Una raggiunta consapevolezza che si rafforza anche per effetto degli scandali di questi giorni sulla privacy violata di milioni di utenti FaceBook.
Certi argomenti trattati sul social finiscono per scatenare nei commenti gli istinti peggiori delle persone. E infatti i giornali che Smart Edizioni edita (Verona In e Opera arenamagazine) utilizzano FaceBook soprattutto come vetrina. Ma mi sono accorto di un’altra cosa, più grave secondo me, anche se a ben vedere – ad essere ottimisti – si aprono spiragli di luce per il futuro.
Mi sono accorto che sempre più chi avrebbe qualcosa da dire, per non dare il via ad uno strascico di sterili polemiche finisce per non esprimere più un parere sul social fondato da Zuckerberg. C’è il silenzio. Questo è grave perché vengono a mancare il confronto e il dibattito, che sono indispensabili alla crescita individuale e sociale attraverso la dialettica. C’è un’alternativa, ma non viene utilizzata: quella di recuperare questi spazi sui giornali, o altri media e mezzi, dove sia possibile una moderazione e quindi una selezione.
Ma i giornali sono poco utilizzati a questo scopo. Dovendo scegliere tra la fatica di esprimere un parere costruttivo su un giornale e pubblicare una facile battuta in un luogo che garantisce più visibilità (ma oggi è da verificare in che misura FaceBook garantisce questa visibilità e a quale prezzo) si preferisce la seconda ipotesi. Oppure, appunto, il silenzio.
Dov’è lo spiraglio di luce? È proprio nel silenzio. Il silenzio di chi avrebbe qualcosa da dire lo vedo come la tappa di una raggiunta consapevolezza sui limiti dei mezzi messi attualmente a disposizione dalla tecnologia su Internet riguardo ai social network. La prima tappa è stata quella della grande illusione, di una piazza non esclusiva, democratica, a disposizione di tutti, ciascuno con il suo bagaglio culturale. La seconda è quella del silenzio, di una maturazione che si rafforza anche per effetto degli scandali di questi giorni sulla privacy violata di milioni di utenti FaceBook.
Può durare una situazione del genere? Può reggere, anche da un punto di vista commerciale, una piazza dove progressivamente si allontana una parte importante del pubblico? È qui che si aprono nuove prospettive. Se il silenzio implica una maturazione vuol dire che c’è un cammino in atto, una progressione positiva che dovrebbe portare al recupero di luoghi deputati al confronto.
Giorgio Montolli