Lojacono, un uomo fallito che la vita ha costantemente deluso e che si aggrappa alla speranza di poter salvare un amore in realtà già da tempo perduto.
Magnetico e trasversale, Silvio Orlando offre una magistrale interpretazione dell’ingenuo marito, un uomo qualsiasi fino a quando non accetta la sfida di andare ad abitare con la moglie Maria in un appartamento di lusso di un palazzo settecentesco che si crede frequentato da fantasmi e spiriti maligni.
Pasquale è un piccolo borghese convinto che i doni dell’amante della moglie abbiano una provenienza ultraterrena e per questo li accetta con riconoscenza.
In realtà i fantasmi non ci sono, semmai ci sono i cosiddetti scheletri negli armadi. Equivoci e coincidenze si scontrano con fragore in un meccanismo dopo l’altro, e tutto diventa il contrario di tutto.
Pugliese rende il testo scorrevole senza lasciare nulla al caso, avvalendosi non solo del linguaggio verbale ma anche dei movimenti, dei transiti dei personaggi, dell’ambientazione senza troppi scenari tecnologici ma piena di una razionale furbizia: un maestoso scorcio di arcate di una casa benestante, spoglia di arredamenti ma imponente.
In scena Orlando ha l’aspetto tra spaesato e clownesco che contraddistingue gli alter ego eduardiani. Da testardo il protagonista si illude di trovare un po’ di tranquillità offrendo alla moglie qualche agio, è disposto a credere l’impossibile e a sperare che la ruota della Fortuna incominci a girare nel verso giusto grazie ad una specie di patto con il Diavolo.
La comicità fantastica e la forza della commedia vengono dall’ambiguità della situazione e dello stesso protagonista, che s’innesta su quella generale dei personaggi eduardiani ma è qui accresciuta dalla situazione paradossale in cui Pasquale è collocato.
La commedia vive delle sue spinte contraddittorie ed è progettata in funzione di esse: la corrente alternata di distacco e simpatia che distingue il rapporto dell’autore-attore con il protagonista consente allo spettatore di ridere di Pasquale, ma anche di compatirlo.
Questi fantasmi! eduardiani non insidiano soltanto un rapporto di coppia, sembrano anche annunciare una problematica storico sociale così che l’ambientazione quasi surreale, nel barocco appartamento infestato da spiriti antichi e moderni, traduce in spazio e in clima scenico il presentimento di una ricaduta nel passato e una riflessione sulla condizione umana.
• Per l’Estate Teatrale Veronese 2006 si sta lavorando per un cartellone che avrà il suo punto di forza nel Festival Shakespeariano, con messe in scena non solo italiane e probabili presenze internazionali, con possibili contaminazioni tra musica e prosa mentre forse non ci saranno allestimenti goldoniani o ruzzantiani. Per la danza, più che sul balletto accademico più volte privilegiato, quest’anno si punta su eventi maggiormente fruibili da un vasto pubblico come quello proposto nel 2005 dalla compagnia di Gades: danze di derivazione folclorica come quelle russe o il tango o il flamenco, con presenze internazionali. Al conservatorio dall’Abaco verranno proposti spettacoli di prosa e danza contemporanea, sempre nel segno di Shakespeare. Infine per il jazz il Teatro Romano ospiterà 3 o 4 serate all’insegna della contaminazione con Mozart, nel 250° anno dalla nascita, mentre il 10 luglio il talento di Eric “manolesta” Clapton sarà in Arena, ultima delle tre tappe italiane del suo nuovo tour europeo.
I mali del nostro teatro
dI Mario Dall’Argine
Membro Commissione Estate Teatrale di Verona
In merito all’articolo “Quale teatro?” pubblicato sul numero di ottobre 2005 di questo giornale abbiamo ricevuto e pubblichiamo su richiesta la seguente lettera.
Egregio direttore, vorrei intervenire sul tema del teatro a Verona, in riferimento all’articolo apparso sul numero di ottobre della sua rivista. Lo faccio in base alla mia pluriennale esperienza di teatro, dal Teatro Universitario (fondai a Parma, nel lontanissimo 1953, il Festival Internazionale del Teatro Universitario che per primo, fra l’altro, portò in Europa il Living Theatre) al teatro professionale, quale organizzatore (sono stato direttore del Petruzzelli e Piccinini a Bari, Commissario per il Piccolo di Bari, direttore al S. Ferdinando di Napoli con Eduardo, al Regio di Parma, al Verdi di Padova, organizzatore della Compagnia del Teatro Italiano con Sarah Ferrati e Franco Zeffirelli, direttore artistico del Teatro del Vittoriale).
Faccio parte della tanto vituperata Commissione dell’Estate teatrale Veronese. La situazione a Verona rispecchia, in grande (non sembri un paradosso), quella che è la crisi del teatro in Italia. Si consideri innanzitutto che il nostro è l’unico comune italiano in cui nella Giunta comunale esiste una separazione tra assessorato alla Cultura e quello allo Spettacolo. A questo poi si aggiunga la delega per i grandi eventi nelle mani del sindaco e quella della Cultura popolare in mano ad un altro assessore. Il teatro fa corpo a sé, diviso dal cinema e da altri avvenimenti culturali: in base a quale logica? Se il teatro non è cultura, mi si dica cos’è!
Nell’articolo il primo ad essere intervistato è il dr. Gianpaolo Savorelli, persona degna di rispetto per il suo impegno professionale, la sua esperienza, la sua volontà e la sua capacità di navigare nelle stagioni politiche più diverse. Un nostromo eccellente, costretto però a pilotare la nave non nel grande mare del teatro italiano ma in una palude finanziaria e culturale dove i coccodrilli sono dietro l’angolo per azzannare alla prima scelta sbagliata.
L’assessore allo Spettacolo Guerrini, capace, ma troppo mite ed educato per l’arena politica, assieme a Savorelli è condizionato, al limite dell’assurdo, da bilanci ridicoli. La Commissione per l’Estate Teatrale Veronese, di carattere meramente consultivo, così volgarmente attaccata da un mattatore quale il signor Puliero, non può che limitare il suo intervento con proposte d’indirizzo e di scelta che tutelino il nome di quel poco che resta del festival Shakespeariano.
Quando Renato Simoni, che poco di politica sapeva ma molto di teatro, s’inventò questo Festival ebbe l’intuizione di una persona di grande cultura ma anche di precisa visione della funzione di richiamo turistico che il Festival avrebbe potuto avere per la città. Ma allora c’erano altri uomini a reggere le nostre sorti, altri talenti a rimettere insieme i pezzi del teatro italiano; c’erano soprattutto la passione e l’entusiasmo.
Se è vero che oggi il mercato nazionale del teatro di prosa offre poche occasioni degne del Teatro Romano, allora perché non affrontare le scelte internazionali che non mancano? Ma a questo punto si tira in ballo la questione della lingua che, naturalmente, condizionerebbe gli incassi, e così si ritorna alla madre matrigna, l’istituzione pubblica veronese, che non può sempre chiamare in causa l’alibi dei tagli statali. Ci sono infatti città, molto meno ricche di Verona, meno grandi, che riescono a programmare stagioni teatrali di grande rispetto. E poi, non siamo in Europa?
È vero, è sorto adesso un Piccolo Teatro di Verona, è nata una Fondazione atipica per la sua struttura, la Provincia affida ad un privato la gestione delle stagioni estive sul territorio veronese. Tutto gira attorno ad una persona, rispettabile e degna di stima, cui è legato anche il grande teatro, Paolo Valerio; è evidente che l’intraprendenza premia e va premiata, ma chi verifica gli evidenti conflitti di interessi?
Il signor Terribile parla dal suo fortilizio buzzatiano, certo ben gestito, ma con quali legami veri con la cultura internazionale e la città? Il signor Puliero non risparmia offese e contumelie a nessuno, ritenendosi l’unico vero professionista teatrale, l’unico attore di grande richiamo, che considera tutte le compagnie filodrammatiche della città come merce cinese. Bene, si faccia avanti veramente, non solo chiedendo di calcare il palcoscenico del Teatro Romano. Fantasio Piccoli, grande uomo del teatro italiano, quando creò nel dopoguerra il suo “Carrozzone” (nel quale si formarono attori come Romolo Valli, Giorgio de Lullo, Anna Maria Guarneri), ebbe il grande coraggio di girare l’Italia partendo dal teatro di Bolzano, con un repertorio che certamente non comprendeva Caviale e lenticchie.
Nell’articolo si accennava anche agli attori provenienti dal piccolo schermo. Paolo Grassi, quando fu eletto presidente della RAI, che credeva di poter riformare e invece gli costò letteralmente la vita, diceva: «Il teatro sbaglia se si aspetta che dalla televisione nascano attori validi per il teatro. La televisione è una macchina che produce fenomeni che durano lo spazio di un mattino. Perché non hanno scuola, carisma, ma soprattutto non credono a quello che fanno. Solo i soldi li animano. Il legno del palcoscenico li spaventa e non vi saliranno mai e se lo faranno mancherà loro la dignità per chiamarsi “attori”».
Bene, allora amici dei palcoscenici veronesi, pubblici e privati, perché non incontrarci, guardarci in faccia, dirci senza ipocrisia quello che pensiamo, e, tutti insieme appassionatamente, senza demagogia, discutere per trovare una linea comune per fare teatro seriamente.
Io appartengo alla generazione cresciuta durante la guerra; ne ho visto e conosciuto gli orrori e gli errori. Odio il sentimentalismo delle memorie, odio il reducismo e i suoi nostalgici raduni. Questo non è “un appello agli uomini liberi e forti”, ma l’invito ad aggiungere un posto a tavola.
Sono ancora alla ricerca del nuovo, perché mi piacerebbe andare all’altro mondo assistendo ad uno splendido Amleto.